Capitolo 1 - Un nuovo inizio

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Chloe era una ragazzina normale ed ordinaria, che abitava nella caotica città di Heartland City.
Aveva dodici anni e nonostante fosse bassina per la sua età, risultava comunque particolarmente graziosa.
I suoi capelli castani le ricadevano appena sulle spalle e il suo sguardo era talmente innocente da renderla agli occhi di chiunque una piccola creatura da proteggere.
Quella piccola ragazzina aveva carattere da vendere, nonostante il più delle volte non lo dimostrasse.
Suo fratello maggiore, standole sempre accanto, cercava di aiutarla a tirare fuori questo lato del suo carattere, essendo molto più estroverso di lei.
Lui era Yuma Tsukumo. O almeno, potevano considerarsi fratello e sorella solo ed esclusivamente perché vivevano nella stessa abitazione, ma in verità nessuno dei due conosceva le vere origini di Chloe.
Lei era stata adottata dalla famiglia Tsukumo quando era molto piccola, in un periodo molto buio e delicato, in quanto il padre di Yuma era sparito dalla circolazione da diverso tempo senza lasciare alcuna traccia.
La ragazzina non ricordava nulla del suo passato e la sua presunta mamma non aveva mai voluto approfondirle l'argomento.
Ma a lei non importava più di tanto. Era felice della sua pacifica e semplice vita che le era stata donata. Le cose belle, però, non sempre sono destinate a durare e un incontro con una persona in particolare avrebbe portato conseguenze a cui i due "fratelli" non sarebbero stati pronti.
La ragazza si sarebbe ben presto accorta che la vera felicità sarebbe stata solo un lontano e nostalgico ricordo.
Dopo un'intensa giornata passata sui banchi di scuola, Yuma venne interpellato da Four, ovvero colui che veniva definito come "Il Campione Continentale".
Lo incontrarono mentre i due si stavano avviando verso casa e la ragazzina non poté che essere infastidita dal fatto che quello sbruffone avesse attaccato briga con suo fratello.
"Four Arclight", il beniamino di tutte le ragazze presenti nella scuola. Nessuno poteva dar loro torto perché effettivamente era proprio un bel ragazzo: alto, appena maggiorenne, occhi spietati di color magenta, una cicatrice sull'occhio destro che gli donava ancor più fascino e capelli mossi castani tinti da un unico ciuffo biondo.
In classe Chloe non riusciva a sentire altro argomento che non fosse su di lui da parte di quelle oche con cui era costretta ad avere a che fare quasi tutti i giorni.
"Four è così fico!", "Four è così bello", "Voglio diventare la fidanzata di Four"...
Four di qui, Four di là...
Insomma, Chloe non ne poteva più. Lei conosceva benissimo il suo cognome, e a differenza di quelle galline per lei era solo un motivo in più per stargli alla larga.
Infatti sua madre le aveva parlato molto della famiglia Arclight, definendola come una delle famiglie, se non addirittura la famiglia più nobile presente in tutta Heartland City.
Le raccontava addirittura che il padre di Yuma andasse molto d'accordo con quella gente e che spesso lui e il padre di Four si incontrassero per aiutarsi a vicenda.
Chloe in verità non aveva mai visto di buon occhio quella famiglia perché era convinta che portare un nome nobile portasse le persone ad essere arroganti, narcisiste ed avide. E Four ne era la prova vivente.
"Adesso non è il momento. Lasciaci in pace!" rispose stizzito Yuma, dopo che Four gli aveva prepotentemente offerto una proposta di duello.
Il tredicenne, con la sorellina a presso, non voleva avere a che fare con coloro che si facevano definire con lo pseudonimo di "cacciatori di numeri". Four, infatti, era proprio uno di quelli.
Le cosiddette "carte numero" erano carte molto ricercate, in quanto provenivano da tutt'altro universo.
Per quanto potessero essere molto ambite, erano anche parecchio pericolose: ogni singola carta numero possedeva una propria coscienza e, quando un giocatore entrava in contatto con una di esse, la mente di tale duellante veniva controllata dalla suddetta carta.
