Prima parte - Capitolo 4

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Attese qualche minuto, fino a quando giudicò che fosse giunto il momento: alzò la testa e si volse lentamente in direzione della casa di Frost, muovendo passi silenziosi e lenti e abbassando, benché fosse sicuro di poter stare tranquillo, la destra ad accarezzare il cinturone. Girò attorno all'edificio pensando che se davvero aveva fatto quello che poteva pensare in quel momento avesse fatto doveva davvero essere andato del tutto: ma rifuggì il pensiero in fretta, dopotutto gli schiocchi non erano stati due.

Giunse di fronte al porticato e allontanò la mano dalla pistola: avrebbe dovuto fare lo studioso, per quanto aveva capito della natura umana.

Frost barcollava appena fuori l'uscio, sudato, con il naso che colava insozzandogli la barba e il fucile fumante stretto nella sinistra in preda a fremiti: un tonfo sordo ne annunciò la caduta, poco prima che il suo vecchio compagno si piegasse sulle ginocchia per vomitare tutto quello che aveva dentro. Cash si avvicinò senza parlare, osservando l'uomo che, all'apice della sua carriera, era in grado di scolarsi quattro bottiglie e poi fare a pezzi una decina di stronzi. Non sarebbe mai stato così, perché non lo era, ma in quel momento gli ricordò fottutamente suo padre. Eppure Frost era un buono, e Cash lo sapeva. Per questo aveva bisogno di lui. Tutti hanno bisogno di uno così, prima o poi. La natura è verità anche per questo: gli opposti non si attraggono, semplicemente devono stare insieme. Preda e predatore, lupo e agnello, rana e scorpione. Un cinese che aveva fatto secco lungo la linea della ferrovia gli aveva raccontato quella storia: era un uomo curioso, minuto e sempre vestito di nero, come lui, capace di muoversi come se stesse ballando e nel frattempo in grado di stendere cristiani a ripetizione.

Gli disse che anche quando ne andrà della sua stessa vita, lo scorpione continuerà sempre a pungere la rana, perché è nella sua natura farlo. Tutto sommato non aveva tutti i torti. Era stato uno di quelli troppo pericolosi per essere uccisi di fronte. Del resto i duelli erano stronzate da cronache di stampa, e l'importante era chi sopravviveva, e non chi finiva al camposanto. A Cash non importava la fama, non più. La vita, in tutto e per tutto. Era certo che dopo non ci sarebbe stato più nulla. Questa era la natura, in assoluto. E lui era la natura. E lei era con lui.

Frost raccolse il fucile afferrandolo dalla canna come una mazza e colpì selvaggiamente le colonne del pergolato, una ad una. Cash fu contento di notare con quanta facilità riusciva a spezzarle come fuscelli. Gli anni non avevano intaccato la sua forza straordinaria, e forse, tenendolo per mano con l'alcool, sarebbe stato un ariete perfetto, in caso di necessità.

Il rumore sordo dell'arma spezzata dall'impeto dei colpi non placò l'ira di Frost, che si volse verso la casa scaricando nei pugni tutto il dolore di una vita rubata, senza neppure indugiare un secondo anche quando, di fronte alla finestra, non sfondò il vetro con la fronte, riaprendo la ferita della sera precedente senza neppure badare alle nuove, o ai vetri conficcati sottopelle, imparando di nuovo a vedere rosso attraverso il sangue colato negli occhi.

Cash attendeva: non voleva sporcarsi il vestito o, peggio, rischiare la vita, almeno fino a quando la rabbia non fosse scemata. Si allontanò senza parlare e tornò verso il granaio per sistemare il cavallo: la partenza era ormai imminente.


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