Capitolo 24

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"Ogni volta che decidi perdi qualcosa. Qualunque cosa tu decida. È sempre questione di capire cos'è che non sei disposto a perdere"
                                 
                                    (F. X. Stork)

Draco scivolava tra le ombre e le ombre scivolavano insieme a lui, in una lenta danza che ormai era diventata di abitudine per lui. Il sole era appena tramontato, i suoi raggi volteggavano ancora nell'aria, dipingendo le mura del castello di un vivace arancio intenso. I passi del biondo erano rapidi ma silenziosi, ormai dopo tutte le notti passate a sgattaiolare fuori dal dormitorio per dirigersi nella Stanza delle Necessità, aveva imparato come passare inosservato. Nemmeno i quadri si accorgevano di lui, mentre scivolava per i corridoi, confondendosi con l'oscurità che ammantava gli intricati corridoi di Hogwarts; passava sotto il naso di Gazza e l'uomo neanche lo degnava di uno sguardo, talmente era diventato bravo nel mimetizzarsi.
I suoi muscolo, però, continuavano a rimanere tesi, pronti a scattare in un momento di necessità. Le dita pallide e affusolate ci avrebbero impiegato un nanosecondo per raggiungere la bacchetta, infilata nella tasca dei pantaloni scuri. Benché in quei giorni si fosse sentito più spensierato e maggiormente felice, il compito che il Signore Oscuro gli aveva affidato continuava a rimanere nella sua testa. Il Marchio sul suo braccio non era altro che un perenne monito, che bruciava dolorosamente sulla sua pelle diafana. Ogni volta che si vedeva con la Granger, nella sua testa risuonava l'irritante vocina della sua coscienza: Ricordati ciò che devi fare, gli diceva in tono pestifero. Ed era a quel punto che i suoi occhi si facevano più distanti, che le sue mani sfuggivano al contatto con il corpo della ragazza e che le sue labbra si serravano, facendo calare un lungo silenzio tra loro due.
Hermione non aveva più alluso al Marchio Nero o a Voldemort, tuttavia Draco sapeva che entro poco sarebbe tornata all'attacco, chiedendogli delucidazioni su tutta quella storia. Malfoy aveva intuito che la giovane strega stava facendo di tutto per rendere magici i momenti che trascorrevano insieme, ed era per questo che non affrontava mai argomenti troppo impegnativi. La maggior parte delle volte stavano nella vecchia stanzetta impolverata, alle volte semplicemente abbracciati, Draco con la schiena al muro e Hermione appoggiata al suo petto con qualche libro sorretto sulle gambe;  altre, i loro corpi si richiamavano come due calamite, bisognosi di toccarsi, accarezzarsi, baciarsi.
Stranamente, ragionò Draco mentre si dirigeva verso i dormitori Serpeverde, non era così male stare semplicemente in silenzio a guardarla studiare, oppure sentirla pronunciare a fior di labbra le parole stampate sulle pagine ingiallite dei libri. Anche Divinazione appariva più interessante, se era la Granger che spiegava. Chissà perché ma le parole, pronunciate da labbra così seducenti e che conosceva meglio di chiunque altro, erano più dolci, attraenti. Forse avrebbe dovuto... Il pensiero che stava nascendo nella sua mente fu bruscamente interrotto da qualcuno che lo strattonava, costringendolo ad appiattirsi contro il muro di pietra. Una mano corse a coprirgli la bocca, impedendogli di pronunciare anche una semplice parola, e la punta di una bacchetta gli punse la gola poco sotto il mento.
Gli occhi chiari del ragazzo si spalancarono leggermente, ma non appena riconobbe l'uomo che aveva davanti, sentì i muscoli rilassarsi notevolmente. Avere a che fare con Severus Piton non era mai un piacere, eppure non poté non sentire un lieve senso di sollievo farsi strada dentro di lui. Poteva capitargli di peggio.
Quando vide che si fu calmato, Piton tolse la mano, continuando però a mantenere la bacchetta alla sua gola. -Di ritorno da un incontro con la Granger, Malfoy?- seppur con espressione lievemente rabbiosa e occhi minacciosi, il suo tono di voce rimase piatto e glaciale.
