CAPITOLO NOVE

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Era ormai quasi tutto pronto per i preparativi della festa in onore al principe Josan. Tutto il palazzo ha trascorso queste lunghe giornate in agitazione: la signora Melvine non ha fatto altro che impartire ordini a tutti quanti. A volte anche più di una volta dimenticandosi di averlo già fatto.

La particolarità di questa festa era che avrebbero partecipato tutti quanti, anche la servitù. Era un evento a cui tutti dovevano partecipare. Tutti dovevano esserne testimoni. L'eccitazione era nell'aria, tutti quanti erano intenti a prepararsi per il grande evento. Perché solo per quella sera la servitù non avrebbe lavorato, sarebbe stata al pari degli altri membri della corte.

Eppure, tra tutti c'era una persona che non riusciva proprio a godersi quel momento, quell'allegria che stava contagiando tutti quanti.

Da quando aveva terminato le sue mansioni Lamia non aveva lasciato la sua stanza. Leeja non si era fatta vedere per tutto il resto della giornata. Questo era un bene, perché aveva bisogno di stare da sola dopo quello che era successo con il principe nella Sala Reale. Non era riuscita a riposare, si sentiva ancora frastornata e leggermente confusa. Per tutto il tempo non aveva fatto altro che pensare e ripensare a quel momento e inevitabilmente iniziava ad agitarsi. Il dubbio che qualcosa possa essere successa o meno non la lasciava in pace. Eppure, il principe non l'aveva guardata in modo strano, come se davanti a sé si trovasse un mostro.

Ma Lamia aveva lo stesso paura. Quella strana sensazione non l'abbandonava. Istinto forse? Non sapeva spiegarlo. Una forte sensazione di inquietudine le aleggiava (aleggiava su di lei), la stessa sensazione provata quel giorno al villaggio.

Seduta sul letto si portò le ginocchia al petto e vi appoggiò la fronte. Perché le stava succedendo tutto questo? Perché proprio adesso? E se non fosse vero quello che le aveva detto il principe Josan? Se non fosse realmente svenuta?

Forse erano tutti in pericolo.

Stava portando anche qui la morte.

Basta, non poteva stare a crogiolarsi senza fare niente. Si alzò di scatto dal letto e si avvolse con uno scialle le spalle. Aveva preso una decisione: sarebbe andata dal principe e avrebbe detto tutta la verità. Gli avrebbe detto cosa era davvero successo quel giorno al villaggio, che non erano stati dei briganti ad attaccarlo e raderlo al suolo. Che era colpa sua se sua sorella era morta.

Avrebbe ammesso che la responsabile di tutto era lei.

Non fece in tempo a raggiungere la porta che qualcun altro la aprì e per poco non andò contro quella persona.

«Ah, sei qui! Ti ho cercato dappertutto!» Leeja entrò nella loro stanza e la prima cosa che fece fu gettarsi immediatamente sul suo letto. Gli abiti erano tutti sporchi, anneriti. Sicuramente le è capitato il compito più arduo e che tutta la servitù cerca sempre di evitare: spolverare ogni angolo del castello. Il volto di Leeja era segnato dalla stanchezza e Lamia con premura si accinse a versare dell'acqua dentro la tinozza che utilizzavano per lavarsi e bagnò lo straccio. Si sedette poi accanto a Leeja e le iniziò a pulirle il volto.

«Ti servirebbe un bagno.» Commentò accennando un sorriso divertito. In tutta risposta Leeja le lanciò un'occhiataccia. Il suo non voleva essere un commento negativo, voleva solamente aiutarla.

«Perdonami, è che sono davvero stanca. La signora Melvine non mi ha dato tregua. Era sempre più col fiato sul collo, non le andava bene niente! E come se non bastasse dobbiamo presenziare a questa festa!» Sbuffò e si alzò dal letto, mentre iniziò a slacciarsi il vestito. Non avevano molto tempo, tra qualche ora sarebbero dovute andare nella Sala Reale. Lamia sapeva solamente una cosa: erano obbligate a partecipare, la mancata presenza veniva considerato come un insulto al Re e all'annuncio del suo erede al Trono.

Nascosta (Lamia's chronicles #1)Where stories live. Discover now