45. UN TUFFO NEL PASSATO

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Quando Mercy si svegliò, erano le quattro del pomeriggio. Non aveva quasi chiuso occhio quella notte, passata a curare feriti e cercare di riportare una parvenza d'ordine. Era esausta, si sentiva vuota. Non riusciva nemmeno a trovare la forza per alzarsi dal letto. Non seppe come riuscì a scivolare fuori da quel bozzolo e costringersi a raccogliere la borsa che si era portata dietro l'intera notte, dispensando antibiotici e antidolorifici. Indossava ancora i vestiti del giorno precedente, non si era data la pena di cambiarsi e non aveva un odore molto piacevole, ma non gliene importava niente. Avrebbe potuto rannicchiarsi in un angolo e restare lì a marcire. Con un sospiro aprì l'armadio dove aveva riposto le ultime scorte di medicine. Non era rimasto quasi niente. Quelle dannate guardie non volevano saperne di portarle il materiale che le serviva, dopotutto loro avevano già le loro provviste e non gli importava nulla della sopravvivenza degli umani che avevano osato ribellarsi. Quelli potevano morire, non erano meglio dei Sopravvissuti.

Mercy afferrò le ultime due scatole di antibiotico rimanenti e uscì in corridoio, la borsa vuota a parte per il cauterizzatore, un paio di forbici, un divaricatore e due pinze. L'emergenza era passata, ma ora bisognava rimettere assieme i cocci, e la dottoressa aveva bisogno di un supporto autentico.

Dopo aver consegnato l'antibiotico a chi ne aveva più bisogno, tornò alle stanze dei Migliori, e chiese di parlare con Valentino e Minerva. Entrò nella stanza di lui e controllò le sue funzioni vitali. La sua rabbia doveva essere evidente: le dita, di solito ferme, le tremavano mentre sistemava la flebo e somministrava gli antidolorifici in endovena all'uomo. In quel momento Mercy stava pensando che non le dispiaceva di quello che gli aveva fatto Robert. Valentino era viscido e disgustoso, la guardava con il suo solito sorriso serpentino. I suoi occhi neri avevano mai trasmesso qualcosa di autentico? O la sua intera esistenza era una recita?

A Mercy non importava. L'unica cosa cui riusciva a pensare mentre stava sistemando la flebo, era che avrebbe potuto somministrargli un po' di potassio per porre fine all'accaduto. Ma non lo fece, non era mai stata una persona violenta, e non aveva intenzione di diventarlo, malgrado si sentisse tradita e sola. La stavano mettendo all'angolo, eppure non poteva farci niente.

La dottoressa avvertiva lo sguardo di Minerva sulla schiena. Lei e il Ministro delle Forze Armate non avrebbero potuto essere più diverse. La gioia animalesca che Minerva provava per aver sfogato parte della sua ferocia faceva scorrere dei brividi di disgusto lungo la schiena di Mercy.

Non importava dove la dottoressa posasse lo sguardo o a chi pensasse. Le sembrava di essere in un incubo dove erano tutti impazziti e il mondo si era rovesciato. Per quanto non avesse mai apprezzato il comportamento di quei due, non li avrebbe mai ritenuti capaci di tali mostruosità. L'ideologia era davvero come una droga. A forza di ripeterla, la si rafforzava a tal punto da trasformarla in un atto concreto di sangue.

- Avete intenzione di inviare delle guardie a recuperare delle medicine dal mio studio? – chiese la dottoressa, cercando di suonare il più neutra possibile.

- Abbiamo già tutto quello che ci serve, Mercy – mormorò Valentino, con quel suo dannato sorriso. – Non dobbiamo mandare i nostri uomini allo sbaraglio senza un motivo.

Allo sbaraglio!

Quello era troppo.

Mercy avrebbe voluto gridargli contro, ma capì che sarebbe solo servito a comprometterla.

Se si voleva riuscire a fare una cosa, bisognava farla da soli. Ormai non poteva più fidarsi di nessuno.

Forse il Primo ascolterà...

Mercy se ne andò senza salutare e si avvicinò alla stanza in cui riposava la portantina del Primo. Nessuno di loro l'aveva visto durante il trasferimento. L'uomo era entrato in quel contenitore rettangolare munito di eleganti ruote bianche dai margini neri, che scivolavano silenziose sul pavimento comandate dalla sua mente, privandoli dell'onere di aiutarlo ad arrivare al Rifugio.

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