XIV

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Christian

Tornai in macchina, guardando Aurora mentre entrava in casa.
Mi odiavo, e odiavo ancora di più mio padre.

Perché, fra tutti i giorni che aveva a disposizione, doveva scegliere proprio quello in cui Aurora era da noi?
Non poteva venire il giorno dopo, o meglio, mai.

Abbassai lo specchietto guardando il taglio, non sembrava molto profondo, e non faceva poi così male.
Non più almeno.

Sentivo la rabbia crescere, e andare a correre non aveva funzionato, non come le aaltre volte. Presi il cellulare e chiamai Stefano, che non mi rispose.

Solo dopo aver lanciato qualche bestemmia mi ricordai che era con Anna al cinema. Feci un lungo respiro e mettendo in moto provai a chiamare Andrea, l'unica altra persona a sapere, anche se non completamente, tutta la mia storia. E l'unica altra persona di cui mi fidavo ciecamente.

- Ehi tesoro, cosa succede? – rispose dopo il terzo squillo.

- Ehi, sei a casa? –

- No, sto rapinando una banca e la tua telefonata sta complicando un po' le cose – replicò sarcastica, anche se dalla voce sembrava serissima. – Dove vuoi che sia! –

- Magari eri con qualcuno –

- Ma fammi il piacere Chris – sbottò ridacchiando. – Ah, e già che vieni qui, passeresti al Mc a prendermi doppie patatine fritte - naturalmente non era una domanda - Grazie, sei un vero tesoro-

Alzai gli occhi al cielo e cambiai strada, in modo da poter prendere la nostra cena. Non era un'idea così cattiva, dopotutto.

Speravo solo che non ci fossero dei pirla davanti a me, o rischiavo seriamente di perdere il controllo.

Una ventina di minuti dopo ero sotto casa di Andrea, a citofonare e aspettare che qualcuno si decidesse a rispondere. Quel posto non mi era mai piaciuto, pieno di mal viventi, ma sua madre era stata licenziata varie volte e ora si ritrovavano in case dove l'affitto era più conveniente. Non era uno dei loro posti migliori, ma sapevo che volevano trasferirsi.

- Chi è? –

- Sono Christian –

- Ciao tesoro, preso il cibo? –

- Si – borbottai.

- Allora puoi salire –

Spinsi il cancello facendolo cigolare e attraversai lo spiazzo di cemento prima di entrare nel suo condominio.
Erano molto vecchi, e privi di ascensore, oltre ad avere muffa sui muri e pezzi di gesso a terra.

Arrivai al quinto piano e trovai la porta semichiusa, e senza esitare la aprii. – Ehi Andre, ho la cena –

La vidi spuntare poco dopo dalla cucina, pantaloni della tuta e una maglietta che le cadeva su una spalla. L'odore di fumo era dominante in quella casa, sia da dentro che da fuori.
Ma con mia madre ci ero abituato. E una volta fumavo anche io.

Il salotto non era molto grande, c'era giusto lo spazio per un divano e un mobile con sopra la televisione; una cucina a vista e un tavolino per tre persone attaccato alla parete, di un grigio perla.

La portafinestra era chiusa, ma le tende scostate lasciavano vedere gli altri palazzi. Non di certo la visuale migliore.

- Ho le birre – replicò passandomi una bottiglia e facendomi cenno di mettermi comodo.

Mi tolsi la giacca di pelle appendendola nella parete dietro la porta e presi la birra godendomi subito un lungo sorso.

Andre prese la busta dalle mie mani e si mise sul divano, per poi picchiare una mano accanto a lei. – Racconta cosa successe, a mamma tua, racconta– disse in accento napoletano, prendendo le patatine fritte e iniziando a mangiarle.

Io presi il mio Hamburger, decisamente più attraente, e gustai un paio di morsi prima di decidermi a parlare e a spiegarle tutta la storia.

Andrea poteva essere anche una stronza, ma era decisamente la persona più brava ad ascoltare che avessi mai incontrato.

Se capiva che si trattava di una cosa seria lei stava in silenzio e non diceva una parola, per poi cercare di essere più obbiettiva e imparziale possibile.
Magari non era la persona più delicata del mondo, ma era sicuramente la più sincera e affidabile.

- Bella merda – commentò con la bocca piena. – E lei? Non ti ha detto nulla? Non ha voluto sapere nulla? –

- No, te l'ho detto. Probabilmente era troppo sotto shock –

Andrea alzò gli occhi al cielo, bevendo un sorso di birra per mandare giù il boccone. – Andiamo tesoro, qualcosa avrà pur fatto –

- Mi ha abbracciato – ricordai, sentendo di nuovo il cuore battere forte, l'odore di lavanda inebriarmi le narici e un senso di leggerezza travolgermi. Era così che mi ricordavo il suo abbraccio. – Prima che me ne andassi. L'ho lasciata davanti a casa sua e lei mi ha abbracciato –

- Tesoro, ti rendi conto che stai sorridendo come un'ebete? –

Le tirai un pugno amichevole sul braccio. – Ehi – protestai. Non avevo un sorriso da ebete. Almeno credevo. – Cosa stai insinuando –

Andrea alzò le spalle con leggerezza. – Lei ti piace Chris. Per me è per questo che il fatto che abbia visto... tuo padre ti mette tanto in soggezione. Hai paura di cosa penserà e di come reagirà. Hai paura di perderla –

La guardai sgranando gli occhi. – Sicura di non studiare psicologia? Saresti un'ottima psicologa –

- Che due palle! Chi ha la voglia di stare ad ascoltare persone che si lamentano di quanto sia merdosa la loro vita! Grazie, ma la mia mi basta – e dicendo finì la sua birra, e poi anche la mia.

- Comunque non credo che cambierebbe qualcosa ammettere che mi piace o no – replicai, quando tornò con altre due birre.

Lei mi fissò interrogativa. – Perché? Obbiettivamente, sei un gran figo, e fidati, è impossibile non notarlo –

- Ci stai provando con me? – scherzai, facendola ridere.

- Sempre tesoro. E se ora non è interessata a te, magari è perché non riesce a vedere chi sei, o non so. Vuoi un consiglio? –

- Tanto me lo daresti lo stesso anche se dicessi di no –

- Si, vero. Il mi consiglio è: diventa suo amico –

Scoppiai a ridere. Mai sentito nulla di più ridicolo. – Io sono già suo amico –

Andrea scosse la testa, prendendo il telecomando e accendendo la tele. – No, così posso esserle amica anche io. Interessati a lei, a quello che le piace fare e queste robe qui. Falle vedere che ci tieni a lei, e che sei meglio di... come avevi detto che si chiama lo stronzo biondo ossigenato per cui ha una cotta? –

- Lorenzo –

- Ecco. Lei ha una cotta per Lorenzo, falle vedere che sei migliore di lui. Diventa amico di lei come lo sei con me. E poi diventerete molto più che amici. –

Scossi la testa, attirandola verso di me e circondandole la vita con un braccio, per poi baciarle la fronte. – Sei completamente pazza –

- Come vuoi. Cosa guardiamo? –

- Fanno Flash questa sera. Metti lì – proposi, e nel farlo guardai verso il suo cellulare, dove due messaggi erano appena arrivati.
Se ne accorse anche lei e li guardò.

- Chi è Martina? -

Andrea sorrise alzando le spalle. – Una con cui mi sento –

- Non ti sentivi con Giancarlo? –

- Bhe, sai che mi piace provare cose nuove –

Alzai gli occhi al cielo e continuai a bere la birra e a guardare l'uomo in calzamaglia rossa.

Non ero certo che la madre di Andrea sarebbe tornata a casa quella sera, mi aveva raccontato che a volte stava via anche giorni interi, senza chiamare ne dire nulla. Ma Andrea era maggiorenne, e sapeva badare a se stessa. Forse persino meglio della madre.

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