Capitolo 1- Ultimatum

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La folla attorno a me urlava incitando i giocatori a vincere sulla squadra avversaria. Senza esitazioni mi unii ai cori e quando l'arbitro suonò il fischio che segnò la fine dei giochi, urla di giubilo si sollevarono da parte dei genitori presenti nelle tribune per il successo raggiunto dai loro figli. Si alzarono e io con loro per potermi godere le esultazioni della squadra. I ragazzi si radunarono attorno al loro allenatore che si congratulò con loro soddisfatto, per poi dirigersi verso gli spogliatoi.

Scesi la scalinata non riuscendo a evitare le domande e i saluti che mi venivano rivolti da alcuni genitori e quando riuscii a raggiungere il campo, m'incamminai all'interno dell'edificio senza che mi fosse sfuggita l'occhiata che l'allenatore della squadra mi aveva rivolto. Lo ignorai e mi diressi verso la mia aula. 

«A domani, professoressa» mi salutò una mia alunna. Ricambiai il saluto, prima di proseguire. Raccolsi le mie cose, visto che avrei dovuto già essere da un'altra parte. Uscii dall'edificio e raggiunsi il parcheggio.

«Vivienne!»

Strinsi le chiavi tra le mani, inspirai a fondo e mi voltai. «Professor Spencer», dissi, senza abbandonare le formalità. Poi lasciai vagare il mio sguardo sul piazzale, davanti alla scuola, per assicurarmi che non ci fossero occhi indiscreti ad assistere al nostro scambio di battute. 

«Andiamo, Vivienne.»

Incastrammo i nostri sguardi. Seguì un momento di stasi, poi feci due passi indietro con tutta l'intenzione di andarmene per evitare di dar vita a una conversazione inappropriata. Sembrò capire l'antifona e provò a moderare i toni. «Grazie per il tifo di poco fa.»

«Qualunque cosa per la scuola, signor Spencer. Complimenti.» Notai alcuni alunni uscire dall'edificio.

«Senti, Vivienne.» Mi si fece vicino. Il tono della sua voce scese di tono. «Ho casa libera questo weekend...»

«Non è il luogo adatto» lo rimproverai e lo sguardo che mi lanciò mi fece sentire in colpa per l'asprezza con cui mi ero espressa. Sospirai. «Avevamo già detto che l'ultima volta sarebbe stata l'ultima, Patrick.»

«Oh, lo è stata. E lo sarà.» Gli occhi gli brillarono furbi. 

Non riuscii a non sorridere. «Non mi pare. Non complichiamo ancora di più la situazione, per favore» parlai decisa.

«Allenatore Spencer?» lo chiamò il preside dell'istituto. Mi tesi e ne approfittai per prendere le distanze dall'allenatore in questione. «Ben fatto! Abbiamo dato l'anima oggi, gli allenamenti aggiuntivi hanno dato il loro frutto.»

Salutai con un gesto sbrigativo entrambi e mi avviai verso la mia auto pronta a fuggire, avvertendo però su di me il suo sguardo insistente.

Mi sarebbe piaciuto convincermi che fosse stato tutto un immenso errore ma non lo era stato affatto, perché entrambi eravamo consapevoli di aver dato vita a una relazione azzardata e pericolosa. Sia per la posizione che entrambi occupavamo all'interno dell'istituto sia per il fatto che lui era impegnato e non di certo con la sottoscritta.

Guidai fino a casa dei miei genitori e una volta arrivata, parcheggiai e mi avviai lungo il vialetto. Suonai e mia madre venne ad aprirmi con il solito sorriso dolce sul viso. Ricambia ed entrai. Indossava il grembiule, così intuii che dovesse aver passato tutto il pomeriggio in cucina a preparare per la festa di compleanno di suo figlio. Salutai mio padre, poi mi lasciai convincere da mia madre ad aiutarla a finire di cucinare.

Quando fu tutto pronto, ci sedemmo e aspettammo l'arrivo di mio fratello. Un'attesa che si rivelò più lunga del previsto. Non amavo fare la guastafeste ma si stavano illudendo ancora una volta che Arthur sarebbe venuto. Guardai la torta al centro della tavola, alzai lo sguardo sui miei genitori e notai che il buon umore non gli aveva ancora abbandonati.

Sangue Del Mio Sangue [Completa]Where stories live. Discover now