Capitolo 2

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Ecco qui anche il secondo capitolo!Spero che piaccia, non solo questo capitolo in particolare, ma la fanfiction in generale e che in futuro ci siano commenti (positivi o negativi che siano), così da poter capire se piace o se c'è invece qualcosa che non va.
Nel frattempo vi auguro ancora buona lettura!!
Baci

***

La cena era stata veloce e particolarmente piacevole, soprattutto dopo aver pianto ininterrottamente per mezz'ora nel bagno delle ragazze. Non era da lei essere così sensibile, solitamente si comportava in modo misurato e difficilmente si lasciava andare alle lacrime, ma dopo tre lunghi mesi passati a casa, non era più abituata alle parole cattive che Malfoy gli propinava da ormai sei anni. Credeva di averci fatro il callo, insomma, era risaputo che quel ragazzo non sarebbe cambiato, in fin dei conti con la famiglia che si ritrovava... Persa nei suoi pensieri, mordicchiò la gomma della matita che teneva in mano, inspezionando senza farci nemmeno caso i libri sullo scaffale davanti a lei.Alla fine, si era rintanata davvero in Biblioteca, perchè di restarsene nella Sala Comune non aveva proprio voglia, nonostante avesse molte cose di cui parlare con i suoi amici; sapeva, comunque, che Harry e Ron avevano trovato sicuramente come occupare il tempo in sua assenza.
Tornò a leggere il testo che aveva davanti, piuttosto annoiata. Sapeva che quella di stare in Biblioteca a studiare era stata una sua idea, tuttavia stava cominciando ad innervosirsi: si sentiva un po' troppo sola, nascosta tra gli alti scaffali straripanti di libri, e avrebbe tanto voluto che ci fosse qualcuno con lei. Sentiva l'ansia montarle dentro ogni volta che rimaneva da sola, come se ci fosse stato qualcuno in agguato che era pronto ad assalirla.
Alzò di nuovo lo sguardo, chiudendo di scatto il libro che stava cercando di studiare già da un'ora. Aveva fallito abbastanza miseramente, ma dopotutto era il primo giorno che passava a Hogwarts, a che cosa stava pensando quando aveva preso in mano i libri e si era seduta lì? Quasi sicuramente stava facendo una figuraccia con tutti quanti, compresi Harry e Ron che, nonostante la conoscessero, era sicura avrebbero gradito la sua compania.
Respirò piano, inalando il profumo di pergamena e inchiostro, mentre si arrotolava una ciocca di capelli attorno al dito, gli occhi persi nel vuoto. Le mancavano i suoi genitori, casa sua, la camera da letto che l'aveva vista crescere, interamente tappezzata di poster... persino i suoi vicini rompiscatole che non la salutavano mai le mancavano! Ti accorgi di quanto sei affezionato a qualcosa, solo quando la perdi. Un altro sospiro. Avrebbe tanto voluto mettersi a piangere ancora una volta, ma sapeva che se avrebbe ceduto alle lacrime non sarebbe mai riuscita a smettere. Quel pomeriggio ne era stato la prova: a stento, infatti, era riuscita a controllare lacrime e singhiozzi; si era sforzata solo perché le si era avvicinata Mirtilla. Odiava quando qualcuno la vedeva piangere, soprattutto perchè quel qualcuno, poi, le avrebbe posto delle domande a cui non sapeva o non voleva rispondere. Conclusione: non doveva lasciarsi andare un'altra volta.
Raccolse le proprie cose e si alzò dalla postazione, con l'intenzione di andare al dormitorio e raggiungere gli amici. Uscì dalla Biblioteca, ormai erano quasi le undici e mezza e i corridoi erano deserti; fu forse per quello che si accorse facilmente di lui, e poi anche perché in primo luogo, si guardava attorno con fare un po' troppo sospettoso, e in secondo luogo era troppo abituata a vedere la sua capigliatura platino, che sotto la luce calda delle fiaccole sembrava mandare bagliori argentei.
Hermione strinse gli occhi a due fessure, mentre Malfoy svoltava l'angolo e spariva dalla sua vista. Non dovette nemmeno pensare a che decisione prendere, perché i suoi piedi si mossero ancor prima che se ne accorgesse, e così si ritrovò a inseguire di soppiatto Malfoy per i lunghi e vuoti corridoi di Hogwarts. Doveva quasi correre per stare al passo veloce del ragazzo, ma la Grifona era troppo curiosa per lasciare perdere: Draco Malfoy, l'aguzzino che la perseguitava da anni, che scorrazzava qua e là per la scuola, quando tutti erano ormai nel proprio dormitorio, e in più con quell'aria da "io-non-sto-facendo-proprio-niente".
Aveva il cuore che le batteva in gola, mentre le pulsazioni le rimbombavano così forti nelle orecchie che si stupì di non essere già stata smascherata nell'atto di pedinare il suo peggior nemico. Per non parlare del fatto che, più di una volta, rischiò di inciampare nei suoi stessi piedi: Malfoy doveva essere davvero preso da quello che stava facendo - o stava per fare -, per non sentire i suoi mugugni di protesta. Ma tanto meglio così per lei, non aveva intenzione di lasciarselo sfuggire; se avesse raccolto qualcosa di un tantino compromettente, magari, sarebbe riuscita a rinfacciare a quell'essere schifoso tutti gli anni di tortura che le aveva inflitto. Era stanca di dover sempre incassare i suoi colpi bassi: questa volta era giunto il momento di contraccambiare.
Quando giunsero all'ennesimo incrocio di corridoi, Hermione lo vide fermarsi di scatto e, per un terribile lasso di tempo, pensò che l'avesse scoperta e si stesse per voltare verso di lei. In quel corridoio spoglio di ogni cosa, Hermione impietrì e fu pronta a sfoderare la bacchetta, nel caso lui si fosse effettivamente voltato. Ma Draco continuava a starsene lì, immobile come una statua. La ragazza stava per fare dietrofront, quando qualcosa, nella parete di fronte al ragazzo, cominciò a mutare. Dalle mattonelle sconnesse di pietra, cominciò ad emergere qualcosa... e Hermione ci mise solo una frazione di secondo per capire che cosa stava succedendo: la Stanza delle Necessità, Malfoy era proprio davanti alla stanza che, appena un anno prima, lei e i suoi amici avevano scoperto.
La porta era proprio lì, davanti a loro. Malfoy, questa volta, non si preoccupò nemmeno di guardarsi alle spalle per assicurarsi che non ci fosse nessuno, semplicemente aprì la porta ed entrò nella Stanza. Per Hermione sarebbe stato facilissimo seguirlo all'interno di essa, se non fosse stato che, proprio in quel momento, una voce bassa e severa la fece pietrificare sul posto: -Signorina Granger, mi sorprende vederla girovagare per i corridoi a quest'ora tarda della sera-.
Lentamente, si voltò, incontrando così gli occhi scuri e freddi di Piton. Sfoderò il suo miglior sorriso falso e disse: -Stavo giusto per andare al dormitorio, professore- allargò il sorriso, mentre cercava di capire da che parte dovesse andare. Classico, quando tenti di sembrare sicura di quello che stai dicendo, cominci a fare la figura della totale idiota - a chi non è mai capitato? Hermione decise di incamminarsi verso la direzione da cui era arrivata,sospirando di sollievo quando vide che Piton non cercava di fermarla: in quel momento, voleva solo tornare nel proprio dormitorio, per nascondersi sotto le coperte. Desiderava dimenticare quello che aveva visto e, allo stesso tempo, voleva scoprire di più: perchè Malfoy girovagava per i corridoi della scuola a quell'ora tarda? Ma dato che quella domanda si poteva benissimo ritorcere anche contro di lei, il vero punto interrogativo era che cosa cercasse il ragazzo nella Stanza delle Necessità. Per quella sera, comunque, non ci sarebbero state risposte e Hermione doveva mettersi il cuore in pace, almeno fino alla mattina seguente.

