Afraid

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CAPITOLO TRE: SCAPPARE PER SOPRAVVIVERE

Passammo diversi giorni in quella villa, addirittura ci procurammo cuscini e materassi, di corrente non c’è n’era quindi spesso si stava al buio giacché le finestre erano sigillate, inoltre non potevamo far caricare i nostri cellulari, quindi decidemmo di utilizzarli uno per volta, in modo tale che quando si sarebbe scaricato un cellulare, avremmo utilizzato l’altro. Anche se l’uso era quasi inutile dato che tutti i numeri a cui provammo a telefonare, non rispondesse nessuno, forse perché quelli che conoscevamo erano tutti morti. Oppure erano morti i loro cellulari. Non sapevamo di certo quante persone a Napoli fossero ancora vive, su Internet c’erano svariate notizie, di cui si diceva che al nord dell’Italia, era stato attuato un “piano di evacuazione” che consisteva in un rifugio per non infetti; non riuscimmo a capire bene in quale città del nord ma almeno adesso potevamo sperare, quindi dovevamo iniziare a preparare le valige e le nostre scorte, ormai era deciso a breve saremmo partiti. Dopo solo due giorni, decidemmo di iniziare questo viaggio prendemmo l’auto per dirigerci verso nord utilizzando l’autostrada, ma fu davvero un brutto colpo scoprire che quel percorso era bloccato potevamo solamente farlo a piedi, questo perché la gente impaurita lasciarono le auto per strada, creando così un vero e proprio blocco stradale formato da auto rotte e spente. Proseguimmo a piedi fortunatamente senza incontrare nessun infetto, facevamo mezz’ora di sosta ogni due ore per riprendere un po’ d’energia, ma era stancante. Si fece buio e decidemmo quindi di passare la notte fra le auto, ci facevamo luce con i fari delle poche auto funzionanti ancora. Cenammo tutti insieme, con i soliti panini che ormai si iniziavano anche a seccare. Prima di andare a dormire mio cugino mi venne vicino e mi abbracciò, quel cucciolo erano dal giorno che lo andai a prendere che non parlava, ma finalmente aprì bocca e fu lui a rassicurare me dicendomi che avremmo vinto questo gioco. Resistetti davanti a lui nel non commuovermi, ma quando lui andò a dormire ed io andai a fare l’ultimo giro di pattugliamento mi riuscii a sfogare, fui confortato da Lorenzo che dopo avermi abbracciato mi disse che era ora di andare a dormire. Le auto erano strette, quindi ci dividemmo in coppie di due ad eccezione per i bambini, che dormivano vicini. La mattina dopo fu il risveglio più brutto della mia vita: uno zombie mi stava sbavando addosso, detti un urlo e uscii dall’altro lato dell’auto, lo zombie a passo lento e zoppicante si avvicinava, ebbi fortunatamente la freddezza di riuscire a gettare a terra quello stronzo e staccargli la testa con le mani. La loro pelle era così.. strana, era secca, secchissima. Bastava poco per tagliarla o strapparla. Quando giunsero gli altri ancora un po’ assonnati ma impauriti, dissi loro di andarcene via subito, venni ascoltato all’istante, anche perché Donato ci fece notare che stavano per giungerne altri, fortunatamente a passo molto lento. Ci mettemmo a correre per creare un divario abbastanza notevole fra le nostre distanze, corremmo talmente tanto che non ci accorgemmo di esserci avvicinati a una stazione di servizio. Entrammo lì dentro, facemmo un nuovo rifornimento di scorte, barricammo le porte e facemmo un giro di ricognizione per verificare che non ci fossero morti viventi. Da lontano, vedevamo passare gli zombie, come se avessero anche loro una loro destinazione dove andare, così decidemmo di uscire dal retro e scavalcammo il guard-rail, proseguimmo per una specie di bosco. Fu molto utile, perché tagliammo e uscimmo prima dall’autostrada. Adesso il nostro obiettivo era raggiungere Roma.

Ringrazio e saluto il mio caro amico Donato22, che ha voluto che oggi stesso pubblicassi anche il capitolo 3. Ti voglio bene fra!

AFRAIDWhere stories live. Discover now