30. BATTESIMO DI FANGO

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Quando Morris si svegliò il sole era già alto, e lo colpiva dritto in faccia. Lo scienziato si coprì il viso con una mano, facendo una smorfia. Quella palla blu lo osservava indifferente, e non riusciva a dare un po' di calore prima di mezzogiorno, come minimo; dopo l'atmosfera diventava talmente calda e soffocante da dargli l'impressione di essere ricoperto da centinaia di mani che cercavano di rubargli il respiro. Era da due giorni che vagava nella palude. Morris ricordava dove si trovasse il villaggio dei Viscidi, ma non quando aveva compiuto un tale sforzo fisico in passato. I suoi muscoli si erano trasformati in fasce sottili, in grado a stento di sostenerlo per un lungo periodo di tempo. Sapeva quanto fosse vero il proverbio mens sana in corpore sano, ma l'attività di scienziato aveva assorbito tutte le sue energie quando era a Cram, e non aveva avuto tempo per dedicarsi a cose stupide come fare palestra. Aveva altro di cui occuparsi, anziché cercare di pomparsi come Minerva, trasformatasi in un ammasso di muscoli. Tuttavia ora si pentiva di non aver cercato di mantenersi un po' in forma. Si era trascurato per tanto, troppo tempo, mangiando quel che bastava per non appesantire la mente, e a volte si era anche dimenticato di nutrirsi, talmente era preso dal proprio lavoro. Trovava che mangiare fosse un'attività prosaica, che gli ricordava quanto ancora fosse umano e lo turbasse nei momenti in cui la sua mente raggiungeva vette divine. Il sogno di Morris era stato quello di elevarsi a tal punto da raggiungere il Primo e superarlo: allora non avrebbe nemmeno avuto bisogno di nutrirsi, avrebbe vissuto del flusso di energia universale.

E invece ora il suo corpo continuava a porgergli fastidiose richieste, indebolendo il suo pensiero. Aveva sete, fame, freddo, e i muscoli bruciavano per lo sforzo compiuto in quei giorni, mentre cercava di mettere quanta più strada possibile fra se stesso e Cram.

***

Dato che il fango conservava il calore della giornata, Morris aveva dormito il più possibile a contatto con esso.

Aprì gli occhi, che aveva richiuso per riposare ancora un po', e si sentì come un novello Talete: talmente impegnato a guardare le stelle da cadere in un pozzo. Non c'era nulla di più umile della terra che lo circondava in quel momento, ma che lo aveva anche protetto dal freddo. Quella natura disordinata e matrigna, che però offriva i mezzi per sopravvivere ai più forti. Anzi, non ai più a forti: a coloro che si adattavano meglio, e spesso non si trattava di una questione di forza fisica. Il debole, non avendo il corpo, ripiegava sulla mente, ed era lui a sopravvivere, alla fine.

Dunque, se la tua mente è così forte come dici, convincila ad alzare quel culo. Ce la puoi fare. Morris, ce la puoi fare.

Emise un grugnito affaticato e, dopo essersi disteso a pancia in giù, riuscì a rialzarsi facendo leva su un braccio alla volta. Raccolse lo zaino che aveva usato come cuscino e se lo issò in spalla.

Lo scienziato indossava la tuta mimetica, ma sapeva che presto avrebbe fatto troppo caldo per tenerla. Anche i giorni precedenti era stato costretto a togliersi tutto, restando a petto nudo, e aveva avuto modo di osservare il proprio corpo, quel volgare involucro che aveva così disprezzato. Era magro all'inverosimile, più simile a uno scheletro che a un organismo in salute: riusciva a intravedere le sue stesse costole, e le cosce erano spesse quanto una delle braccia di Nick, come le ricordava quando erano ancora una famiglia.

Quand'era diventato così?

Non si era mai reso conto di quel cambiamento prima di allora, di come Robert Stein lo avesse divorato, scavando in lui fino alle ossa. Non aveva avuto alcun riguardo per Morris in quanto persona, in quanto essere umano. Il suo tendere alle stelle li stava uccidendo entrambi. Morris aveva aspettato fin troppo per riprendere il controllo.

La loro mente era come un computer con milioni di miliardi dei processori più veloci che l'Architetto avesse mai creato, e questo gli permetteva di volare, ma tutto aveva un prezzo: ora, senza il sostegno della mente alveare, lo stava pagando. Era ridotto solo a un debole corpo privo di scorte.

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