C.5

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"SASCHAAAAAAAA"
Metà dei passeggeri dell'autobus si girarono verso di noi. Ah no aspetta, ora si sono girati tutti. Ye.
"Stai più attenta!" ribatté lui. Ringhiai e mi chinai a terra, raccogliendo la borsa e rimettendo dentro ciò che ne era uscito. Qualcuno mi porse la mano per rialzarmi e alzai gli occhi, guardandolo in volto.
"Vuoi una mano?" chiese sorridendo. Ricambiai il sorriso e afferrai la sua mano rialzandomi.
"Io sono Pietro" disse.
"Sabrina, piacere"
"E io sono un umpa lumpa!" esclamò Sascha sarcastico, "muovi il culo che è la nostra fermata" disse scettico e fece per girarsi e scendere.
"Non si parla così a una donna" disse Pietro. Sascha lo fulminò con lo sguardo.
"Io le parlo come mi pare"
"Ok non litigate. Noi dobbiamo scendere qui" dissi.
"Anche io"
"Fai il modello?"
"No" rise lui, "sono il figlio del fotografo, vengo qui ad esercitarmi con la fotografia. Passione da padre in figlio diciamo"
"Allora uno di questi giorni devi farmi un Book!" risi io.
"Sarà un piacere!"
Sascha mi prese per la coda di cavallo e mi tirò giù dall'autobus.
"Giù le mani!" disse Pietro. Strattonai i capelli e mi liberai da Sascha, facendomi un male cane.
"È modo di trattare una ragazza?!" mi difese ancora.
"Se non vuoi che ti cambi i connotati ti conviene sparire dalla mia vista, moscerino"
"BASTA!" sbottai io.
"Sascha vai dentro che ti raggiungo."
Lui mi guardò malissimo e entrò.
"Stai bene?" chiese Pietro.
"Si. A volte mi sembra di lavorare con un cavernicolo"
"State insieme?"
Scoppiai a ridere.
"Nono! Ci hanno messi a lavorare insieme, tutto qui" spiegai.
"Capisco. Entriamo, così chiedo a papà se poi posso farti il servizio"
Entrammo e raggiungemmo la stanza in cui il nostro fotografo stava lavorando con degli aggeggi.
"Pa' questa è Sabrina"
"Lo so, è la ragazza a cui faccio i servizi"
"Si ecco, a proposito, posso farle io un servizio?"
Gli occhi dell'uomo brillarono.
"Certo! Sono così orgoglioso di te!"
Pietro arrossì e si grattò la nuca imbarazzato.
"Va bene, noi andiamo" disse poi, ma tra me e lui si mise Sascha.
"Ascolta moscerino, per quanto vorrei liberarmi di lei, mi serve per il servizio per cui mi pagano. Quindi sparisci dalla mia vista e facci tornare al lavoro" ringhiò.
"Sascha!" lo richiamai io. Pietro lo guardò malissimo.
"Sabri, ci scambiamo i numeri? Così ci mettiamo d'accordo su quando fare il servizio" mi chiese.
Ci scambiammo i numeri e poi lui se ne andò.

Il suono dello schiaffo che diedi a Sascha subito dopo risuonò per tutta la stanza.
"Ascoltami bene razza di rincoglionito che non sei altro, sono adulta e vaccinata, vivo da sola da anni, ho sempre campato da sola, non ho mai avuto bisogno di qualcuno che mi proteggesse, quindi fammi un favore e non fare di colpo quello che ci tiene e che fa il geloso, la vita è mia e se voglio saltare un servizio tu sei l'ultima persona a cui chiedo il permesso! Resta fuori dalla mia vita! Non siamo amici o nulla quindi fatti i cazzi tuoi e lasciami fare ciò che voglio!" urlai. Lui mi guardò freddamente, ma nei suoi occhi c'era qualcosa... tipo delusione o tristezza.
"Ok." sibilò e uscì dalla stanza passandosi una mano tra i capelli.
Cosa sono questi? Sensi di colpa? Oddio ma davvero? Mi odio.

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Lovin' you ain't easy || Sascha Burci-LaSabriGamerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora