Cuatros años después

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"Anna, ma vuoi sbrigarti! Non puoi fare aspettare tutti anche oggi!" tuona la voce di mia madre, mentre tiene in braccio il piccolo Niccoló, che stava per addormentarsi ma viene svegliato da tutte quelle urla.

"Sisi, ho finito... un altro minuto e arrivo." mi ripeto che sono pronta, devo solo pensare che andrà tutto bene e stare tranquilla.

Che poi, perché non dovrebbe? È solo un giorno come un altr- ma non diciamo cazzate. Sono terrorizzata, se mentre cammino qualcosa va storto? Se arrivo lì e scoppio a piangere come una scema? E se, e se, e se....

"Mamma, papi ta apettando" sussurra quella piccola vocina che ancora non riusciva a pronunciare bene la S, e mi infonde un coraggio innato seppur sia così flebile.

"Si piccolo, arrivo, vai con la nonna, la mamma vi raggiunge prestissimo." mi avvicino al piccolo che sembra un principino con questo smoking bianco e  il papillon nero, e gli lascio un veloce bacio sulle guance rosse per via del caldo che c'è qui dentro, prima che mia madre lo porti via da questa stanza.

Riguardandolo uscire da quella porta mi viene in mente quando quasi due anni fa è nato scombussolandomi l'esistenza.

Due anni e mezzo prima...

"Anna, ma è possibile che tu stia così male per una fetta di torta al cocco?" dice Flavia, guardandomi dall'alto mentre io sono accasciata sul water per vomitare anche l'ultimo briciolo del pranzo di oggi e della cena di ieri.

"Si, lo sai che sono allergica e avrei preferito saperlo che in quella dannata torta di compleanno c'era il cocco, maledetta me che non resisto ai dolci." dico, pulendomi e rialzandomi.

Un conato però mi sconvolge di nuovo, facendomi abbassare nuovamente. Ho sempre avuto reazioni così ogni qualvolta lo mangiavo, ma oggi mi sembrava troppo eccessivo. Inoltre, la torta l'avevo mangiata ieri sera ed erano passate quasi tredici ore, che senso aveva rimettere adesso?

Forse la bionda accanto a me fece lo stesso ragionamento, perché poi grazie a lei tutto si fece più chiaro.

"Anna." disse ancora la mia migliore amica.

"Cosa c'è?" risposi, debole.

"Non sarai mica incinta?" accennò appena.

E sì, effetticamente lo ero, e quel giorno già di tre settimane, avrei dovuto capirlo prima, ma ne ebbi la conferma quando il ciclo non mi arrivò e il test risultò positivo.
Inutile dire che fu una notizia sconvolgente, perché avevo cominciato la mia vita a Madrid e stavo piuttosto bene, mi stavo ambientando dopo una vita a Torino, e vivere fuori casa con un figlio significava scombussolare tutto, del resto avevo appena compiuto venticinque anni.

Il giorno stesso, più tardi...

"Amore devo parlarti." dissi, prendendogli la mano.

Non ero per niente sicura di come l'avrebbe presa, ma non potevo tenerglielo nascosto. Eravamo giovani, sì, ma anche responsabili anche se beh, ubriacarci e farlo senza protezioni non lo era stato affatto, ma non potevo nascondere una cosa così... grande.

"Dime nena." ogni volta che usava quel nomignolo era come la prima volta.

Mi alzai e andai a prendere la scatola che avevo lasciato in bagno, dove dentro vi era il test positivo.
Lo misi dietro la schiena.

"Chiudi gli occhi." affermai, ed inizialmente mi guardò stranito, ma poi seguì i miei ordini.

Presi l'oggetto che avevo dietro la schiena fra le mani e glielo poggiai sulle gambe.

Casualidad; Paulo DybalaWhere stories live. Discover now