Ad Heartland City parecchie erano le persone pronte addirittura ad uccidere per cercare di ottenerne il maggior numero possibile.
Yuma aveva duellato contro persone soggiogate dalle carte numero e, fortunatamente per lui, non aveva mai perso una singola partita. Lo faceva per aiutare un suo carissimo amico a recuperare la memoria, in quanto le carte numero erano proprio frammenti della suddetta.
Nonostante Chloe pensasse che suo fratello maggiore fosse un tantino fuori di testa, in fondo gli credeva, anche se non aveva idea di come poterlo aiutare.
"Ah, quanta ridicolaggine... uhm, non sarà che il grande Yuma Tsukumo abbia paura di affrontare il sottoscritto? Cos'hai, ti sei forse rammollito?" domandò Four, lanciando a Yuma un'occhiata provocatoria.
"Se ne avessi la possibilità ti farei il culo a strisce seduta stante, ma mia sorella è qui di fianco a me e non voglio intrometterla in questa storia!" rispose Yuma a tono.
Il diciottenne scoppiò in una fragorosa risata, per poi puntare gli occhi verso Chloe.
"E chi te la tocca quella nanerottola! Ti ho solo chiesto di affrontarmi in un duello amichevole. Oppure dovrei seriamente pensare che tu sia diventato un pisciasotto?"
Prima che Yuma potesse alzare la voce, sua sorella minore si intromise tra lui e Four, cercando di difendere suo fratello come poteva.
Il tredicenne aveva provato in maniera repentina a tirarla indietro, ma prima che potesse fare qualcosa di concreto, lei proferì parola:
"La... Lascia stare mi...mio fratello... per favore..."
Per quanto potesse provare a risultare forte e determinata, in quel momento risultava solo un piccolo agnellino che cercava di attaccare briga con un grosso lupo affamato.
La balbuzia e le ginocchia tremanti non la aiutavano affatto e se Four avesse voluto farle del male, avrebbe potuto tranquillamente farlo dato che era decisamente più muscoloso e più alto rispetto a lei.
Four, dal canto suo, non poté fare a meno di ridere in maniera ancor più fragorosa rispetto a prima e non si lasciò affatto sfuggire l'occasione di poter sbeffeggiare anche lei.
"Ahahahah! Oddio che paura! È arrivata la cavalleria! Ahahahah!"
Ripresosi dalle risate, fece una pausa, per poi continuare: "Bambina, faresti meglio a farti da parte. Sei ridicola."
Le parole del diciottenne infervorarono Yuma. Il ragazzo strinse convulsamente il proprio pugno con la ferma intenzione di slanciarsi contro il rivale e mirare allo stomaco, ma prontamente si fermò per soccorrere la sorella.
Chloe, infatti, aveva iniziato a percepire dei forti giramenti di testa e se Yuma non fosse corso da lei per sostenerla, sarebbe certamente caduta sull'asfalto.
"Fratellone... Non mi sento bene..." pronunciò la dodicenne, mentre veniva fatta stendere a terra delicatamente.
"NON ADESSO, CAZZO! NON AVEVI PRESO QUELLA MERDA DI PASTIGLIA STAMATTINA?!?" urlò Yuma, in preda alla disperazione e stando sempre vicino alla sorellina.
Chloe era una brava ragazza. Non aveva mai fatto del male a nessuno, ma nonostante tutto la sorte aveva avuto in serbo per lei qualcosa di orripilante, che le avrebbe reso la vita decisamente più difficile e complicata.
La fanciulla soffriva da sempre di una forte narcolessia, che purtroppo le faceva perdere i sensi nei momenti meno opportuni.
La famiglia Tsukumo aveva provato in tutti i modi per cercare di ridurne i sintomi il più possibile, ma ogni terapia sembrava ogni volta fallire inesorabilmente.
Ed è per questo motivo che Yuma non aveva mai permesso a sua sorella di duellare, o perlomeno, non direttamente.
