CAPITOLO QUATTRO

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Il sonno di Lamia non fu di certo uno dei migliori: tremava come una foglia ed era fradicia di sudore. Nonostante si fosse fermata a riposare, sembrò non bastare. Si sentiva ancora molto debole e la spalla le doleva ancora di più. D'altronde non ha mai avuto dimestichezza nei rimedi curativi, era sempre stata sua sorella Eris a prendersi cura di lei. Tutto ciò che Lamia sapeva e ricordava era solo perché aveva sempre osservato sua sorella cimentarsi in quella pratica.

I raggi del sole filtravano tra i rami e le foglie degli alberi lì circostanti e un fascio di luce colpì in pieno viso Lamia. Si beò e nutrì di quel calore, come se fosse una dolce carezza di cui, in quel momento, aveva un disperato bisogno.

Perché in un solo giorno aveva perso tutto quanto. In un batter d'occhio le era stata strappata via la sua vita.

Le immagini di quell'orribile momento erano impresse nella sua mente, ma ancor di più lo erano quelle sottospecie di mostri che avevano attaccato il villaggio. Non aveva mai visto niente del genere.

Che cos'erano?

E perché avevano deciso di radere al suolo proprio il suo villaggio?

La risposta a quelle domande non sarebbe mai arrivata, ma c'era qualcosa di strano, una coincidenza che la tormentava. Quelle strane creature erano arrivate proprio dopo che Lamia aveva ucciso il signor Locke.

E se fossero andati per lei?

Impossibile, cosa avrebbero voluto poi da lei? Non si era mai allontanata dal villaggio ed Eris la teneva sempre sotto controllo. Era stata solo una strana e fatale coincidenza. Niente di più.

Per quanto desiderasse rimanere ancora lì a riposare e cercare il più possibile di riprendere le forze, doveva costringersi a riprendere il cammino. Non aveva una meta precisa, ma non poteva rimanere un altro minuto di più lì abbandonata a sé stessa. Doveva farsi forza. Così poggiò le mani contro il terriccio umido e duro e fece pressione per aiutarsi ad alzarsi. Un mugolio di dolore si librò, ogni movimento che faceva della spalla era accompagnato da una serie di scariche di dolore che si diffondevano in tutto il corpo. Era consapevole che ormai quella ferita fosse infetta, ma non poteva fare molto.

Tuttavia, doveva ripulire la ferita dalla sporcizia e cercare qualcosa per coprirla. Lentamente mosse i primi passi e abbandonò il suo momentaneo giaciglio. Sentiva la gola secca, aveva bisogno di bere. Doveva trovare subito una foce, un ruscello, una qualsiasi fonte di acqua per poter colmare questa mancanza.

Non seppe per quanto tempo camminò, ma per tutto il tragitto non si sentì per nulla tranquilla. Aveva addosso quella perenne sensazione di essere seguita. Ad ogni metro che percorreva, si guardava sempre intorno. Ad ogni rumore che udiva, si bloccava di colpo per poi cominciare a correre per nascondersi dietro un albero accucciandosi a terra.

Fu dopo interminabili passi che alla fine riuscì a udire il suono di un ruscello. Presa dalla foga e dall'adrenalina aumentò il passo, corse per poi gettarsi sulle ginocchia. Non ci pensò due volte e immerse la mano a coppa nell'acqua e iniziò a bere con frenesia. Il sapore era terribile, forse aveva ingerito dei granelli di terra ma non le importò. Se fosse servito per sopravvivere prima di trovare un rifugio adeguato, allora avrebbe fatto di tutto.

Si sciacquò il viso, portandosi indietro i capelli e immerse entrambe le mani per levarsi il sangue ormai diventato scuro e secco sulla pelle e sotto le unghie. Voleva cancellare ogni cosa, ogni segno sulla sua pelle, ogni ricordo di quella orribile notte, di quel massacro.

Eris...

Si bloccò di colpo, le mani ancora immerse nell'acqua. Cosa le saltava in mente? Dimenticare? Non poteva. Significava cancellare dai suoi ricordi anche Eris: il suo ultimo sguardo, le sue ultime parole, la sua ultima preghiera.

Nascosta (Lamia's chronicles #1)Where stories live. Discover now