Capitolo XIII

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- Squilla, squilla. Tanto non ti rispondo.- borbottai fissando il cellulare con odio. La scritta "mamma" sullo schermo pareva lampeggiare come un semaforo. Forse dovevo cambiare il nome in madre o Luna Salvatore, perché la mia VERA mamma era rimasta dietro la porta che mi aveva sbattuto in faccia. Forse per sempre. - Esageri, Becky. Devi parlare con lei. E' pur sempre tua madre, lo ha fatto per il tuo bene...- Se non rispondevo male a nonna Ester, era solo perché le volevo troppo bene ed eravamo fin troppo legate. Lei c'era sempre stata, mi aveva sostenuto anche da lontano. Mia madre se un tempo era stata il mio punto di riferimento, ora era solo una patetica ombra ai margini della mia esistenza. La rabbia e il senso di abbandono erano più forti di qualsiasi buon sentimento di comprensione e di pietà. Ero sola, punto e basta. Lei mi aveva allontanato senza spiegazione e io l'avrei ripagata con la stessa moneta. Le ero grata dell'amore che mi aveva elargito, delle sue cure perché nonostante tutto le volevo ancora bene. Ma soprattutto, l'avrei voluta ringraziare per un insegnamento fondamentale: la vita non era una fiaba e nel mondo, si poteva contare solo su se stessi infatti anche le persone più vicine potevano tradirti. E ridurti in cenere. Dopo la mia fantastica avventura nell'arena, potevo dirmi felice. Ora tutti sapevano di che pasta ero fatta, persino i professori. Che vita di merda! E io che cercavo almeno un poco di normalità. Avevo finto di avere mal di testa, il che era anche vero, e mi ero ritirata nella mia camera. Non ero scesa nemmeno in mensa per cenare e avevo saltato persino il corso della Rotterdam, che aspettavo da giorni. Non volevo affrontare tutto il casino, che avevo creato. 'Voglio tornare a casa!!' Inclinai la testa e mi mossi sulla sedia inquieta. Ascoltavo. Udivo dei passi in corridoio. Mi alzai e ringraziai il cielo che sul pavimento vi fosse la moquette. Qualcuno bussò. - Rebecca, ci sei?- la voce dolce di Aisha mi fece pentire di aver lasciato la luce della lampada accesa. Volevo solo essere lasciata in pace. Girai la maniglia e aprii.

- Cosa c'è?- domandai seria, mentre il suo occhi color miele si incupivano. - Ho saputo che stai male.-

- Ho un po' di mal di testa, ma passerà.- precisai atona.

- Per Hayne...-

- No, Aisha, per favore... Non ne voglio parlare.- mi passai una mano sulla fronte.

- Comunque, ci dispiace. Hai bisogno di qualcosa?- domandò lei tra il preoccupato e l'imbarazzato.

- No, grazie.- ripetei.

- Bene, allora...-

Restammo in silenzio, poi scoppiammo a ridere.

- Non sono proprio il tipo, che puo ' condurre una conversazione!- la pelle color caffelatte di Aisha era liscia e perfetta. Come diavolo ci riusciva?

- Ci sono casi peggiori, come Clara! Parli con lei per dieci secondi e poi ti addormenti o rischi di romperle il naso.-

- Già e insomma, mi dispiace se ti ho disturbato. Solo, che Meredith non si mette l'anima in pace finché non sa come stai. Quella ragazza è capace di buttare giù la tua porta con un'ascia da boscaiolo. Sono venuta di mia iniziativa. So che ci sono momenti, in cui una persona ha bisogno di stare da sola e di riflettere.- Aisha si avvolse uno dei ricci neri intorno al dito.

- No, non importa. Va bene così.- dissi abbassando lo sguardo. Quindi, forse era vero che le ragazze tenevano a me.

- Era da un po', che non ci vedevamo. Tra le lezioni in più a causa della trasformazione e le ricognizioni,... non ho avuto molto tempo. Poi, non so se andare con i Losthaven e così con mia sorella o con gli Hunter. Tutto è parecchio difficile.- mi spiegò gentilmente.

- Quindi, hai scelto di essere una strega completa.-

- Sì. Insomma non l'ho scelto io, è stato il mio subconscio. Hai presente tutte quelle spiegazioni e cose del genere?-

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