23. Don't take me to Heaven

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Sogno e mi flagelloper non essere l'infernoe pendere dalle tue labbra

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Sogno e mi flagello
per non essere l'inferno
e pendere dalle tue labbra


🌓🌕🌗





Il mio cuore tamburellava senza freni, e barcollava nel petto come se per fermarlo dovessi trafiggerlo

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Il mio cuore tamburellava senza freni, e barcollava nel petto come se per fermarlo dovessi trafiggerlo.
Ero arrabbiata con me stessa per il modo in cui avevo voluto, desiderato e goduto del fatto che Cordelia mi guardasse, ma le mani di Arden erano state talmente travolgenti da lasciarmi prostrata e piena di turbamenti.

Potevo giurare che fosse stata quella, la vera miccia che mi aveva portato a cavalcare un orgasmo così potente. Gli occhi puntati su di noi, complice il buio, complice la musica, complice il fatto che eravamo entrambi senza freni e che tutti stessero assistendo inconsapevoli a una scena indecente.
La nostra piccola bolla di vetro si era creata attorno a noi, lasciandoci l'illusione di conoscerci da sempre.

La corrente era tornata a illuminare il maniero a giorno, e la mia insofferenza verso quel posto si era riaccesa netta e prepotente.
Arden era stato carezzevole e premuroso, e poi irresistibile, eppure una forza mi spinse a fuggire da tutto quel trambusto in cui non sarei rimasta nemmeno da morta, figuriamoci da viva.

Non so se lui seguì Gremory come gli era stato richiesto, ma io mi infilai nel cappotto e corsi via nella notte, affondando gli stivaletti nella neve e puntando il naso gelato verso il buio, perché il bosco di Wysteria Wood restava l'unico posto in cui la mia mente trovava riparo da se stessa.

Camminai a lungo e in un'unica direzione, sul sentiero innevato che conoscevo perfettamente.
Non nevicava più, ma le fronde degli alberi fioccavano come se non avesse mai smesso.
Percorsi con attenzione la parte più scoscesa, stando attenta a non scuotere i rami stracolmi, e mi avvicinai al laghetto della mia infanzia. 
Lo stagno era interamente ghiacciato, proprio come quando ci ero caduta dentro.

La sua superficie brillava di un riflesso lunare che mi permise di specchiarmici dentro.
Ricordavo la sensazione di spilli che mi perforava la pelle e che mi aggrediva le ossa, sbriciolandole all'impatto con quel gelo disumano, come se fossi ancora dentro quell'acqua, come se non ne fossi mai uscita.

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