Afraid

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CAPITOLO OTTO: IL VIAGGIO CONTINUA

Oramai era deciso, saremmo partiti subito. Preparammo le valige, salutammo alcune delle persone che avevamo conosciuto e prima di partire, Donato volle seppellire sua sorella. Ci dirigemmo verso il nostro Hummer, salii io nel lato guida, misi in moto e dopo essermi accertato che tutti fossero saliti a bordo partimmo. Per ben trentacinque minuti di viaggio, stemmo tutti zitti e in silenzio, Jasmine, seduta al mio fianco, mi guardava quasi come se mi volesse rassicurare, che c’è l’avremmo fatta. Nel cofano invece Lorenzo e Gennaro si erano addormentati, dietro invece, Donato piangeva silenziosamente tra le braccia di Giorgia, che provava a consolarlo. Erano le tre del pomeriggio e ancora non avevamo mangiato, quindi decidemmo di fermarci a Terni, fu Giorgia a decidere, disse che lì c’era una sua amica, e che saremmo potuti partire tutti insieme. Uno in più, uno in meno non faceva la differenza e poi avevamo bisogno di un posto dove passare la notte. l’Hummer era piccolo per permetterci di dormire tutti dentro e inoltre per arrivare a Terni mancava circa un ora, quindi non era una cattiva idea. Eravamo quasi arrivati a Terni, mancava meno di un quarto d’ora credo, alla prossima uscita. Rimasi sorpreso dal fatto che qui le autostrade non erano bloccate, permettevano di viaggiare più velocemente. Donato tutt’un tratto si riprese e disse: -Allora autista? Quanto manca ancora- E io gli risposi: - All’incirca quindici minuti gentile cliente.- Ed entrambi sorridemmo. Poi a un tratto uscirono due infetti da un furgone catapultato, di riflesso mi venne l’idea di scansarli, e persi il controllo dell’auto, che si schianto nel guard-rail e si ribaltò sotto sopra. Io, come tutti gli altri, rimasi incastrato, staccai la cintura di sicurezza, ruppi il finestrino a gomitate e cercai di strisciare fuori. Fortunatamente quando chiesi agli altri se stessero bene, tutti mi risposero di si, ora però il pericolo principale erano gli infetti che si stavano avvicinando. Quindi impugnai la pistola dalla mia tasca, mirai e ne centrai uno. Ne rimaneva ancora un altro, ma avevo perso le munizioni durante l’impatto. Dovevo guadagnare tempo per permettere agli altri di uscire. Così, ingaggiai uno scontro a corpo a corpo. Era molto forte fisicamente questo zombie, doveva essersi appena trasformato, mi gettò un paio di volte per terra, l’importante era non farsi mordere, dovevo solo aspettare che gli altri uscissero da quel veicolo catapultato. Mi voltai per controllare la situazione, e quello stronzo infetto mi saltò addosso, atterrandomi. Cercò di mordermi la gola, cercavo di tenerlo lontano ma non ci riuscivo, era molto forte, credevo di essere realmente spacciato, quando all’improvviso, il mio cuginetto gli infilzò il coltello che avevo dato a Lorenzo, nella schiena di quella merda, che reagì scaraventando a terra mio cugino, quell’intervento, mi diede il tempo che bastava per capovolgere la situazione, mi ritrovai addosso a quello stronzo e gli riempii la faccia di pugni, fino a rompergli la faccia. Quando mi rialzai, erano riusciti tutti ad uscire, mi complimentai con quel tappo di mio cugino, e gli dissi che poteva tenersi un coltello più piccolo, e che l’avrebbe potuto usare solo in casi di emergenza. Mi pulii le mani con la maglia che indossavo, e promisi a me stesso di cambiarla al prossimo negozio. Eravamo rimasti a piedi, quindi il tragitto che mancava l’avremmo percorso camminando. Da lontano Lorenzo ci chiamò: -Hei, ragazzi! Qui dentro c’è qualcosa di buono!- Corremmo subito da lui, quel furgone trasportava la cioccolata della Milk. Ne prendemmo un paio e le mangiammo sul posto. Finito lo spuntino raccogliemmo gli zaini dalla macchina e continuammo il nostro viaggio, prossima fermata Terni.

Non sapete quanta gioia mi danno i vostri complimenti. Grazie, grazie davvero.

AFRAIDWhere stories live. Discover now