Capitolo 25

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Gli occhi di Hyram erano rimasti fissi al suolo per un tempo indefinito mentre raggiungeva il suo appuntamento, non così sicuro di potercela fare.

Poi alzò lo sguardo e per un attimo, rimase imbambolato, con le labbra schiuse.

Carter se ne stava appoggiato sulla sua auto, le braccia nude, incrociate al petto sopra ad una maglietta bianca, i capelli ramati si muovevano in balia del leggero vento e ad ogni passo, scorgeva più dettagli, rendendolo bellissimo.

Si fermò a pochi metri da lui e Carter gli regalò un sorriso bianco e perfetto, si vedeva che era stanco a causa del lavoro, ma non peccava in bellezza.

"Vogliamo andare?" domandò e Hyram annuì, incapace di parlare.
Lasciò che Carter gli aprisse la portiera e entrò all'interno, improvvisamente nervoso.

"Tutto okay? Sembri seduto su delle spine" osservò Carter con un sorriso, mentre imboccava la strada principale.

"Mh.. No.. Cioè.. È il mio primo appuntamento" ammise in un lieve sussurro, ciò che in realtà era vero.

"Sul serio? Quale cretino non uscirebbe con te?"

Hyram si sentì ancora più a disagio, se la serata iniziava così, non osava immaginare come sarebbe stato il resto.

Il viaggio finì velocemente e Hyram seguì Carter all'interno del palazzo e in seguito nel suo appartamento.

La prima cosa che lo colpì furono alcuni quadri rappresentanti macchine d'epoca e in fondo alla parete uno scaffale stracolmo di modellini di automobili.
"È proprio una tua grande passione" affermò, togliendosi la giacca, per poi portare gli occhi grigi in quelli verdi e splendenti.

"Una cosa di famiglia, fino a pochissimo tempo fa lavoravo nell'officina di mio padre, è lì che ho imparato a camminare" raccontò Carter, accennando un altro sorriso da capogiro.

"Come mai hai cambiato officina?"

"Lavorare a stretto contatto con mio padre, tutti i santi giorni, non si augura a nessuno, per quanto possa volergli bene" ridacchiò, avvicinandosi al bellissimo ospite.
"Tu invece, come sei finito nella villona?"

Hyram abbassò lo sguardo, iniziando a mordersi nervosamente il labbro, i ricordi di suo padre e della sua vita da inferno riaffiorarono nel giro di pochi secondi, facendolo rabbuiare.

Carter se ne accorse e allungò una mano verso il suo viso, sentendolo rabbrividire quando le sue dita accarezzarono una guancia fredda.
"Non devi rispondere per forza, mi dispiace di averti messo a disagio"

Per la seconda volta, la dolcezza di quel ragazzo lo spiazzò, di lui sapeva solo che era un tipo che non si faceva problemi a scopare in giro e se per un attimo l'idea che volesse solo quello, gli aveva sfiorato la mente, ora si trovava davanti a tutta la sua premura, quel sorriso e quegli occhi, capaci di sciogliere il più gelido dei ghiacciai.

Fu bello scoprirlo poco a poco, ridere delle sue battute, lasciar scorrere il tempo con leggerezza, almeno finché la sua lattina di coca cola non decise di schizzare dappertutto, specialmente sulla sua maglietta.

"Cazzo!" sbottò, guardandosi allibito. Carter, al suo fianco cercò di trattenere una risata ma non ci riuscì poi molto e scoppiò, lasciandosi cadere sul tappeto.

"Hai fatto una faccia così buffa!" esclamò tra le risate, indicandolo con un dito mentre l'altra mano era poggiata sulla pancia.

"Te la verso addosso, così vediamo se lo trovi tanto divertente!" ribatté, poggiando la lattina traditrice sul bordo del tavolo, mettendo su un broncio offeso, che intenerì l'altro.

Six Letters 2Where stories live. Discover now