Capitolo 28

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Jaycob osservò il vassoio stracolmo di cibo e prese coraggio, lo afferrò per i manici, per poi percorrere il corridoio di quell'appartamento del tutto sconosciuto e raggiungere la porta di una delle tre stanze.

Bussò lievemente e nell'attendere risposta, il suo sguardo si soffermò ad un mobile poco più lontano, dove, incorniciati in una foto, c'erano i loro nonni, giovani e sorridenti, nel periodo in cui avevano vissuto in quel luogo.

Ed era proprio lì che si era stabilito l'ultimo trio, nella speranza di ricreare un rapporto che fosse almeno simile a quello che aveva legato, alla loro età,  Alexis, Ardian e Adriel.

Jaycob si riscosse, sentendo la voce di Jarred dall'interno e aprì la porta lentamente, entrando, mostrandosi con un sorriso non molto esagerato ma comunque bello e la speranza di non trovarsi un muro davanti.

Ma le sue aspettative si scontrarono con una tela fresca, colori su colori ovunque e Jarred in mezzo a loro, catapultato in chissà quale dimensione. C'era qualcosa di magico e leggermente sinistro nel vederlo dipingere, assorto, concentrato, bello e triste.

Jaycob capì che non avrebbe mai staccato gli occhi da ciò che stava ritraendo, così si schiarì la voce, improvvisamente nervoso.
"Ti ho preparato la colazione, ho pensato che magari avessi fame, non hai mangiato molto a cena.."

Jarred inclinò la testa di lato, corrugando la fronte, c'era qualcosa in quella sfumatura di colore che stonava.
"Grazie, non avresti dovuto. Non ho fame e al momento ho da fare" rispose, afferrando il tubetto di vernice blu.

Jaycob pensò che 'il muro' che temeva di trovarsi davanti, in realtà era qualcosa di simile a un enorme blocco di ghiaccio.
Sentiva su di sé tutte le colpe per la scelta di Jarred, la scelta di lasciare la sua famiglia in un momento tanto delicato, la scelta di chiudere con Raphael e di non dedicarsi alla ricerca di Tim.

Aveva mollato tutto per seguire il suo sfogo, per dimostrargli che lo amava e lo voleva con sé, ma Jaycob ora riusciva solo a pensare che questo Jarred spento e svuotato, non lo voleva vedere. Desiderava solo la sua felicità e poco a poco si rendeva conto di non poter bastare.

"Ti lascio tutto qui, così se cambi idea.." mormorò non accorgendosi nemmeno della voce rotta.

Uscì velocemente, sotto lo sguardo di Jarred che finalmente si era posato su di lui, vedendolo andare via, sentendo dentro di sé l'impulso di alzarsi e correre a baciarlo fino a togliergli il fiato.

Ma lo stato di apatia in cui era caduto quella stessa notte lo frenò dal compiere ogni più banale azione. In fondo, era meglio che tutti fossero liberi dalla sua presenza e da ciò che scatenava nei loro cuori.


**

Hyram, con lo stomaco in subbuglio per mille sensazioni diverse, fissò il portone avanti a sé, poi ritornò sui suoi passi verso gli scalini, infine si bloccò in mezzo al corridoio e con un sospiro si fece coraggio ed andò a suonare al portone, stringendo con forza la morbida busta di plastica tra le dita.

Dopo le notti trascorse con la maglietta di Carter usata come pigiama, ora riconsegnarla al suo proprietario era quasi impossibile, eppure quella, era l'unica scusa che aveva di vederlo.

Non aveva idea di come funzionassero i rapporti umani, tanto meno le relazioni, o semplicemente chiedere a qualcuno di passare del tempo insieme. Carter sembrava ormai lontano anni luce e alla fine, dopo innumerevoli scenari, domande, film mentali, Hyram aveva deciso di presentarsi nel suo appartamento con l'indumento fresco di bucato e i nervi a fior di pelle.

Mai nella sua vita gli era capitato di provare così tanta ansia nel vedere qualcuno, un'ansia positiva, differente dalla sensazione che provava nell'aspettare il ritorno di suo padre a casa.

Six Letters 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora