XVIII. Ardente

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"Please wrap your drunken arms
around me.
And I'll let you call me
yours tonight."

Eravamo tornati alla casa di Loki tra le montagne in un lampo di luce. Avevamo trovato la porta distrutta, ma Loki l'aveva riparata con la magia e il resto dell'interno era perfetto.

Mi spiegò che l'illusione faceva in modo che i visitatori non vedessero altro che una stanza vuota, per questo gli Æsir se n'erano probabilmente andati senza toccare altro.

Fui d'accordo a tornare a casa perchè era l'unico posto che avevamo, ma qualche pensiero continuava a pressarmi. Saremmo dovuti tornare ad Asgard, prima o poi, anche perchè Frigga non avrebbe potuto coprirmi per sempre. Ma avevo paura di tirare fuori quell'argomento con lui, non avevo idea di cosa fare.

Mentre il sole iniziava a tramontare, io ero in cucina a preparare qualcosa per cena. Stavo mescolando degli ingredienti abbastanza a caso, in qualche modo mi distraeva dai miei pensieri. Ad un certo punto, una figura alta e scura mi si avvicinò da un lato.

"Ha un aspetto disgustoso" disse la voce di Loki con sincerità.

"Davvero rincuorante, grazie" repicai.

Lo sentii camminarmi attorno, i suoi vestiti mi sfiorarono le braccia nude dandomi i soliti brividi. Apparve dall'altro lato e si appoggiò al bancone della cucina. Percepii il peso dei suoi occhi su di me.

Smisi all'improvviso di mescolare e mi girai verso di lui, i suoi occhi si scontrarono subito con i miei.

"La puoi smettere?" mi lamentai. "Mi intimidisci e non aiuta" accennai alla scodella con lo strano miscuglio.

Un ghigno apparve sulle sue labbra alla mia confessione, ma lo nascose rapidamente. Tornò serio e mi osservò per qualche momento in silenzio.

"Ancora non riesco a credere a quello che mi hai detto" ammise. "E non riesco a credere che tu sia ancora qui."

Abbandonai la scodella e mi voltai completamente per guardarlo in faccia. Sospirai.

"Io sono qui" gli dissi. "E non ho alcuna intenzione di lasciarti da solo."

I suoi occhi brillarono come due stelle mentre mi osservava.

Mosse un passo verso di me per annullare la distanza che ci separava e alzò una mano ad accarezzarmi una guancia, come aveva spesso fatto. I nostri occhi si incatenarono magneticamente.

"Tu hai detto di amarmi" mormorò e il mio cuore perse un battito.

Deglutii e il mio sguardo cadde sul pavimento, il mio viso arrossì. Mi sentivo troppo imbarazzata e vulnerabile. Ma era vero, lo amavo. Il mio cuore lo gridava. Amavo quel Dio, quell'uomo e non potevo evitarlo.

"Guardami" richiese.

Fui sorpresa del fatto che me lo avesse semplicemente chiesto senza forzarmi. Era a centimetri da me e il mio cuore riprese a martellarmi nel petto.

"Tu... Tu devi sapere che questa situazione può essere pericolosa. Non è sicuro stare con me, io-"

Alzai semplicemente un dito e glielo premetti sulle labbra per zittirlo. I nostri occhi si incatenarono.

"Puoi risparmiarmi queste stronzate?" sibilai tra i denti.

Lui mi tolse la mano dalle sue labbra e la strinsie nella sua, senza lasciarmi andare.

"Asja, non voglio che tu soffra" mi confidò. "E se questo è ciò che vuoi, hai il dovere di sapere che cosa può implicare. Io ho molti nemici."

"Combatteremo quei bastardi insieme" sussurrai e gli diedi un sorriso determinato.

Il Caos SilenziosoWhere stories live. Discover now