L'espressione sul volto di Draco bastava come risposta: le sue pupille si dilatarono per la sorpresa, le labbra si dischiusero di colpo ed un tremito improvviso gli scosse il petto. -Non so di cosa stia parlando- sibilò a denti stretti, anche se ormai era troppo tardi per negare l'evidenza. Il suo corpo aveva parlato ancora prima che potesse aprir bocca. Si dimenò, finché la presa ferrea del professore si indebolì, fino a lasciarlo andare del tutto.
Severus lo fissò con aria sprezzante, le labbra distorte in una smorfia di dissenso. -Hai coinvolto la Granger- calcò volutamente sul nome della ragazza, assottigliando gli occhi scuri a due fessure gelide. -Sai che cosa vuol dire questo?- fu la sua successiva domanda.
Malfoy sentiva lo stomaco in subbuglio, avrebbe voluto vomitare direttamente sulle scarpe di Piton, ma riuscì a trattenersi. La vista era vagamente appannata, il fiato gli raschiava la gola in modo fastidioso, le ginocchia sembravano essere diventate improvvisamente di gelatina tanto che dovette reggersi al muro per non precipitare a terra. Artigliò la pietra fredda con le dita, mentre il cuore perdeva battiti, sfarfallando in modo doloroso. Ecco, in quel momento provava dolore. Non il tipico dolore fisico che aveva provato tante altre volte, ma un dolore interno. Sentiva il dolore al cuore, come se una miriade di aghi lo stessero trafiggendo, sprofondando sempre più a fondo e causandogli fitte lancinanti. Un dolore nuovo, mai provato e che mai avrebbe voluto provare. Un dolore causato dal pensiero che la Granger potesse essere in pericolo, per colpa sua. Per colpa sua. Quelle tre semplici parole erano come una martellata sulla testa, uno schiaffo in pieno viso, una pugnalata in pancia. Tutta colpa sua.
-Io non le ho detto niente!- ringhiò all'improvviso, rabbioso verso quell'uomo che aveva appena fatto crollare il suo fragile senso di benessere. Voltò di scatto il viso verso Severus Piton, graffiando la pietra del muro con le unghie. -Non le ho detto proprio niente- ripeté, cercando di convincere anche se stesso. In effetti, a parte del Marchio Nero, Hermione Granger non sapeva altro. Ma era abbastanza ed il ragazzo lo sapeva meglio del professore.
L'uomo scosse il capo, allibito dalla stupidità del suo protetto. -Quanto credi che ci metterà la Granger a capire quello che sta succendendo?- la sua voce non era altro che un basso mormorio appena percettibile, che tuttavia arrivò alle orecchie di Draco con la potenza di un grido che gli ferì i timpani. -Ammesso che non ci sia già arrivata...- aggiunse Severus, con lo sguardo ancora saldo sul ragazzo.
Era la prima volta che Draco si sentiva così, che provava un turbamento così profondo per una persona che non fosse lui. Pensare che la Granger potesse correre qualche pericolo, che un Mangiamorte potesse anche solo sfiorarla, gli faceva rivoltare lo stomaco. Avrebbe ucciso chiunque si fosse messo sulla strada di Hermione. -Non succederà!- si dovette trattenere dall'urlare. Il sangue gli ribolliva nelle vene, scorrendo come un fiume di fuoco. -Non scoprirà mai...-
-Succederà!- lo interruple bruscamente Piton, zittendolo. -Devi fare qualcosa per rimediare, Malfoy, prima che sia troppo tardi-
-Co... cosa?!- forse per la prima volta in vita sua, Draco balbettò vacillando di fronte alla cruda verità. Guardò il professore di Difesa contro le Arti Oscure, cercò di capire se fosse una sorta di bluff - anche se l'idea era del tutto improbabile e anche un po' ridicola. Serrò le mani a pugno, costringendosi a non serrare le dita attorno alla bacchetta per colpire Piton con un incantesimo. Sarebbe stato sciocco e molto poco proficuo per lui.
-Risolvi il problema, o toccherà a me farlo- ripeté poi l'uomo. Ancora pochi istanti, dopodiché Draco poté osservare la sua figura scura che si allontanava lungo il corridoio.

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