Parte prima - Capitolo 8

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Frost non ricordava più quanto fosse dura viaggiare per giorni e giorni, come in fuga: l'estate era impietosa, e mano a mano che volgeva a Sud il vento abituato a portare sulle spalle la sabbia sferzava il suo viso segnando le rughe quasi fossero canyon millenari.

Per la maggior parte del tempo viaggiò con il fazzoletto a protezione di bocca e naso, un gesto che non ripeteva fuori dai ricordi da quasi vent'anni: arrivò in città con un giorno di anticipo rispetto a quanto Cash gli aveva intimato affinchè non si facesse attendere troppo, ma il suo non fu un pensiero di rivalsa. Scese da cavallo e guidò il destriero attraverso le vie affollate e polverose dell'ultimo bastione del Paese prima della frontiera: in città come quella l'umanità varia e stralunata dava il suo meglio e il suo peggio, e se Frost non avesse vissuto, dormito, mangiato, amato e ucciso in posti anche peggiori per almeno il doppio del tempo che gli uomini comuni dedicano a uno solo in tutta la vita, sarebbe rimasto stupito di ritrovarsi immerso in quella caotica giostra di vite. Più che altro, la sensazione che pervadeva il suo cuore, oltre al desiderio di un bagno, era quella di una leggera irritazione legata al disagio che persone abituate a vivere in solitudine portavano con loro fra la folla, quale che fosse il loro desiderio di confrontarvisi.

Lasciò il cavallo alla stalla, dando una mancia eccessiva al vecchio ubriacone che gli ripromise di trattare l'animale stanco e vecchio quanto il suo padrone come un purosangue, e si inoltrò in città, passando in rassegna i numerosi locali, bettole e alberghi sdraiati sguaiatamente lungo la via principale. Fu soltanto a sera che entrò nel saloon giusto: avrebbe dovuto riconoscere la mano e il gusto di Maureen nell'arredamento, così unico rispetto alla media che caratterizzava quel tipo di locali, ma raramente la realtà coincide con aspirazioni, desideri o luoghi comuni. Non si accorse di nulla: si sedette mosso dalla stanchezza e dalla fame, ordinò un piatto, da bere e un bagno caldo, senza preoccuparsi di indagare. Fu solo quando, terminata la cena, appoggiando la schiena al divano di velluto, elegante ma logoro, sorseggiando un caffè nerissimo, ebbe alzato lo sguardo che incontrò il suo, proprio di fronte a lui, dall'altra parte della sala, accanto al bancone. Gli anni l'avevano indubbiamente segnata, ma restava una bellezza oscura, recondita e misteriosa, di quelle che in gioventù Frost evitava perché troppo evidenti per una donna, femminili eppure simili all'uomo. Era Cash, quello legato alle donne come Maureen. Lui aveva sempre trovato rifugio tra le braccia sicure e forti della timidezza, dei silenzi, di quella dolcezza che muta in passione solo a luci spente: in quel momento, all'età cui era arrivato, forse non sarebbe più stato così.

Ma con la morte di Lynn tutto appariva superato, lontano, troppo distante per potersi di nuovo mettere in gioco. Anche lei lo riconobbe al primo sguardo: gli occhi non mentono mai, semplicemente c'è chi li nasconde meglio di altri. Il tempo dei pensieri corrisponde raramente a quello della realtà, e prima che potesse sbattere di nuovo le palpebre e tornare alla vita di quel momento, Frost se la trovò dinnanzi, a scrutarlo di fronte al tavolo con il sorriso beffardo fintamente strafottente che sfoggiava tanto spesso allora. Non aveva perso il suo smalto.

"Cazzo Frost, quanto tempo!"

"Sei sempre la migliore, Maureen."

"Non prendermi per il culo, stronzo. Lo so che non lo sono."

"E' vero. Diciamo che sei la migliore di quelle che sono rimaste."

"Quando è morta?"

"Non molto tempo fa."

"Mi dispiace tanto."

"Anche a me."

"Che le è successo?"

"Era malata, ne aveva per poco."

"L'hai fatto tu?"

"Sì."

"Vieni su da me, non stare qui come uno stronzo qualsiasi. Ti faccio preparare un bagno e qualcosa come si deve."

"Non ti devi disturbare, sono a posto."

"Non contraddirmi, Frost."

"Non ci voglio neanche provare."

Si alzò seguendo Maureen e la linea della sua schiena fino al bacino tratteggiato dall'abito nero di cotone leggero, e quasi gli venne da sorridere pensando che lei e Cash erano le uniche due persone fra quelle che conosceva a vestirsi sempre e comunque in nero, estate o inverno che fosse. Per quello che poteva ricordare, la fine dell'adolescenza e i tempi della banda erano stati decisivi per entrambi, in questo senso. Forse era stata l'insolita scelta d'abbigliamento ad avvicinarli. Mise i suoi pensieri a tacere da solo. Non aveva mai sopportato supposizioni come quelle. Inoltre ricordava con affetto, forse perché lontana e legata ad un epoca senza rimpianti, o domande, una frase che la stessa Maureen aveva pronunciato orgogliosamente prima di freddare uno sceriffo di una qualche sperduta banca dell'Est: "Io vesto il nero perché nero è quello che sento dentro."

Era indubbiamente una donna per cui sarebbe valsa la pena morire.


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