***

Insieme ai pensieri tempestosi che non gli lasciavano tregua, ci si metteva anche l'ansia. Quell'emozione non si adattava per niente al suo essere, che non aveva mai dovuto preoccuparsi di nulla, se non di insultare e offendere le persone che lo circondavano. Ma quel meccanismo, ormai, non funzionava neanche più: chiamare le persone con nomignoli perfidi, fare commenti malvagi sui Nati Babbani e sulle famiglie più povere... oh no, quel trucchetto era vecchio e non gli faceva più né caldo né freddo. Era inutile tentare di allontanare da sé le persone, il suo comportamento villano aveva fatto sì che nessuno lo volesse più accanto a sé; in realtà, non gli importava granché di quello che gli altri pensavano di lui, o di come lo guardassero mentre passava per i corridoi... se quell'anno nessuno gli stava tra i piedi era molto meglio così. In caso contrario, infatti, avrebbe dovuto trovare molte spiegazioni come, per esempio, perché stesse vagando per i corridoi alle undici e mezza di sera, quando tutti erano ormai rintanati nei rispettivi dormitori. Una risposta sensata per quello non avrebbe potuto trovarla, soprattutto dal momento che continuava a guardarsi attorno con fare un po' troppo sospetto, quasi si aspettasse di scorgere qualcuno pronto a sorprenderlo in un atto di vandalismo.
Nonostante nessuno fosse nei paraggi, i suoi nervi si rilassarono solo quando vide la porta della Stanza delle Necessità comparire davanti a lui. Si svolse tutto in un secondo: chiuse gli occhi e quando li riaprì la porta era proprio davanti a lui, che sembrava dirgli "entra pure". E lui lo fece, spinse la porta a doppio battente ed entrò nella Stanza, lasciandola poi chiudere alle proprie spalle.
La Stanza era tutto fuorché vuota: era un ammasso di ogni oggetto possibile buttato alla rinfusa in ogni angolo, tanto che le pile di oggetti arrivavano persino al soffitto. Draco si guardò attorno, leggermente intontito da tutto quel disordine, poi cominciò a camminare senza meta, scavalcando pile di libri, stoffe e quant'altro. Poi lo vide. Non lo aveva notato prima perché era coperto da una pesante tenda, ma quando tolse la stoffa che lo ricopriva, era proprio lì. Lanciandogli una breve occhiata sarebbe sembrato un semplice armadio come tanti altri, ma Draco sapeva di cosa si trattava in realtà. Strinse la mano attorno alla maniglia e rabbrividì, quando la sua pelle entrò in contatto con il metallo gelido. Aprì l'anta e tossì per la polvere che, accumulatasi nel tempo, gli danzò davanti alla faccia.
Posizionò nell'armadio la mela che, per tutto il tempo, era stata stritolata nella sua presa ferrea.
Chiuse l'anta e serrò gli occhi, respirando lentamete. Poi, con voce tremante recitò: -Harmonia nectere passus...- il cuore gli martellava nel petto così forte che sembrò in procinto di sfondare la cassa toracica. -Harmonia nectere passus...- ripetè, con un nodo alla gola che gli faceva uscire la voce in un sussurro strozzato. Sentì un rumore provenire dall'interno dell'armadio, come una specie di risucchio e, quando aprì nuovamente l'anta, la mela era scomparsa. Una lieve sensazione di sollievo lo travolse, subito sostituita, però, dal panico: ora si sarebbero aperte le danze.

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