CAPITOLO DIECI

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Se le avessero detto che indossare un abito come quello fosse stato così scomodo, avrebbe preferito di gran lunga presentarsi alla cerimonia di annunciazione con gli abiti da serva. La gonna di quell'abito la ingombrava, aveva difficoltà a camminare, figuriamoci a correre. Aveva paura di inciampare da un momento all'altro. Per non parlare del fatto che Leeja non faceva altro che afferrarle per il polso e tirarla a sé. Saranno anche passati mesi da quando era giunta al castello, ma ancora si sentiva un pesce fuor d'acqua.

«Sbrigati o faremo tardi!» esordì la sua amica. In realtà erano in ritardo perché Leeja ci aveva messo più tempo di lei a prepararsi. Rispetto a Lamia, Leeja era molto più eccitata ed elettrizzata a partecipare alla cerimonia. Mentre erano ancora nelle loro stanze a prepararsi, Leeja le aveva confidato di possedere oggetti e prodotti strani che servivano per abbellire il proprio viso. Disse che tutto questo serviva per sembrare più mature, più donne. Per dimostrarle la sua teoria, Leeja le aveva messo sulle guance una strana crema dai toni pescati, sfumandolo con il dito e fece la stessa cosa alle sue labbra. Lamia in tutta risposta passò velocemente la punta della lingua sulle labbra.

Quella roba aveva un saporaccio.

«Così attirerai l'attenzione del tuo corteggiatore misterioso.» a quelle parole Lamia sentì le guance infiammarsi, tanto da avere accentuare ancora di più il colorito nonostante la crema colorata applicata da Leeja. Ci aveva pensato praticamente tutto il tempo, da quando aveva ricevuto quel dono. Quel piccolo mazzo di peonie bianche abbandonato alla porta della loro stanza non poteva essere una coincidenza. Le venne così naturale pensare immediatamente a lui, a Josan.

Lo avrebbe rivisto proprio quella sera. Eppure, il panico e la preoccupazione non la lasciavano in pace. Non dopo quello che era successo nella Sala reale. I dubbi e le mille domande continuavano a tormentarla su cosa fosse realmente successo lì dentro. Seppur il principe Josan l'avesse rassicurata che era stato solamente un improvviso mancamento quello di Lamia, lei aveva be altra sensazione che la tormentava. Però, se fosse realmente successo qualcosa di strano perché mandarle un piccolo mazzetto di peonie? Tutto questo iniziava non avere senso. Eppure, vedere quel mazzetto tra le mani di Leeja e con il suo nome scritto su quel biglietto le bastò per tranquillizzarsi e potersi godere quella serata.

Il tragitto verso la Sala reale sembrò durare una eternità. Ma eccola lì, in fondo al corridoio le grandi e immense porte già aperte per accogliere tutti gli invitati. All'ingresso era posizionata come una guardia sull'attenti la signora Melvine, intenta ancora a impartire gli ultimi ordini. Si leggeva dal suo volto quanto fosse preoccupata e in ansia. Doveva essere tutto perfetto perché una serata come quella non si sarebbe ripetuta per chissà quanto tempo.

«Non state lì impalati, non vedete che stanno arrivando le prime carrozze? Dove sono i valletti!» Sbraitò e si agitò. Al suo fianco sfrecciò un gruppo di ragazzi diretti verso il cortile del castello. Uno di questi sfiorò la spalla di Lamia, facendola sussultare dallo spavento. Quando alzò lo sguardo per vedere chi fosse, incrociò lo sguardo di Gavin. Lui la salutò con un cenno della mano e mimandole un "ci vediamo dentro". Con lo sguardo ancora inchiodato in quello di Lamia, Gavin andò a sbattere contro un nobil uomo appena arrivato. A Lamia le sfuggì una breve risata che mascherò coprendosi la bocca con la mano.

«È proprio un imbranato.» commentò a bassa voce Leeja, scuotendo la testa per la goffaggine di Gavin. Lamia non obiettò. A lei Gavin le trasmetteva così tanta tenerezza. Si rivedeva molto in lui: per la goffaggine, per l'avere la testa tra le nuvole, il trascorrere i pomeriggi liberi con lui che le insegnava a leggere. La presenza di Gavin a palazzo si rivelò essere essenziale per Lamia. Lei era convinta che fosse il suo angelo custode mandato da sua sorella Eris.

«Su, entriamo!» Leeja prese Lamia sottobraccio e insieme entrarono nella Sala reale. Era già piena di gente, ma quella parte del castello era così immensa che ci poteva star dentro una intera popolazione. Lamia fu ammaliata dalla maestosità di quella Sala, soprattutto quella sera: gli stendardi con i colori e il simbolo della famiglia reale erano stati calati su entrambi le pareti. Le peonie e i tulipani che lei stessa che aveva colto e aveva messo nei vari vasi decoravano i lunghi tavoli messi ai due lati della sala, lasciando al centro un lungo passaggio. Nessuno osava passare da lì, per evitare che venisse sporcato il lungo tappeto prima dell'arrivo del principe.

Nascosta (Lamia's chronicles #1)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora