Cap. 19 Evan

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«Cazzo...»
Evan non aveva mai visto le sue mani tremare così tanto.
La fiamma tremolante dell'accendino non ne voleva sapere di incendiare la punta della sigaretta. Quella stupida fiammella continuava a muoversi come se avesse le convulsioni.
Sospirò con nervosismo ed iniziò a scuotere entrambe le mani per cercare di togliersi di dosso la sensazione di avere un intero formicaio che gli camminava sulla pelle. Voleva solo smettere di tremare.
Solo che non era così facile. Perché quel fastidioso tremolio invece di diminuire, continuava a scuoterlo fin dentro le ossa. Non solo le mani tutto il suo corpo stava rabbrividendo. La nausea ed il dolore sordo alla testa sembravano solo degli effetti collaterali dovuti a quell'incessante tremore.
Le pareti bianche del piccolo cubicolo sembravano esattamente quelle di un istituto di igiene mentale. Solo che Evan si era rinchiuso in un fottuto cesso. Nel vero senso della parola.
Riprovò di nuovo ad azionare la fiamma del suo accendino e dopo altri tre tentativi falliti, riuscì finalmente ad ispirare una buona boccata di fumo che gli arrivò dritto alla stomaco. La nausea salì lungo l'esofago bloccandosi il respiro gola.

Spostò le mani contro il lavandino di plastica stringendo le dita fino a farsi sbiancare le nocche.

"Ti amo"
Riusciva dolorosamente a sentire ancora la voce di Trey nella testa.

No, non era vero. Non era possibile. Trey non l'aveva detto sul serio.
Gemette piegandosi in avanti e tossì come a volersi liberare lo stomaco, dove si erano incastrate quelle parole. Vomitarle fuori non le avrebbe rese reali, ma solo eliminate definitivamente.
Strinse gli occhi con forza come se il fumo della sigaretta gli avesse offuscato la vista.
«Signore? Sta bene?»
No, non stava bene per niente. Voleva smettere di sentirsi in quel modo: impotente e con la sensazione di non riuscire a stringere tra le mani un pensiero coerente.
Il fatto che fosse chiuso nel bagno di un aereo in rotta verso Parigi a pensare al suo migliore amico, mentre all'arrivo lo attendeva il suo compagno, lo rendeva solo l'ennesimo maleducato che fumava dove non era consentito. O l'ennesimo stupido che non voleva affrontare qualcosa che gli avrebbe distrutto tutte le precarie certezze che aveva costruito in quattro mesi.

Lui stava con Jared. Stava andando in Europa per lui, si stava trasferendo in una delle città più romantiche del mondo. Avrebbe condiviso un appartamento lussuoso con un uomo dal fascino elegante. Jared era il sogno erotico di ogni omosessuale. Di ogni donna perfino. La sua eleganza, il suo modo di toccare le persone con gentilezza, la sua incredibile forza di volontà, la sua dolcezza. Era a dir poco perfetto. Non c'era nulla che non andasse, neanche un motivo valido per lasciarlo andare. E il sesso? Oh il sesso era grandioso. Ogni singola volta era meglio delle precedente. Faticavano a trovare in casa superfici disponibili dove non avessero scopato. Alcune volte sembrava indispensabile essere uno tra le braccia dell'altro, per un rapporto carnale e fisico, altre volte invece c'era molta più tranquillità. I rapporti con Jared potevano essere tutto tranne che noiosi. Poi c'era anche la sua incredibile intelligenza. Parlava quattro lingue e avevano la stessa passione per i vecchi film giapponesi sui samurai. Un uomo del genere come poteva non essere perfetto?
Solo che non è Trey.

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