Capitolo 25

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Non c'era riuscito, ma in fin dei conti come avrebbe potuto? Come poteva guardarla in faccia e pronunciare quell'odioso incantesimo, che avrebbe comportato la sua perdita della memoria? No, doveva trovare un'altra soluzione, perché doveva esserci
un'altra soluzione, una seconda possibilità che non avrebbe comportato la perdita della Granger. Fu solo a quel punto, forse, che si rese veramente conto di ciò in cui si era andato a cacciare, dei reali sentimenti che stavano iniziando a crescere a
dismisura nel suo petto.
Seduto nella camera, del dormitorio Serpeverde, Draco Malfoy sentì il proprio cuore accartocciarsi come carta bruciata, non appena i suoi pensieri virarono su cosa potesse voler dire rinunciare a Hermione Granger. Non fare niente, però, avrebbe significato far correre dei rischi alla ragazza, e anche a questo pensiero la sua mente si ritrasse, inorridita.
Prese un pezzo di pergamena, lisciandone la ruvida ed ingiallita superficie, mentre con l'altra mano afferrava una piuma bianca già intinta d'inchiostro. Aveva i battiti
assordanti del proprio cuore che gli riempivano le orecchie, gli occhi colmi della figura della ragazza, mentre la sua mano iniziò a muoversi dapprima lentamente e poi sempre più velocemente, sulla carta. La punta della piuma grattò contro la sua superficie, producendo un flebile rumore incapace di oltrepassare il muro dei suoi pensieri.
Cara Hermione... No! Cancellò e riscrisse: Hermione...Così andava meglio.
Non so come iniziare questa lettera, in realtà non credo che avrò abbastanza coraggio per consegnartela, per vedere l'espressione piena di coscienza che ti comparirebbe sul volto, non appena coglierai il senso delle mie parole. Non sopporto l'idea di doverti strappare via una parte molto importante di te, una parte che, tra l'altro, è decisamente preziosa anche per me. Non sopporto di pensare a ciò che stavo per fare l'altra sera, quando non sono riuscito a sopportare il peso delle emozioni; a dire il vero, non sopporto neanche l'idea di non essere riuscito a fare ciò che era più giusto per te.
Finora, queste non sono altro che parole per te, parole vuote e prive di significato, ma lascia che io ti spieghi prima che sia troppo tardi, prima che tu venga a sapere ciò che ho fatto da bocche estranee. Ciò che devo fare...
No! Con un gesto rabbioso scaraventò pergamena e piuma sul pavimento,
trattenendosi a stento dal produrre un grido di frustrazione. Non poteva scaricarle addosso quel peso... il peso che doveva portare da solo, sulle proprie spalle. Non poteva cadere in tentazione di fare l'egoista, anche se, per tutta la sua vita, non aveva fatto altro.
Lanciò uno sguardo alla sua scrittura elegante e raffinata, a quelle parole che stavano per sgorgare dall'inchiostro nero di cui la punta acuminata della piuma era intrisa.
Fece un ghigno amaro, afferrò la bacchetta e incenerì la carta, che iniziò ad accartocciarsi su se stessa, finché non divenne altro che cenere, sul pavimento di pietra.
Non poteva, non ancora.

