Capitolo 2

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«Kakashi!»

La voce del piccolo cane ninja si propagò per tutta la foresta.

«Kakashi! Ka-Kakashi?» Inchiodò, affondando le zampette nella neve fredda. Non ricevette alcuna risposta dall'Anbu. Se ne stava lì, immobile, in ginocchio sul terreno ghiacciato, stringendo tra le braccia quella ragazza. 

Ferita, pallida, teneva gli occhi chiusi, quasi come se stesse dormendo. Una lieve smorfia di dolore tradiva quell'espressione all'apparenza così serena; abbondante sangue macchiava il kimono bianco, che copriva le sue esili forme.

Lo shinobi le avvolse intorno al collo la lunga sciarpa rossa, esattamente come aveva fatto il giorno prima. Se Pakkun non lo avesse conosciuto più di chiunque fosse ancora in vita, avrebbe visto in quel gesto tanto lento e delicato qualcosa di ben più grande del senso di dovere.
Sì, perché quella creatura tanto fragile ed indifesa, era la chiave per il successo della missione, ormai divenuta di rango S. Era certo che Kakashi avesse compreso molto bene la situazione.

Rimessa la maschera, si alzò piano, sollevando la ragazza. I lunghi capelli d'oro si liberarono dalla disordinata treccia nella quale erano stati accuratamente raccolti, ricadendole sulle spalle ed ondeggiando nell'aria fredda. Le lunghe ciglia avevano imprigionato una lacrima, l'unica riuscita a sfuggire al suo controllo.

«Andiamo.» disse con voce ferma, lo sguardo rabbuiato che fissava in direzione del villaggio.

«Ma Kakashi, la missione-»

«No, Pakkun.» lo interruppe, non ammettendo ulteriori obiezioni «Dobbiamo portarla al villaggio. Ha bisogno di cure.»

E, in quel momento, Pakkun vide negli occhi dell'Anbu qualcosa di diverso. Per un momento, parvero brillare di una luce nuova, quasi inquietante. 

Stava davvero per mandare tutto a monte per una ragazzina? 

Di certo, anche se fosse morta, avrebbero trovato un altro modo per raggiungere il nukenin, loro obiettivo da settimane. E la sua perdita non sarebbe stata che una delle tante viste e vissute dallo shinobi. Eppure, quella volta pareva che avesse paura di lasciarla andare. 

Conosceva bene la storia del suo padrone e, sebbene segretamente, in cuor suo aveva sempre sperato che potesse ritrovare la pace con se stesso e dimenticare quella dannata promessa.
Ma certe cose non si possono semplicemente dimenticare. A volte, voltare pagina è troppo difficile. Il ricordo ritorna ogni notte, come un'ombra, a tormentare il sonno.
Ed il vuoto nell'anima ricomincia a fare male, tanto da togliere il respiro; a consumare ogni lacrima, in silenzio, lentamente.

«Andiamo.» ripeté in un sussurro, come se cercasse di convincersi, per poi spiccare un potente balzo e sparire nella foresta, seguito a ruota dal cane ninja. 

Era la prima volta che metteva una missione in secondo piano; ne valeva davvero la pena? 

Dal primo momento in cui aveva incrociato lo sguardo di quella creatura così fragile, qualcosa in lui si era mosso.  Aveva provato qualcosa di molto simile alla paura; in quegli occhi aveva visto sé stesso, la sua stessa sofferenza, la sua stessa solitudine. Era bastato quello per fargli sembrare di conoscerla da sempre, per illuderlo di aver trovato qualcuno che riempisse quel dannato vuoto.

Nella sua vita aveva commesso solo errori, pagati con la vita delle persone a lui più care. Ma, quella volta, non avrebbe permesso a nessuno di portargli via quella ragazza, così diversa eppure così simile alla sua, alla loro Rin.

L'aria sibilò, la maschera di porcellana si rigò con uno stridulo, una forte esplosione scaraventò l'Anbu contro un albero. Se non fosse stato per lo Sharingan, l'arma gli avrebbe trapassato il cranio.

FadedWhere stories live. Discover now