Aveva il timore che un singolo attacco diretto di un mostro avversario potesse essere per lei addirittura fatale e aveva paura che un duello contro un giocatore particolarmente agguerrito potesse mandarla, nella migliore delle ipotesi, in terapia intensiva.
Da un lato gli dispiaceva tantissimo: sarebbe stato il suo sogno poter far vivere alla sua sorellina l'ebrezza e le emozioni di un vero e proprio duello sul campo da gioco e di farle provare la felicità di vedere prendere vita le proprie carte, pronte a difenderla dagli attacchi nemici.
Ma lei era troppo cagionevole di salute e lui non se l'è mai sentita di rischiare ne, tantomeno, di immischiarla nella caccia alle carte numero.
E così, coccolata tra le braccia del suo fratellone, Chloe venne presto avvolta dalle braccia di Morfeo senza l'ausilio della sua volontà.
Al suo risveglio, la ragazza percepì fin da subito di non trovarsi sdraiata nel proprio letto.
Le era capitato parecchie volte di svenire per strada e di ritrovarsi qualche ora dopo a dormire nella propria cameretta e ciò accadeva perché, ovviamente, Yuma non si sarebbe mai permesso di lasciarla girare da sola.
Quella volta, però, c'era qualcosa che non quadrava: quello su cui era sdraiata non era il suo morbido materasso su cui era abituata a dormire, ma era decisamente più duro, come se fosse stato progettato per prevenire il mal di schiena. In quel momento era avvolta da un soffice piomone, quando in verità sapeva benissimo che durante quelle notti usufruiva di un paio di coperte di lana per proteggersi dal gelo invernale. Persino il cuscino su cui poggiava la testa le faceva sorgere dei dubbi, lei era abituata a dormire su due cuscini e quello era palesemente singolo.
Spaesata fin da subito, la ragazzina aprì gli occhi di soprassalto: nonostante fosse immersa nel buio più totale, sapeva fin dal principio di non trovarsi nella propria stanza.
Per avere risposte, non poté fare altro che seguire l'unica fonte di luce che i suoi occhi riuscirono a captare, ovvero una porta socchiusa che dava sull'esterno della stanza.
Si alzò dal letto e si avvicinò all'uscio di quella porta.
La luce artificiale le fece socchiudere gli occhi per qualche istante e, non appena abituatasi, si rese conto di ritrovarsi in un posto totalmente opposto rispetto a casa sua: la stanza in cui aveva dormito per chissà quanto tempo dava su uno sfarzoso e bellissimo corridoio. Era come se fosse stata richiusa all'interno di una villa appartenente a qualche riccone.
Alla sua sinistra, poco distanti da lei, c'erano delle persone che stavano parlando tra di loro. Chloe seguì con lo sguardo il suono di quelle voci: vide un ragazzo dal viso gentile, decisamente più grande rispetto a lei, un bambino biondo mascherato e, con enorme sorpresa, quella merda umana di Four.
La ragazzina venne presa seduta stante da uno scoppio d'ira che non poté controllare: senza ragionarci sopra, corse verso colui che fino a qualche ora prima aveva trattato male suo fratello Yuma.
L'idea che quel poco di buono potesse aver rapito o peggio, ucciso il suo caro fratellone le faceva ribollire il sangue nelle vene.
Lei era una ragazzina timida, introversa e molto impacciata, ma se era convinta che qualcuno avesse attaccato fisicamente suo fratello maggiore, diventava letteralmente una iena.
Era anche molto testarda ed infatti, sotto l'effetto di forti emozioni, non era in grado di pensare prima di agire. Sapeva perfettamente che contro Four non poteva competere a livello fisico, ma era troppo spaesata ed arrabbiata per poter ragionare lucidamente.
"DOVE CAZZO È MIO FRATELLO?!?" inveì lei, avvicinandosi sempre di più.
L'attenzione delle tre persone presenti venne totalmente rivolta verso la dodicenne e Four, avendo intuito che stesse correndo verso di lui, roteò gli occhi al cielo, allungò il braccio destro e, così facendo, le bloccò la testa con la mano.
Chloe dimenò i pugni e fece forza con le gambe per cercare di colpirlo e di fargli male, ma la pressione esercitata dal braccio del ragazzo era tale da non farla muovere di un millimetro.
"AMMETTILO BRUTTO STRONZO CHE NON SEI ALTRO! HAI RAPITO SIA ME CHE MIO FRATELLO! DIMMI SUBITO DOVE L'HAI RINCHIUSO, ALTRIMENTI TI AMMAZZO IO STESSA STRAPPANDOTI IL COLLO A MORSI!!!" continuò lei, sprecando inutilmente fiato ed energie.
"CHLOE ARCLIGHT! Ti pare questo il modo il modo di interagire con tuo fratello maggiore?!?"
Presa alla sprovvista, la ragazzina fermò il suo assalto e girò la testa verso colui che l'aveva appena sgridata: si trattava di un bambino alto più o meno quanto lei, ma dall'aspetto decisamente inquietante. Aveva lunghi capelli biondi avvolti in una treccia e il suo viso era coperto quasi totalmente da una maschera grigia. La parte destra, completamente coperta, era occupata da un grosso ovale di colore rosso, per non ustruire del tutto la vista. La parte sinistra, invece, lasciava intravedere parte del suo sorriso e un singolo occhio di colore giallo oro.
Chloe trasalì alla vista di quell'infante: anche se si trattava solo di un bambino, riusciva comunque a metterla in soggezione, come se avesse intuito che lui potesse avere potere su di lei in qualsiasi momento. Una cosa era assolutamente certa, non c'era per niente da fidarsi di quell'individuo.
E poi, com'è che l'aveva chiamata? Chloe Arclight? E Four era suo fratello maggiore?! Aveva certamente capito male. O almeno, così sperava.
In quel momento di shock da parte della ragazzina, Four decise di ritrarre il braccio e per poco lei non cadde a terra rovinosamente. Ovviamente ciò divertì il diciottenne, il quale si mise a sogghignare sotto i baffi.
Successivamente, il bambino si avvicinò alla dodicenne e con le mani avvolte da dei guanti bianchi di velluto, le prese il viso e la guardò negli occhi.
Nonostante le mani di lui fossero relativamente calde, lei percepì dei continui brividi lungo la spina dorsale che non riuscì per niente a giustificare.
"Mia cara Chloe, da quanto tempo. Stai diventando sempre più simile a tua madre." le disse lui, prima di toglierle le mani dalla faccia.
Dopo qualche attimo di silenzio, continuò il suo discorso: "Mi addolora vederti in tale stato confusionale. Probabilmente non ti ricorderai nulla del tuo passato, ma non ti preoccupare: io sono qui apposta per rispondere ad ogni tuo quesito. Ah, e per tua curiosità, quella di portarti in questa magione non è stata un'idea di Four. Sono stato io stesso ad ordinarglielo."
Le parole del bambino fecero venire un tuffo al cuore alla ragazzina, alla quale per poco non venne un attacco di iperventilazione.
"Ch...i...Chi sa...sare...saresti tu?" le chiese lei cercando per quanto possibile di non far trapelare la sua agitazione.
L'infante sorrise a quella domanda, anche se il suo sorriso non rassicurò per niente la povera Chloe: le pareva come se quello stampato in faccia fosse più un ghigno malefico, piuttosto che un sorriso amichevole. Coperto da quella maschera, però, risultava difficile dirlo.
"Io sono colui che anni orsono avresti definito con lo pseudonimo di padre. Al giorno d'oggi, puoi chiamarmi tranquillamente Tron."
La dodicenne strabuzzò gli occhi a quella rivelazione. Le venne da pensare di star vivendo una specie di sogno ad occhi aperti. Tutto ciò era decisamente troppo assurdo per essere vero.
"Hai capito bene: tu sei sempre appartenuta a questa famiglia. Sei una ragazza di sangue reale e ciò ti fa molto onore. Ricordatelo sempre: devi andarne fiera di sfoggiare il nome di questa casata. Sei un Arclight, Chloe e lo sei sempre stata. E come tale, è arrivato per te il momento di aiutare i tuoi veri familiari."