                               ***

A due giorni di distanza, Hermione Granger non sapeva ancora come definire il proprio stato d'animo: era forse turbata, dopo aver visto Malfoy in quello stato? Provava forse paura, dopo essersi resa conto che anche il ragazzo dai chiarissimi capelli biondi provava emozioni umane? Beh, di sicuro era preoccupata, come mai lo
era stata prima di allora; lo stomaco era perennemente contratto, attorcigliato e pronto a causarle spasmi di dolore. Nelle ultime notti che l'avevano separata da quell'avvenimento, Hermione non era riuscita a chiudere occhio, sprofondando solo di tanto in tanto in un sonno infestato da incubi che le avevano fatto spalancare gli occhi col fiato mozzato. Al risveglio, sinceramente, non avrebbe saputo dire che cosa effettivamente aveva sognato; si ricordava solo che la costante di tali terrorizzanti incubi, era un buio palpabile, talmente intenso che pareva strisciarle addosso, avvolgerla, stritolarla, agghiacciandola fin dentro le ossa. Non sapeva se dietro le palpebre abbassate, Draco Malfoy facesse la sua comparsa, contaminando la sua mente anche da dormiente. Forse sì, anzi, quasi sicuramente, dato che il suo ultimo pensiero la sera ed il suo primo la mattina era proprio il Serpeverde. Come fosse diventata così ossessionata da lui, ancora doveva ben capirlo.
-Hermione?- la voce di Ginny la richiamò al presente, alla calda Sala Comune in cui erano riuniti lei, la giovane Weasley, i suoi due migliori amici e Neville Paciock.
Sbatté le palpebre più e più volte, giusto il tempo per abituare i propri occhi stanchi alla luce proveniente dalle ultime braci del fuoco, acceso poco prima nel camino. Non
sapeva quanto tempo fosse passato dall'ultima volta che aveva aperto bocca ma, a giudicare dalle facce dei suoi amici, abbastanza per farli preoccupare. Sbatté ancora una volta le palpebre, leggermente assonnata. Come era ovvio che fosse, il sonno le tendeva agguati sempre nei momenti meno consoni, facendola appisolare con la testa sommersa da cupi pensieri. -Sì, scusate- borbottò con la voce impastata da lieve confusione, derivante dal suo precedente stato di dormiveglia. -Devo essermi addormentata senza rendermene conto- continuò, stiracchiandosi e
costringendosi a fingere un sorriso di scuse. Le labbra ebbero uno spasmo e niente di più, ma gli altri non sembrarono porgli importanza.
-Forse dovresti andare a dormire, Hermione, non hai una bella cera- commentò Neville, usando il tono più delicato che poté per addolcire il senso della sua frase.
Al solo pensiero di addormentarsi, rischiando così di ripiombare in ben poco piacevoli incubi, fece rabbrividire la giovane strega, la quale si strinse nella divisa e scosse caparbiamente la testa. -Non ne ho bisogno, sto bene- mentì spudoratamente.
Era palese per tutti i presenti che le sue parole fossero una menzogna: dopotutto le occhiaie scure, che portava da due giorni sotto gli occhi, ne erano una chiara testimonianza. -Evitate di fare quelle facce, ragazzi- commentò poi, vedendo gli occhi dei quattro puntati su di sé e sentendosi punta sul vivo. -Di che cosa stavate
parlando?-
Riuscendo a spostare il discorso in una zona più neutra, Hermione venne a sapere che Ginny e Harry si erano finalmente sbarazzati del diario del Principe Mezzosangue, il quale aveva portato già fin troppo scompiglio nel comportamento del suo amico.
Guardandolo attentamente, poi, si rese conto delle frequenti occhiate che lanciava alla ragazza dai fiammanti capelli rossi, seduta vicino a lei sul divano. E notò anche che Ginny sembrava ricambiare tali sguardi, incurvando gli angoli delle labbra in lievi – ma pur sempre presenti – sorrisi.
-Sono felice che te ne sia sbarazzato, Harry- commentò con un sospiro di sollievo la ragazza, sentendo che – a poco a poco – i nervi si stavano lievemente rilassando.
L'amico le rivolse un sorriso sincero. -Credo che fosse la cosa migliore da fare- commentò con un lieve cenno del capo, risultando un po' impacciato e imbarazzato. Probabilmente, stava pensando a ciò che era successo nei bagni di Mirtilla Malcontenta, quando Malfoy aveva rischiato di morire dissanguato, se non fosse stato per il tempestivo intervento di Hermione. La giovane strega si ricordava ancora la stretta di apprensione che le aveva serrato la bocca dello stomaco, ma all'epoca i suoi sentimenti nei confronti di Draco non si erano ancora sviluppati, al contrario era
