42. [A] Cadere e rialzarsi

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Per chiacchiere, confronti (e denunce) IG e TT @jackieswriters

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ABIGAIL

Chi devia a destra o a sinistra
non può fare a meno di cadere.
Anche io caddi, e fu un miracolo
se riuscii a rialzarmi.

Van Gogh


È tutto nero.

Per un tempo così lungo che non ricordo se ci sia mai stata luce prima di adesso.

Ed è tutto silenzioso.

Ma non di quel silenzio pacifico, che raggiungi solo allontanandoti dai rumori che minacciano di sopraffarti. È un silenzio artificiale, che rimbomba, che cerca di ricordarti che, in realtà, i suoni intorno a te ci sono.

E riappaiono, piano piano.

Prima delle voci indistinte, poi sempre più chiare.
Qualcuno che sta dicendo qualcosa a poca distanza dal mio volto.
Qualcuno che sta parlando.
Con me.

Quando finalmente riesco ad aprire gli occhi, la luce mi provoca una fitta alla testa così forte da farmi pentire del gesto.

Mi ci vuole qualche secondo per mettere a fuoco la scena, per rendermi conto delle persone che mi stanno circondando e che mi fissano con un mescolarsi di preoccupazione e paura.

Vorrei chiedergli perché mi stanno guardando, cosa ci faccio stesa a terra, ma come sono spariti i ricordi tornano.

La corsa nei corridoi, lo spavento quando due ragazze mi sono apparse davanti.
Le scale dietro di me.
La caduta.

«Riesci a sentirmi? Vuoi che chiamiamo un'ambulanza?» chiede una voce femminile che non riesco ad associare a nessuno che conosco.

Io scuoto la testa, anche se il solo movimento mi provoca una nuova fitta di dolore, che si irradia sul resto del corpo.

«Ehi, non chiudere gli occhi» dice qualcun altro.

Non mi ero nemmeno accorta di averli chiusi, ma quando una terza persona urla: «Vi sembra uno scherzo divertente?! Potevate ucciderla!» il terrore assopito torna a farsi spazio dentro di me.

Apro gli occhi di scatto e, nonostante il dolore, sposto lo sguardo fino a incontrare quello di Hannah, che mi sta osservando dalla cima delle scale.

È da sola e, a differenza di poco fa, il sorriso è sparito dalle sue labbra.

È da sola.

Il pensiero di aver perso di vista il resto del gruppo è sufficiente a riportarmi in allerta. Prima di rendermene conto, scatto in piedi e sono costretta a combattere le vertigini che sembrano intenzionate a riportarmi a terra.

Le proteste dei miei compagni sono annullate dal fischio alle orecchie che non sembra volermi abbandonare, ma quando si muovono nella mia direzione, io faccio un passo indietro.
Poi un altro.

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