Quando la disperazione chiama

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Nessun civile era rimasto ferito, l'aiuto di Dynamight era stato decisivo per la riuscita, nonostante il suo quirk fosse violento e di sicuro quello di altri eroi sarebbe risultato maggiormente efficace, il fatto che tutti stessero bene era un ottimo risultato.

Solo che non tutti erano incolumi.

Lo stesso Dynamight era rimasto ferito, il fianco aveva uno squarcio evidentemente in pessime condizioni e il sangue colava sui ciottoli della piazza con sorprendente abbondanza, tanto da spaventare l'amico che era accorso in suo aiuto quando lo aveva visto volare verso quel luogo in cui se ne stava inginocchiato.

«Bakubro, stai bene?» chiese ancora troppo distante per notare la gravità della situazione, non vedendo la scia di sangue che conduceva verso il biondo.

"Che domanda sciocca" pensò Katsuki cercando di sollevarsi in piedi, solo per finire a terra con la vista che gli si restringeva e il braccio sano proteso verso quella statua che gli faceva provare più dolore di quanto non stesse facendo la ferita.



«Izuku, ti prego...» supplicò Eijirou sfiorandogli con la mano il braccio sinistro, «Sei veramente in brutte condizioni.»

«Perché ti preoccupi ancora per me Eijirou?» chiese il verdino, la vista che gli si appannava sempre più di frequente e la testa che gli ciondolava avanti e indietro.

«Come perché? Siamo amici.» rispose il maggiore e si strappò un pezzo di stoffa dalla divisa da eroe, iniziando ad avvolgerlo attorno al braccio destro dell'altro, partendo da sotto l'ascella e cercando di fare abbastanza forza, in modo che il sanguinamento cessasse.

Era un rudimentale laccio emostatico, ma lasciare che il moncone del braccio amputato continuasse a sanguinare in quel modo, significava di sicuro che il dissanguamento sarebbe stata l'unica strada che attendeva il minore.

«Non c'è tempo da perdere Izuku.» e nel dirlo, con una mossa brusca che fece vedere nero a Izuku, il rosso si caricò l'amico in spalla, iniziando immediatamente a correre verso il fondo delle macerie, dove il braccio ancora se ne stava immobile, il guanto bianco che lo aveva coperto fino a poco prima era andato distrutto, ma le cicatrici che ne ricoprivano la pelle erano inequivocabili.

«Anche il braccio di Kacchan era così spettrale quel giorno.» sussurrò prima di perdere conoscenza



Questi bambini sciocchi sono diventati degli adulti persi nei ricordi di un passato felice, quando ancora si vedeva il mondo in bianco e nero, quando il lieto fine era all'ordine del giorno, gli eroi vincevano e i cattivi venivano puniti dalla legge.

Belli erano i momenti che passavano insieme. Bambini alla scoperta del mondo, i sogni nel cassetto pronti a formare il loro carattere, mentre le consapevolezze del mondo li avrebbero divisi.

Su quella riva del fiume che avevano percorso avanti e indietro, coraggiosi come solo i bambini possono essere, spavaldi contro ogni male.

È esattamente questo che sognano entrambi, le flebo che li mantengono in vita insieme ai respiratori artificiali. Sognano una mano tesa pronta per aiutare, un'altra mano che la colpisce con cattiveria.

Quanto vorrebbero piangere immersi in quel coma artificiale, indotto affinché possano guarire. Vorrebbero tornare indietro entrambi, magari cambiare quell'esatto momento che ha cambiato così tanto le loro vite, allontanandoli quando invece avrebbero potuto vivere quei momenti spensierati insieme.

Se solo quella mano non fosse stata colpita.

Se solo quella mano non fosse stata offerta.


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