ancora pienamente diffidente nei confronti dell'altro. Eppure... nonostante fosse palesemente preoccupata per Harry, da una parte tale preoccupazione era anche
indirizzata al biondo che, steso sul freddo pavimento dei bagni, rabbrividiva ed emetteva brevi lamenti.
Si riscosse nuovamente dal suo breve stato di trance, prendendo consapevolezza del fatto che era già molto tardi. -Oddio, sono in ritardo!- esclamò di punto in bianco, senza capacitarsi di come potesse essere stata talmente stupida da dimenticarsene.
Balzò in piedi, ravviandosi i capelli che non erano altro che un ammasso di ricci disordinati, molto simili al nido di un uccello e salutò frettolosamente i suoi amici, i quali la guardarono uscire dalla Sala Comune con espressioni preoccupate. Senza che potesse accorgersene, i quattro si scambiarono occhiate perplesse, non
tanto per la veloce uscita di scena di lei, quanto per il suo comportamento degli ultimi tempi: che cosa stava capitando a Hermione Granger, da indurla addirittura a non dormire la notte?
-Dovremo parlarle, prima o poi- commentò Ginny, piena di apprensione. -Non sembra stare molto bene- i suoi occhi chiari incontrarono quelli del fratello e degli altri due amici. Quando si incatenarono a quelli di Harry, il suo cuore ebbe un attimo di sussulto.
-Le parlerò io- annuì piano Harry Potter, lanciando una breve occhiata alla porta da cui era uscita la Granger. Ormai troppo lontana per poter udire quelle poche parole scambiate tra i suoi amici, Hermione si ritrovò a correre fra i corridoi della scuola, con i suoi passi che echeggiavano tutt'intorno. Dopo aver sceso una rampa di scale, arrivò finalmente
davanti alla porta della sua meta e bussò con lieve esitazione, ritrovandosi con la mente affollata da numerosi pensieri, i quali vennero tuttavia spazzati via dalla scura
figura dell'uomo che le si annunciò davanti.
Piton socchiusi gli occhi, fissandoli freddamente su di lei. -Signorina Granger...- disse con voce piena di amara diffidenza. -É in ritardo- aggiunse, facendosi da parte e lasciando che la giovane strega entrasse nella stanza.
Essendo situato nei sotterranei del castello, l'ufficio del professor Severus Piton era buio e poco confortevole, tanto che la ragazza si strinse nel maglione della divisa e si guardò attorno quasi con circospezione. Piton le indicò una sedia e la ragazza si chiese per la prima volta che cosa volesse da lei il professore; infatti,
precedentemente non si era posta troppi quesiti, presa com'era dai suoi problemi con Draco Malfoy. Quel ragazzo, si accorse per la millesima volta, le stava prosciugando tutte le energie, distogliendo la sua attenzione da altre cose altrettanto importanti: i
suoi amici, per esempio, oppure lo studio – anche se continuava ad eccellere in ogni materia.
Accomodandosi sulla scomoda sedia, Hermione sentì lo stomaco ingarbugliarsi per il disagio. Non era mai stata convocata nell'ufficio di un professore, fatta eccezione in rare volte in cui era stata la McGranitt a chiamarla.
Fece per aprir bocca, nemmeno lei sapeva per dir che cosa, forse per chiedere delucidazioni all'uomo che si trovava davanti a lei, tuttavia dalle sue labbra non riuscì ad uscire neanche una sillaba. Piton alzò la bacchetta nella sua direzione, sibilando a mezza voce: -Oblivion-.

                              ***

Scusate, scusate, scusate!! Davvero non so dirvi quanto mi dispiace per i miei tempi da bradipo nell'aggiornare; sono conscia del fatto che vi faccio aspettare sempre molto, ma vi chiedo umilmente scusa! Io per prima vorrei riuscire a scrivere i capitoli più velocemente, ma davvero non riesco (sarà forse per colpa del fatto che sto cercando di scrivere dieci storie contemporaneamente). In più, non sono per niente fiera di questo capitolo, avrei voluto scrivere qualcosa di più "wow", ma ahimè questo capitolo era essenziale in quanto "capitolo di transito" per quello che verrà poi. Spero ugualmente che possa piacervi, nonostante l'assenza di dramione; in particolar modo, che cosa ne pensate del finale?
Come sempre, vi chiedo di farmi sapere cosa ne pensate con voti e commenti. Vi ringrazio infinitamente per la vostra pazienza!

lastelladelmattino✩

Ps: scusate se non rispondo subito ai vostri commenti, ma purtroppo a volte non mi arrivano le notifiche e così passano addirittura mesi prima che riesca a rispondervi 😅

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