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"Mi hai seriamente portata allo stadio, Paulo? Luogo strano per un primo appuntamento" affermo, pentendomene immediatamente.

Come ti salta in mente di dire la parola appuntamento?!

"Quindi questo sarebbe un appuntamento, uh?" chiede, con la solita espressione da furbetto.
Sì, vorrei decisamente trovarmi sotto terra.

Decido di non rispondergli perché effettivamente non so cosa dirgli e anche perché per l'ennesima volta mi rendo conto che la mia impulsività non riesce a farsi gli affari suoi.

Eppure il pensiero che per lui io sia solo una perdita di tempo mi provoca una stretta al cuore e mi fa venire il mal di testa.

Lo seguo senza dire nulla; attraversiamo il salone con i divanetti e il bar e innumerevoli corridoi fino ad arrivare alla grande porta grigia che ci separa effettivamente dal campo vero e proprio.

Paulo entra in una stanza vicina a noi, e risbuca fuori con in mano un pallone bianco e nero.

Ovviamente.

"Che ne dici di una sfida ai calci di rigore, nena?" chiede, e la rabbia passa immediatamente con quel soprannome e con quel marcato accento argentino che mi inebria le orecchie.
Quando il numero dieci spalanca la porta un infinito prato verde si spalanca davanti ai miei occhi.

L'Allianz Stadium pieno di tifosi è sicuramente un'emozione unica, perfino per me che non sono per nulla patita di calcio.
Con i suoi colori e le sue luci, le sue urla e i suoi cori.

Ma vuoto, vuoto è completamente un'altra cosa.

Sembra sentirsi in lontananza il calore dei tifosi bianconeri, sempre pronti a sostenere la squadra, quando invece chiaramente non c'è nessuno.
In questo luogo fonte di felicità, urla, gioia ma anche lacrime e dolore si respira una totale atmosfera di calma e di quiete.
Una sorta di quiete prima della tempesta.

"Non vale, tu sei bravo e allenato. Io non ho mai toccato un pallone in vita mia. Potrei lanciarmelo in faccia senza farlo di proposito." affermo, facendolo scoppiare a ridere.

E che risata, sentirla è quasi una goduria per i sensi.
Quando Paulo sorride le sue guance si accentuano e diventano piene, mentre i suoi occhi diventano più piccoli e più belli.

È sicuramente uno spettacolo anche lui.

"Allora ti insegno, guarda come faccio io." spiega posizionando la palla a qualche metro dalla porta.

"Devi calciare la palla non con la punta del piede, ma con l'interno altrimenti rischi di farti male e di mandarla o troppo in alto o troppo storta. Poi devi mirare a dove vuoi mandarla e calciare più forte che puoi." continua a parlare, e io quasi mi incanto nel guardarlo.

Mi concentro nel seguire solo perché sennò farei la figura della cretina.

Dopo essersi posizionato, esegue tutte le azioni che mi ha appena raccontato, tirando un perfetto calcio di rigore e facendo andare la palla in alto a sinistra nella rete.
È davvero bravo.

"Ora tocca a te, vediamo cosa riesci a fare." dice guardandomi e risistemando la palla.

Non riesco a credere al fatto che mi trovo nel luogo che più odio al mondo con una persona conosciuta per un semplice messaggio sbagliato, a fare qualcosa che odio -o almeno credevo ancora di odiare- e di sentirmi così bene.

Mi posiziono così dietro la palla ed imito perfettamente i suoi movimenti, provando a centrare la rete come ha fatto lui, riuscendoci per un pelo. Sono proprio una schiappa.

Casualidad; Paulo DybalaWhere stories live. Discover now