Chloe ne era rimasta talmente scioccata da quella rivelazione che quasi non riuscì più a ragionare. Era come se fosse entrata in uno stato di trance, da cui sarebbe uscita solo ed esclusivamente quando avrebbe metabolizzato la notizia. Infatti non fece domande sul suo passato, su come fosse possibile o sul perché, dopo anni di abbandono, gli Arclight avessero deciso di introdurla nuovamente in famiglia, ma si limitò a domandare se Yuma e sua mamma stessero bene.
"Non ti preoccupare. La tua famiglia adottiva giova sempre di un'ottima salute e sono stati preventivamente informati sul tuo ritorno a casa." le rispose Tron, con quel suo solito sorriso malevolo stampato in viso.
Seguirono un paio di secondi di silenzio, durante i quali Chloe non ebbe la forza di chiedere e/o di pensare ad altro, talmente era sconvolta da tale novità che l'aveva travolta di punto in bianco come un treno in corsa.
Fu il bambino colui che si schiarì la voce e riprese a parlare:
"Se per ora sono solo queste le tue domande, credo che sia arrivato per te il momento di conoscere i membri della tua famiglia." Girandosi verso la sua destra, indicò quel ragazzo che non aveva ancora né spiccicato parola e né compiuta alcuna azione.
"Lui è Three, il terzo genito della famiglia Arclight, nonché il più giovane dei tuoi fratelli maggiori."
La ragazzina si girò verso di lui, senza far trapelare alcuna emozione: si trattava di un ragazzo dall'apparenza molto amichevole. Era poco più alto di lei e, come per Chloe, anche lui aveva i capelli che gli arrivavano all'altezza delle spalle. I suoi, però, erano di un colore completamente diverso, ovvero rosso chiaro. Aveva due bellissimi occhi di colore verde, nei quali, a differenza di Four o di Tron, si poteva forse intravedere un barlume di bontà.
Three sorrise calorosamente alla sorellina e le allungò la mano come segno di presentazione.
"È un piacere rivederti, sorellina cara."
Chloe non ricambiò alcuno dei gesti cordiali mostrati da suo fratello maggiore, né il sorriso e né tantomeno la stretta di mano.
Il ragazzo ritrasse il braccio e corrucciò il viso, come se ci fosse rimasto male. Forse voleva solo far sentire a suo agio sua sorella ed era rimasto deluso dal fatto di non esserci riuscito.
Tron si girò verso la sua sinistra, per poi continuare a parlare: "Hai già avuto l'occasione di fare la conoscenza di Four, ergo il secondo genito di questa famiglia. A breve conoscerai Five, nonché primo genito e tuo futuro mentore."
Mise successivamente la mano nella tasca sinistra dei pantaloni, dalla quale estrasse una carta di Duel Monsters. Subito dopo, la porse alla ragazzina.
"Come ti ho già accennato, è giunto per te il momento di aiutare i tuoi veri familiari. E, fidati del sottoscritto, lei ti sarà fondamentale in tale impresa."
Chloe prese tra le mani quella carta e la osservò per bene: notò subito che l'esterno della suddetta era di colore viola, segno che si trattava di una carta fusione. Il riquadro al centro (ovvero l'immagine della carta) rappresentava un gigantesco automa dalle apparenze femminili, dipinto con dei colori che variavano dal bianco al blu scuro. Anzi, più che un automa, sembrava una gigantesca bambola con gli occhi chiusi. Dietro tale figura, vi erano miriadi di fili viola, che sostenevano delle creature ancor più piccole: era come se quella bambola fosse la burattinaia e, quegli altri mostri non ben identificati, i suoi burattini.
"Ti piace?" domandò Tron alla dodicenne.
La ragazza annuì con la testa, senza distogliere lo sguardo da quella carta.
"Ottimo, perché lei d'ora in avanti sarà la tua fedele compagna per il resto della tua vita."

Yu-Gi-Oh Zexal - Legami di Sangue Where stories live. Discover now