Come sono arrivato a questo punto?

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"Come sono arrivato a questo punto?" si chiese Katsuki davanti la receptionist dell'ospedale, i documenti per la dimissione volontaria firmati, con annessa firma in cui si prendeva la responsabilità che la dimissione era contro il parere del medico.

Acconsentì a firmare ogni cosa, tutto pur di lasciare quel posto infernale. Ogni volta che era costretto ad entrare in un qualsiasi ospedale, il ricordo di quegli ultimi momenti in cui la speranza aveva fatto parte della sua vita, tornavano a tormentarlo, facendogli percepire ancora sulle braccia, il peso di quel corpo che ancora respirava, ma con così poco fiato che gli sembrava diventare sempre più leggero, come se volesse volare via da lui, per raggiungere quel luogo in cui i fanatici dicevano che andavano le anime buone che avevano lasciato questo mondo.

Con passo pesante oltrepassò le porte di vetro che lo dividevano dall'aria pesante dell'esterno, un altro temporale estivo sembrava essere imminente, appesantendo l'aria e caricandola di umidità.

Le nuvole nere che da giorni coprivano il cielo del Giappone, avevano reso l'animo di molti tetro e cupo, aumentando lo sconforto anche di Katsuki che non vedeva l'ora di rintanarsi in un qualsiasi luogo e annegare in quell'apatia che da tempo era il suo stato fisico e mentale.

Quegli ultimi giorni il pensiero di Izuku era più presente nella sua mente, ricordandogli ogni dettaglio che aveva accantonato, come il movimento che quei capelli verdi sembravano fare, ricordavano le foglie, pronte a volare via, oppure il colore delle guance che poco alla volta impallidivano mentre se lo teneva stretto al petto, correndo con tutto il fiato che ancora gli rimaneva in corpo.

La strada dell'ospedale che aveva percorso quel giorno era diverso, alcune macerie erano arrivate fino a quel punto, senza però colpire l'edificio e lui era entrato con il suo nerd stretto fra le braccia.

Ricordava il sangue che gli macchiava la bocca che di solito non mancava mai di rivolgergli un sorriso, invece in quel momento era dritta, socchiusa e da essa colava altro sangue che scendeva lento fino al mento, cadendo con grosse gocce sul petto che quasi non si muoveva più.

Aveva urlato per richiamare l'attenzione di qualcuno, aveva aspettato che qualcuno si prendesse cura di lui mentre se ne stava fuori dalla porta che lo divideva dalla sala operatoria. Aveva sentito il tempo che gli scorreva dentro ad una velocità dimezzata, vivendo ogni istante come se fosse un giorno intero, ignorando tutti coloro che si avvicendarono davanti quella stessa porta, chi per aspettare notizie, chi per fare rapporto alla madre del verdino.

E quando quell'attesa terminò con l'arrivo di un medico dalla faccia scura per il dispiacere, in quel preciso momento aveva sentito il suo cuore morire insieme al suo amico d'infanzia a colui a cui non era stato in grado di dire la verità.

"Come sono arrivato a questo punto?" si chiese Izuku fissando il foglio che la receptionist gli stava passando per farglielo firmare. Lui le lanciò un'occhiata in tralice, passando successivamente lo sguardo al braccio dentro che non era più al suo posto, una placca in metallo splendeva attaccata al moncherino, avvitata sulla pelle con delle viti.

«Mi scusi Deku-sama.» disse la donna costernata e passando all'ex eroe una spugnetta imbevuta d'inchiostro dove lui vi posò il pollice sinistro e con quella impresse la sua impronta sul documento.

Non aspetto altro prima di lasciare l'ospedale, non salutò la receptionist che stava per porgergli altri documenti da firmare, non la salutò, se ne andò semplicemente, voltando le spalle a chiunque ed entrando nel caldo torrido dell'estate che stava scaldando ogni cosa, rendendo quasi bevibile l'aria umida dell'esterno.

Voleva imprecare, fumare per far calare la rabbia, o bere pur di dimenticare quei ricordi asfissianti che lo investivano ogni volta che si trovava dentro o nei pressi di un qualunque ospedale.

Si ritrovava a pensare a quel maledetto giorno, a come i capelli di lui sembrassero brillare sotto il cielo che splendeva nonostante l'atroce momento in cui erano implicati.

Ricordava i suoi occhi, di quel bel colore dei papaveri, diventare sempre più opaco, mentre sentiva la forza che lo aveva sempre contraddistinto svanire da lui, affievolirsi come il fiato caldo che gli usciva lieve dalle labbra spaccate.

Ricordava ogni singolo dettagli che riguardava quel volto, quell'amico con cui aveva condiviso gioie e dolori, soprattutto, ricordava come i loro sguardi si erano incrociati un'ultima volta e come la piega della bocca del biondo si era piegata in un sorriso.

Gli aveva posato una mano sul petto, ascoltando come il busto si alzasse e abbassasse a ritmo con i suoi respiri, ma quando questi si fermò e non percepì più il battito sotto il palmo della mano, fu sicuro che anche il suo smise di palpitare, dichiarando la sua morte.

Perciò, come erano arrivati entrambi a quel punto? Non avevano fatto nulla di sbagliato quel giorno, avevano salvato quante più vite avevano potuto, si erano sacrificati per dare agli altri un mondo dove vivere, ma nel farlo avevano ucciso la persona che più teneva a loro.

Izuku aveva ucciso il suo Kacchan, portandogli via ciò che più amava.

Katsuki aveva ucciso il suo Deku, portandogli via ciò che più amava.

Katsuki aveva ucciso il suo Deku, portandogli via ciò che più amava

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Rostig RotWhere stories live. Discover now