17. Ogni sorriso smorfia...

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L I L I T H

Mi sveglio durante la notte, l'orologio segna le 3:33 del mattino, mi scopro dal lenzuolo, poggio i piedi sul pavimento freddo, mi guardo intorno con uno strano peso nel petto, qualcuno sta tirando pugni contro il mio petto e respirare non è più automatico, mi devo obbligare a farlo, gli occhi bruciano e mi ritrovo in un minuscolo bagno scolastico a quattordici anni

7 anni prima

<<Prof posso andare in bagno?>> Chiedo al prof di inglese.
Respirare? Cosa significa? Dovrebbe essere automatico, ma non ci riesco, devo obbligarmi, un respiro dopo l'altro mentre un peso sprofonda nel petto e qualcuno ci tira pugni violentemente dal suo interno, gli occhi bruciano e la voglia di sparire è sempre più alta, non c'è la faccio più, troppa fatica, troppo dolore, tutto troppo grande, troppo, troppo dolore.
Il prof annuisce dopo pochi istanti ma mi è sembrata un' eternità.
Mi chiudo in bagno, piango, non so perchè lo faccio, chiudo le mani in un pugno e so che chiamerei solo lei, ma non so se ne ho la forza, non so se ho la forza di parlare, non so se merito il suo aiuto, infondo cos'ho mai fatto per gli altri se non rovinargli la vita, cos'ho mai fatto per lei, cazzo merita tutto ma non sono capace di darle niente. Non so perchè mi ascolti, so solo che lei è la ragazza più pura che io conosca.
Non so quando sia uscita dal bagno, so solo che ho chiesto al bidello di chiamarla, so solo che lei è uscita, mi ha chiesto cos'avessi, non sapevo cosa dirle, il magone in gola bloccava le parole, mi sedetti su un banco che non so per quale motivo si trovi qui, lei è difronte a me, io piango e lei mi asciuga le lacrime.
<<Non ce la faccio più.>> Singhiozzo.
<<Ce la fai. C'è la devi fare, non posso vederti così.>> Cazzo quanto la vorrei accanto a me per sempre.
<<Mi fa male qua.>> Le dico indicandomi il centro del petto. <<Mi sono tagliata di nuovo.>> Le dico come se lei non avesse i suoi problemi io le scarico addosso i miei, abbasso leggermente il cinto del pantalone rivelando il piccolo graffio.
<<Perché?>> È delusa, deludo sempre tutti.
<<Lo volevo fare da troppo, erano 5 mesi che non lo facevo, ma chi sono io se non mando tutto a puttane?>>
<<Non lo so cosa ti farei. Non lo devi fare più, giuramelo.>>
<<Te lo giuro.>>
<<Sicura?>> Mi chiede. Annuisco.
<<Ti ho delusa?>> Le chiedo pronta alla botta.
<<Un po'.>>
<<Scusa.>> Non volevo deluderla ma l'ho fatto, deludo sempre tutti. Le porgo la lametta e lei la butta fuori dalla finestrella del bagno.
<<Non farlo mai più.>> Mi dice continuando ad asciugarmi le lacrime che scorrono sul viso.
<<Te lo prometto, non voglio deluderti più, scusa.>>
<<Devi dimostrarmelo.>> Nella mia testa rimbomba sempre la stessa parole "Scusa" , la ripeto all'infinito sperando cambi qualcosa, nel mio petto scoppia il mondo, penso solo che non c'è la faccio più.

Hai presente quando ti senti schiacciato da te stesso, quando quelle parole ti rimbombano in testa come una cantilena? Per me ogni giorno è così, a ogni ora ho un attacco d'ansia, ma insomma ho 14 anni sono solo scemenze vero mamma? Vero papà? Me lo dite voi che mi avete visto i tagli, me lo dite nonostante abbia perso tre kili in un mese e li abbia ripresi in tre settimane, cazzo ma sono solo scemenze vero? Aver desiderato di morire ogni giorno della mia vita è una scemenza. Io ogni giorno della mia vita mi aggrappo a un filo, quasi invisibile che si sta per spezzare, e non vedo l'ora che si spezzi così finalmente troverò pace.

