XV

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Aurora


Guardai Christian perplessa e confusa.

Veramente quelle parole erano uscite dalla sua bocca? O magari era una mia allucinazione, quella mattina non avevo fatto colazione e potevo avere un calo di zuccheri.

E non avevo neanche dormito molto bene, dopo quello che avevo visto a casa sua.
In effetti ero uno straccio, speravo solo di non ammalarmi, non volevo saltare la scuola.

- Scusa, non ho capito. Puoi ripetere? –

Lo vidi ridacchiare, probabilmente divertito della mia reazione. – Aurora, vorresti insegnarmi a cavalcare? –

- Un cavallo? – replicai, e solo dopo mi resi conto di quanto stupido fosse.
Era ovvio che intendesse un cavallo.

- No, un cane! Si, un cavallo –

- Perché? – so che poteva sembrare che stessi facendo il terzo grado, ma questa sua improvvisa, e strana, voglia di imparare mi puzzava parecchio.

Non si era mai interessato a me, se non per prendermi in giro qualche volta, e ora da quando avevamo iniziato quello stupido, e bellissimo, progetto di architettura e mi stava dando una mano con Lorenzo... ci doveva essere sicuramente sotto qualcos'altro. – Perché mi piacerebbe imparare. Da bambino non ne ho mai avuto la possibilità – spiegò, e mi sembrò sincero, anche se non ne ero certa al cento per cento.

- Non ho mai dato lezioni a nessuno, non potrei essere la migliore delle insegnanti – protestai, vedendo quanto il suo interesse fosse vero.

- Va bene, era solo per sapere cosa si prova ad andare a cavallo – sospirò al limite.

Alzai gli occhi al cielo, cercando di mantenere la calma e comportarmi da persona civile e gentile. – Va bene. Questo pomeriggio alle quattro? –

Lo vidi sorridere soddisfatto e pochi secondi dopo suonò la campanella.

Intervallo finito, si tornava a lavorare.

Anzi, dovevano consegnarci le verifiche di matematica, e al solo pensiero tremavo e mi si contorcevano le budella.

Era più forte di me, entrare in ansia. Anche se sapevo che avevo fatto tutti gli esercizi, che avevo studiato, la paura di fare qualche errore c'era sempre. E ci tenevo alla mia media del nove, non volevo rovinarla.

Quello che facciamo giorno per giorno a scuola serve per costruirci un futuro, un nostro bagaglio d'esperienza personale. Me lo aveva detto mia madre il primo giorno di scuola, e quando lo avevo detto a Lela lei mi aveva risposto con: " le esperienze le fai nella vita vera. Sai che odio la scuola, e che non penso al futuro".

Già, non ero la risposta che mi sarei aspettata, ma standoci a pensare era una risposta da Serena.

La professoressa Giuliacci entrò in classe ottenendo subito il silenzio, interrotto dalle domande se aveva corretto le verifiche.

- Si – sospirò lei, posandole sulla cattedra e mettendole in bella mostra. – Ora, faccio l'appello e ve le distribuisco. I voti sono già sul registro elettronico, e appena ognuno avrà in mano la propria verifica copierà le espressioni che ha sbagliato che le facciamo alla lavagna – annunciò prendendo il tablet e iniziando a chiamarci.

Alice si voltò verso di me. – Ho la sensazione che sia andata male – ammise.

- Come! Se eri bravissima alla lavagna! –

- Lo so, ma le equazioni di secondo grado della verifica, non so. Me lo sento dentro Auro, sono più agitata del solito –

Le presi la mano, per farle coraggio. – Dai, almeno la sufficienza devi averla presa! –

Più Che AmiciWhere stories live. Discover now