Afraid

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CAPITOLO DUE: AL RIFUGIO.

Tornati a casa, cercammo di tranquillizzare mio cugino che ormai non riusciva nemmeno più a parlare, ma con scarsi risultati. Così mi venne in mente l'idea di dirgli che tutto ciò era un gioco e solo una volta sconfitti tutti gli "Zombie" sarebbero resuscitati tutti. Quel giorno chiamai Donato e Lorenzo e stabilimmo di incontrarci a casa loro dato che noi potevamo muoverci più velocemente usando l’auto. Per strada c'erano tantissimi zombie, molti di loro erano persone che mia sorella conosceva e pronunciava i loro nomi in lacrime. Fermò l'auto, e poi accelerò di sbotto e investii quanti più zombie possibili durante il tragitto. Arrivammo a destinazione con l’auto pienamente sporca di sangue e budella. Lorenzo, Donato e sua sorella scesero molto in fretta, salirono in auto e decidemmo di andare a casa mia, per il semplice fatto che era difficile che gli zombie potessero entrare nel parco di casa mia. Non fu una buona idea, per le scale trovammo il mio vicino di casa trasformato, a quanto pare era stato infettato con qualche morso e non c'è l'aveva detto. Evitammo lo scontro diretto e tornammo in auto. Ci rifugiammo in una villa abbandonata, dove spesso noi giovani ci riunivamo per fumarci qualcosa, avevamo punti di entrata e di uscita piuttosto strategici, punti creati da noi giovani tramite fosse sotterrane che risalivano all'interno dell'edificio, dato che le porte principali erano bloccate con catene. Avevamo, però bisogno di provviste quindi io e il mio caro amico Donato, uscimmo e ci dirigemmo a piedi in modo da essere silenziosi al discount più vicino, ovviamente era tutto silenzioso e desolato, infondo eravamo alcuni dei pochi sopravvissuti se non gli unici del nostro quartiere. Io e Donato ci dividemmo gli incarichi: io prendevo da bere e Donato da mangiare. Durante la scelta dei prodotti in base alla scadenza più lunga, sentii qualcosa cadere, ma fortunatamente era nulla di grave, subito dopo Donato si scusò urlando dall'altro lato dello scaffale. Ci dirigemmo alla cassa per simulare un pagamento, quando udimmo un urlo femminile. Una ragazza esce dal deposito del discount inseguita da uno zombie, io e Donato all'inizio ci nascondemmo dietro la cassa, dopodiché decidemmo di aiutarla, prendemmo due mestoli da cucina, corremmo dietro lo zombie che stava per attaccare quella ragazza e lo colpimmo ripetutamente dietro la testa. La ragazza si alzò e pronuncio il mio nome, solo lei mi chiamava Army. Era Jasmine, una mia carissima amica di cui tempo fa avevo una cotta. Ci abbracciammo forte, era terrorizzata ed io... felice. Felice di poterla avere tra le mie braccia e poter accarezzare i suoi capelli. Sentivo le sue lacrime bagnarmi il collo, non smetteva di stringermi, ma questo momento di tenerezza e dolcezza fu interrotto da Donato, che giustamente proponeva di andare via. Non eravamo al sicuro. Così, ci mettemmo di nuovo in cammino verso il nostro rifugio. Durante il tragitto Jasmine ci raccontò che è stata chiusa per diversi giorni in quel deposito con suo cugino che era gravemente ferito, fin quando egli ha iniziato a essere aggressivo e ad avere spasmi, dopodiché ha iniziato ad attaccarla, quasi come volerla graffiare. Ha raccontato di averlo colpito diverse volte con una pentola, ma continuava a rialzarsi, fin quando per fortuna siamo arrivati noi che gli abbiamo aperto il cranio con i mestoli da cucina. Donato a quel punto, dichiarò di sentirsi un po’ in colpa per aver “ucciso” suo cugino; io non la pensavo proprio come lui, secondo me uccidere gli zombie era un po’ come liberare le vittime dell’infezione e permettergli di riposare in pace. Non ci volle molto ad arrivare al rifugio, e ogni volta che vedevo le persone che amavo stare bene per me era un gran sollievo. Avevamo tutti le facce stanche, avevamo bisogno di dormire, quindi cenammo velocemente con dei panini e decidemmo di dormire a turno.

Spero che anche il secondo capitolo vi sia piaciuto. Se così fosse, votate e commentate magari.

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