E M I L Y

Non aver un singolo ricordo dei propri genitori è doloroso, ma non quanto ritrovarli e scoprire che sono solo dei tossici che hanno finto la loro morte per abbandonarti.  Però è tuuuuuuutto okay. "Sorridi Emily, dipingiti in faccia una smorfia, mostrati sempre graziosa, sei una ragazza per te la vita è semplice, sorridi Emily".
Ho trascorso tre mesi da mia "zia" non la considererei una zia, per me sono sconosciute quelle signore, mia nonna era in ospedale per un'operazione e non aveva forze di curare una bambina di undici anni, mia zia Karol invece si, ma era un'egoista di prima categoria, e dico era perché è morta due mesi dopo per epatopatia, era un'alcolizzata e ogni giorno con una bottiglia di vodka liscia in mano mi urlava di sorridere perché per noi donne la vita è semplice, basta trovare un uomo che lavori e che ci scopi, credo che per questo non mi piaccia più di tanto l'alcol e forse è per questo che cerco di essere indipendente.

Sbatto più volte gli occhi, la luce mi acceca, mi sento stanca, appoggio i piedi al pavimento e guardo intorno a me, sono in una piccola camera rosa, ha l'aspetto di una camera curata, le pareti sono rosa con strisce bianche, il letto su cui ero sdraiata è pieno di peluche, ci sono bambole ovunque, su degli scaffali e dentro una casetta sopra la scrivania bianca, sopra la scrivania c'è anche una foto, prendo in mano la cornice bianca, siamo io e i miei genitori... Questa era casa mia. Le finestre sono sigillate e a mia disposizione non c'è niente per poter spaccare la finestra a parte il mio pugno, ma magari sono così fortunata e i miei genitori stanno dormendo o sono fuori casa. Apro la porta ritrovandomi nel piccolo corridoio, sembra una casa delle bambole in dimensioni reali, le pareti sono completamente bianche e sono piene di quadri con foto mie durante tutta la mia vita, foto di ogni mio compleanno, 17 cornici bianche e rosa appese sulle pareti di due sconosciuti. L'intera casa era tappezzata di foto mie e disegni con la mia firma, ingoio il groppo in gola a fatica. Mia madre è ai fornelli e mio padre nel divano a farsi una canna, non mi stupirei se mia madre avesse scambiato la cocaina per farina. Risalgo le scale senza farmi vedere e chiudo a chiave la porta della "mia" stanza. Penso a quello che potrei fare, guardo le mie mani, la finestra, la coperta, a ripetizione. Avvolgo la coperta intorno alle mie mani e tiro un pugno alla finestra, porca miseria che male, con il piede apro ancora di più il varco esco dalla finestra calando giù una corda di vestiti fatta qualche istante prima, circa una decina di vestiti e due coperte legate alla maniglia della porta.

<<EMILY!>>Sento urlare mia madre, scendo giù mettendo finalmente piedi a terra, realizzo di non aver nemmeno il telefono con me e non so in quale parte del mondo io sia.

Cammino per i marciapiedi di quel luogo, fatto solo da case, una più penosa dell'altra.
<<Merda!>> Urlo trattenendo le lacrime che minacciano di uscire.

Ormai si sta facendo sera, ho camminato ore, ho trovato però un cabina telefonica, una delle tante, ho provato a chiamare in tutte, proviamo in questa, tanto, ho sprecato cinque gettoni. Compongo il numero di Damon, risponde al secondo squillo.

D A M O N

<<Damon!>> Esclama una ragazza dall'altra parte del telefono.
<<Emily?>> Cùhiedo.
<<SI, sono io!>>
<<Dove sei e da dove stai chiamando.>>
<<Da una cabina telefonica e mi pare di essere nel Bronx, avevo chiesto a una vecchietta.>>
<<Merda, hai qualche punto di riferimento?>>
<<Emm, c'è un hotel abbandonato accanto ad una casa blu con una bicicletta rotta all'esterno.>>
<<Arriviamo resta lì, non ti muovere.>>

50 minuti dopo

<<Damon c'è Emily!>>Urla Lilith, freno di botto e scendo dalla macchina ordinando a Lilith di rimanere dentro, ci tengo alla mia auto.

Emily mi corre contro, la stringo fra le mie braccia fino a farle mancare il respiro.
<<Scusa se ti ho nascosto tutto.>>
<<Non fa niente Dam.>>

L I L I T H

Emily è al sicuro ma io non credo di esserlo così tanto, ho trovato un nuovo biglietto.

"...48"

Nota autrice
Scusate se sono sparita per un mese, cercherò di essere più presente e scusate se non è granché come capitolo. Cosa ne pensate? Opinioni?
Ciao💋

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⏰ Last updated: Apr 07 ⏰

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