TU SEI MIA

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Come ho potuto fare una cosa del genere a lei? Alla sola persona a cui io tenga veramente? Cosa sono se non un mostro?

I must confess that I Feel like a monster.*

Era questo quello che pensava il Dio rinchiuso nella sua stanza. Anche lui si era rintanato lì, con l'intenzione di tenere tutti fuori dal suo mondo, come aveva sempre fatto dalla più tenera età.
Si guardò i palmi delle mani. Le stesse mani che avevano aggredito Cat solo qualche ora prima e che l'avevano così giustamente terrorizzata. Si affacciò alla finestra e vide che stava ancora piovendo, il cielo si era completamente oscurato, la pioggia si era infittita e fatta pesante, come il tormento che lo stava logorando. Non c'era alcun rimedio per lui. Cat non lo avrebbe perdonato, non questa volta. Lei che era sempre stata comprensiva e paziente con lui, non sarebbe riuscita a nascondere la paura che provava e il disgusto, non questa volta. Era sicuro di averglielo letto negli occhi. Aveva avuto paura di lui come non ne aveva mai avuta prima, nemmeno quando aveva scoperto quello che era e che stava facendo ad una città del suo mondo.
E come darle torto?
Lui era un mostro.
La ragazza aveva ragione, su tutto.
E adesso l'avrebbe persa.

Si avventò furioso sui soprammobili che aveva di fianco e li scaraventò a terra, rompendoli. Urlò, cadendo in ginocchio sulle mattonelle e i pugni stretti fino ad affondare le unghie nella carne.

Poi udì il rumore di una porta che venne chiusa in modo non molto delicato, molto probabilmente era stata chiusa con un calcio e dei passi provenire dalla camera adiacente la sua, quella di Cat. Si rialzò e accostandosi al muro, tese l'orecchio e studiò i rumori che provenivano da lì. Dopo un primo momento di silenzio, sentì il suono ovattato dello scroscio dell'acqua. Si distanziò dal muro, incerto su cosa fare.

Devo andare da lei e chiarire. Le devo spiegare.

S
i diresse verso la porta ma quando alzò la mano per girare la maniglia, si tirò indietro.

Con che coraggio mi presento alla sua porta? Non mi perdonerà mai per quello che le ho fatto.

Si arrese decidendo che non le avrebbe parlato; le avrebbe concesso un po' di tempo per elaborare la lite e magari, per perdonarlo. Si rinchiuse ancora di più in se stesso, oscurando l'intera camera con una magia e lasciando solo una piccola fiammella verde accesa, sulla quale si concentrò inchiodando i suoi occhi imperscrutabili.
Si ridestò dalla sua trance solo molte ore dopo, con un viso stanco e rassegnato. Si alzò, facendo fluire lentamente la luce artificiale all'interno della stanza, abituando gli occhi sottoposti all'oscurità per troppo tempo.
Posò l'orecchio alla parete per captare i movimenti dell'ospite ma non sentì rumori provenire dall'altra camera. La luna era alta e splendeva ormai all'apice del suo cammino e non era rimasta nessuna traccia del temporale. Era notte fonda e con ogni probabilità Cat stava dormendo ma se fosse stata sveglia le avrebbe dovuto raccontare molte cose, a partire dalla storia della sua vita, il perchè del suo carattere; tralasciando solo qualche secolo.
Senza pensare a quello che stava facendo - cosa molto strana per lui -, uscì a grandi passi dalla sua stanza per entrare silenzioso come un gatto, in quella della ragazza. Era pronto a qualsiasi cosa avesse da dirgli, anche che non lo voleva più vedere, ma perlomeno doveva vederla e parlarle.

And I beg for forgiveness.**

Quando entrò vide che stava dormendo scomodamente distesa sul letto, con le gambe leggermente piegate e il busto supino, il petto le si abbassava e alzava ad un ritmo regolare e calmo. Sul volto aveva dipinta un'espressione beata, forse stava sognando. Le si avvicinò cercando di non fare rumore ma si accorse che aveva le cuffie e la musica si sentiva anche a distanza.

La Gemma dell'AnimaWhere stories live. Discover now