Capitolo 1

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MAYA'S POV
Lunedì, giorno insopportabile per tutti.
Mi svegliai alle 6, mi alzai dal letto e mi vestii di fretta.
Misi dei leggins neri, una maglietta larga ed una felpa grigia con cappuccio.
Come colazione mangiai dei cereali al cioccolato.
Ding dong
Il campanello. Sicuramente era Dylan, che veniva a prendermi ogni mattina.
Aprii la porta e infatti il ragazzo era lì in piedi, con lo zaino su una spalla.
"Hey." mi disse.
"Hey." ripetei io, dandogli un bacio sulla guancia.
Lo feci entrare e si sedette su una sedia vicino al tavolo.
Riempii lo zaino di libri di scuola, e il libro che stavo leggendo, me lo misi in spalla e uscimmo.
Chiacchierammo fino alla stazione dell'autobus, e salimmo sul veicolo.

Eravamo in cerca di un posto, e mentre mi guardavo intorno vidi un ragazzo leggere.
"Dylan. Lui legge!" sussurrai al ragazzo.
Ogni volta che vedevamo qualcuno della nostra età leggere, in genere ci facevamo amicizia.
Ma a me non stavano mai a genio le persone con cui parlavamo.
Feci finta di allacciarmi le scarpe, per vedere il titolo del libro letto dal ragazzo.
"Colpa delle stelle"
Ma aww pensai.
Sussurrai a Dylan ciò che avevo visto.
"Ciao. Io sono Dylan. Lei è la mia ragazza: Maya. Anch'io e lei leggiamo. Quel libro l'abbiamo già letto, però. Bello, ma triste. So che diventeremo grandi amici." si presentò Dylan al ragazzo, porgendogli la mano.
Il ragazzo la strinse timidamente ma non disse nulla.
"Ci vediamo!" disse infine Dylan.

Andammo nei posti in fondo al pullman.
Una volta seduti, Dylan continuava a fissarmi.
"Che c'è?" gli chiesi ridendo.
"Sei bellissima." disse serio.
"Aww. Anche tu." risposi.
Mi diede un bacio.
"Ora, se non ti dispiace, entro nel mio mondo." gli dissi tirando fuori il mio libro.
"Mm.. Anche io." rispose imitandomi.

Dopo circa mezz'ora arrivammo alla nostra fermata, quella di fronte alla scuola.
Scendemmo dal pullman ed entrati a scuola, ci dirigemmo in classe.
I banchi erano da due ed io e Dylan ci mettemmo vicini.
Dopo cinque minuti entrarono le bullette della classe: quelle belle.
Era un gruppetto di tre ragazze: Katherine McNamara, Nathalie Emmanuel e Kaya Scodelario, il capo.
Vennero proprio verso di noi.
"Ciao Dylan, vuoi sederti vicino a me oggi?" gli chiese Kaya provocante.
Mamma mia quanto la odiavo.

"Non vedi? Sono già vicino a Maya. Vattene Kaya." le rispose Dylan sprezzante.
"Oh! Non l'avevo notata. È così... Invisibile." disse sotto le risate di Nathalie. Katherine rideva un po' di meno, diciamo che faceva finta.
"Beh, se proprio insisti mi sederò vicino a lui. È sempre bello fare conoscenza." disse Kaya sedendosi al banco accanto.
Era il ragazzo del pullman, quello che leggeva.
Diedi una gomitata a Dylan, per farglielo notare.
"Hey!" disse quasi urlando, agitando una mano per salutare il ragazzo.
Questo fece un cenno timidamente.

"Allora, come ti chiami?" chiese Kaya al ragazzo.
Lui borbottò qualcosa sotto voce, non lo sentii.
Vedevo soltanto che mentre parlava teneva lo sguardo basso.
"Bel nome!" esclamò Kaya ad alta voce.

In quel momento entrò il professore di geometria.
"Buongiorno." dicemmo tutti in coro alzandoci in piedi.
"Seduti." ci ordinò lui.
Ci guardò tutti uno per uno, e si fermò sul ragazzo del pullman.
"Oh! Un nuovo studente! Per favore, hai voglia di alzarti in piedi e presentarti alla classe?" disse il professore.
Il ragazzo esitò, e si alzò soltanto quando Kaya gli diede una gomitata.
Rimase muto.
"Su, avanti! Qual è il tuo nome?" chiese il professore.
Esitò ancora.
"Ehm.. T-Thomas. Thomas Brodie Sangster." balbettò.
Thomas Brodie Sangster, cercherò di ricordarmelo, pensai.
"Vai avanti, forza! Quanti anni hai?"
Thomas deglutì, ma poi disse sempre un po' balbettando: "Qu-quasi 17."
Era evidente che si sentisse in imbarazzo, tutti lo stavano fissando.
"È chiaro che le domande devo fartele io. Ti sei trasferito qui a Londra?" chiese il professore sbuffando.
Thomas annuì.
"Bene. Dove abitavi prima?"
"M-Manchester."
"Possiamo concludere, o durerà tutta la lezione."
Il ragazzo fece un respiro di sollievo e si sedette.
Si guardò un po' intorno, poi abbassò lo sguardo e lo mantenne così, mentre giocherellava con i pollici.

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