41. L'OMINO DI LATTA

785 100 156
                                    

Morris si mise seduto, inspirando a fondo. Sotto le dita avvertì la ruvidezza delle coperte. Cercò a tentoni Nick, che non poteva essere lontano. Alla fine fu suo fratello a trovare lui, stringendogli una mano.

Sono qui.

Ce l'abbiamo fatta, pensò Morris, deglutendo a fatica. Ma dov'è Jack? Credevo che fosse...

E' ancora nel suo baobab. Dobbiamo rimetterlo insieme. Pensi di riuscire a lasciarlo andare? Non potrai più comunicare mentalmente con lui.

Morris annuì.

Sì. Ce la posso fare.

***

Jack stava fluttuando nel vuoto, senza alcun pensiero o sensazione particolare. Aveva fatto uno strano sogno in cui lui e i suoi fratelli combattevano contro un serpente, e ora era tornata la calma, quel placido letargo in cui sprofondava sempre più spesso.

Avrebbero potuto essere passati dei secoli o un battito di ciglia, quando avvertì un peso improvviso. Era come se una serie di legacci invisibili si stessero stringendo attorno alla sua forma nebulosa, cercando di costringerla a entrare in uno stampo. Si sentì soffocare e lottò per liberarsi, ma era talmente inconsistente da non riuscire a opporre resistenza.

Cadde verso il basso, attraversando oceani ghiacciati e correnti d'acqua bollente, finché non si ritrovò in una posizione sopraelevata rispetto al villaggio dei Sopravvissuti. Vedeva ogni cosa dall'alto, come se stesse assistendo alla scena attraverso gli occhi di un uccello.

Proseguì oltre la zona dei baobab-curanti, fino a raggiungere il Grande Albero. Vi entrò attraverso una porta scavata nel legno, superando le panche all'interno del santuario. C'era una piccola folla radunata al suo interno, ed erano tutti seduti in cerchio vicino a qualcuno. C'erano Nick, Morris, Pim, Teofane, Bernie, Aaron e Belgor. In un angolino, collegato al Grande Albero, c'era anche Rorian, la testa poggiata sul legno. Sembrava quasi cosciente, i suoi occhi, semichiusi, erano fissi sulla scena che si stava svolgendo.

In mezzo al cerchio c'era una piccola sagoma rannicchiata, un corpo dall'aspetto malaticcio, talmente pervaso da filamenti azzurri che la sua pelle scintillava.

I legacci che avevano imprigionato Jack si avvicinarono in fretta a quel corpo, mentre aveva la sensazione di portare con sé una serie di piccoli frammenti, che diventavano sempre più consistenti man mano che si avvicinava. Ricordi, emozioni, tutti i pezzi di se stesso che si erano sparpagliati stavano tornando assieme.

Il corpo si fece talmente vicino che riusciva a contare ogni singola lentiggine, ogni venatura azzurra sul suo capo.

I legacci si allentarono, mentre il vapore di cui era composto veniva costretto all'interno di quella confortevole bolla.

***

Jack tossì, inspirando violentemente, mentre le sue mani si contraevano ad artiglio e la sua schiena si inarcava, stirata da un filo invisibile.

Una serie di mani fu pronta a sostenerlo, aiutandolo a mettersi seduto, in modo che potesse respirare meglio. Stavano parlando tutti assieme, e il ragazzo non riusciva a capire niente. Emise un fievole gemito, accettando il bicchiere d'acqua che qualcuno aveva accostato alle sue labbra. Deglutì a fatica, ottenendo il risultato di sbrodolarsi sulla canottiera. Non riusciva a controllare molto bene quel corpo, nonostante lo sentisse come un vestito caldo e confortevole, un dolce riparo dove la sua mente riusciva a restare integra senza sforzo.

-Jack, come ti senti? – gli chiese una voce familiare.

Era Nick, che lo stava sostenendo. Aveva il mento poco lontano dalla sua spalla destra e lo stava osservando con apprensione, gli occhi verdi che scintillavano di lacrime.

Necromoria [completa] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora