Cap. 9 Evan

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La vecchia camera da letto che Evan usava quando era un adolescente, fu inondata dalla luce artificiale che proveniva dal lampadario sul soffitto. Le tende erano tirate non permettendo ai raggi del sole di illuminare tutti gli oggetti che aveva lasciato dopo essersi trasferito con Trey verso il centro di Bloomfield.

I genitori di Evan abitavano in periferia e per anni aveva dovuto pedalare sulla sua bici di seconda mano per più di otto miglia per avvicinarsi al centro abitato dove c'era la scuola, il suo primo lavoretto part-time e il luogo di incontro dei suoi amici. Quella vecchia casa di legno color sabbia, dal tetto rosso ruggine e dalle imposte verde muschio, non era mai stata un ornamento urbanistico di grande livello, era una casa semplice, modesta.

Trey aveva sempre detto di amarla profondamente e di trovarla accogliente e magica; per Evan era assolutamente nella norma, uguale a tante altre case che si trovavano lungo la strada. Negli anni non aveva mai analizzato profondamente le considerazioni del suo migliore amico, ma crescendo aveva iniziato a dirsi che i pensieri di Trey non avevano nulla a che vedere con la casa di per sé. Si trattava del calore familiare che ci trovava dentro ogni volta che varcava la porta.

La madre di Evan lo aveva sempre trattato come un figlio, viziandolo quasi più di Evan, e suo padre gli aveva insegnato a guidare, a tagliare il prato, a fare il nodo alla cravatta. I suoi genitori avevano accettato Trey fin dalla prima volta che lo avevano visto, non avevano mai chiesto perché andasse da loro a mangiare quasi tutte le sere, non avevano mai chiesto dei lividi sulle braccia e non avevano mai chiesto ad Evan di non frequentarlo. Avevano accettato Trey in maniera totalizzante, amandolo come se facesse parte della famiglia.

A testimonianza di questo amore per Trey, nella stanza di Evan, avevano aggiunto un letto componibile da usare ogni volta che Trey andava da loro per la notte. E quel letto era ancora lì, nascosto sotto il principale dove dormiva Evan.

Avanzò attraverso la stanza raggiungendo la finestra, aprendo le tende e il chiavistello per alzare il vetro facendo entrare la leggera brezza che proveniva dall'esterno.

Quella casa non aveva nulla di straordinario, ma adesso che i suoi si stavano trasferendo, lasciarla gli provocò un senso di vuoto nello stomaco. Vagò con lo sguardo verso le pareti ricoperte da vecchie stampe di film horror, sugli scaffali dove teneva i trofei di quando giocava a pallanuoto alle elementari, sull'ordinata scrivania, sulla libreria quasi vuota, sul letto perfettamente rifatto.

Quel letto era stato testimone di innumerevoli segreti, di parole sussurrate nel buio, di paure e di confessioni che non avrebbe mai potuto dimenticare. Nell'oscurità della notte Trey era sempre stato più coraggioso, gli aveva detto parole che non credeva di poter sentire in altri luoghi dove regnava la luce. Probabilmente il fatto di non guardarsi negli occhi aveva dato al suo migliore amico il via libera ai pensieri.

Inspirò lentamente pensando a quel momento in cui Evan aveva paura di aver perso Trey.

Il telefono vibrò contro il legno del comodino. Grugnì afferrandolo distrattamente per poi portarlo all'orecchio.

Catch the fireWhere stories live. Discover now