32. Call me babydoll

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"E' sanguinario, libidinoso, avaro, falso, sleale, violento e maligno, putrido d'ogni peccato che ha un nome.
Ma alla libidine mia non c'è fondo, no."

Macbeth




«Morto? Chi è morto?»

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«Morto? Chi è morto?»

La mia voce piombò in quel silenzio nascondendo un'ombra di sospetto, mentre d'improvviso ero di nuovo in un bosco fitto, al buio, da sola, a cercare di sfuggire a una creatura disumana che incarnava tutte le mie paure più profonde.

«Bear. Gerard Butler. Il vostro compagno di corso.»
Cordelia pronunciò rapidamente il suo nome, come se a dirlo ad alta voce potesse invocarne la presenza.

«E ci sono almeno tre o quattro testimoni che hanno visto con i loro occhi mentre tu lo pestavi a sangue, Draven. Persino nelle tue.. condizioni, non riesci a startene buono?»

Draven si sollevò, sempre più inferocito da quello che per lui era un'offesa, dal tavolo in mogano centrale su cui era poggiato.
Lo stesso della prima cena con Arden, in cui lo aveva aggredito senza mezzi termini.
«Quell'idiota aveva dato fuoco all'auto di Gremory. Ha fatto esplodere un petardo nella marmitta. Cazzo, ci sono decine di testimoni!»

«Fantastico. Quindi entrambi i miei figli sono dei potenziali sospettati. Non mi sento bene.»
Cordelia si accasciò su una poltrona in uno sbuffo di velluto ricamato che un tempo doveva essere stato verde acqua, ma adesso tendeva più al verde bottiglia.
«Avalon, portami uno scotch!»

Sbuffai, e quando rientrai nella sala con il bicchiere in mano, la discussione si era fatta più accesa.
Gremory, quando si agitava, sembrava il ritratto di uno di quei cavalieri senza macchia e senza paura dei romanzi storici.
Draven, invece, restava in disparte, come se con la bellezza algida e incorporea che si portava dietro gli permettesse di non catalizzare attenzioni.

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