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e a t ; ; v k o o k

ㅡ✨ㅡ

agosto, 1989
tokyo, giappone

una lieve brezza arieggiava sulla città illuminata, entrava tra i capelli color pece di jungkook, facendoli fluttuare nell'aria, e rendendo la sua immagine più affascinante che mai.

le sue mani cingevano i fianchi di taehyung, che diventava sempre più bello agli occhi di jungkook.

un anello al dito di entrambi splendeva come le luci di tokyo in quella notte cosí calma, sebbene turbolenta.

dopo l'incidente della camicia in presenza di namjoon, jungkook e taehyung avevano ritenuto opportuno andarsene immediatamente da gwangju, scomparire dagli occhi dei loro amici più vicini.
e perchè non andarsene a tokyo?

non avevano riscontrato difficoltà nel trovarsi un posto nel quale stare insieme, data l'esagerata ricchezza di cui jungkook  disponeva, quindi avevano optato per un semplice bilocale tra i palazzi del bellissimo quartiere di shibuya.

nonostante gli ingredienti principali che formavano le loro vite fossero caos e disordine, stavano cercando di rendere romantico quell'attimo sul balcone.
taehyung, ㅡ il mento sulla spalla del corvino ㅡ aveva capito che jungkook era disposto a dare la sua vita, tutto il suo amore e persino il suo sangue.

era agosto, e jungkook lo amava alla follia.

a taehyung sarebbe piaciuto vivere quel momento in primavera, per esempio a maggio, quando a tokyo i fiori sugli alberi di ciliegio diventano rosa e a tratti rossi. avrebbe preferito di gran lunga baciare jungkook sotto una di quelle piante, e piangere perchè la sua vita non stava andando nel verso giusto; voleva piangere perchè tutta la sua esistenza era nel verso sbagliato.
spesso si domandava come facesse un uomo a mangiare un suo simile, e si sentiva solo, volendo qualcuno che lo capisse.

beh certo, non voleva qualcuno come lui per discutere su come preferiva mangiare gli umani: al forno? fritti? con le patate di contorno? magari con il ketchup, o la salsa di soia... crudi come il sushi?
voleva essere capito, perchè non era felice quando si nutriva di corpi umani, morti o vivi che fossero, non provava gioia quando addentava la carne soffice di jungkook.

ah, jungkook...

come aveva potuto un ragazzo simile innamorarsi della brutta bestia che era taehyung? come poteva rimanere tranquillo, e ancora cosí tanto innamorato? aveva per caso fatto qualche patto con il diavolo?

lo capiva dalle sue dita, che in quel momento stavano accarezzando i suoi capelli grigi: adorava il modo in cui si sentiva quando lo coccolava; si sentiva tra le nuvole, adorava quando dimenticava il male che lui stesso gli provocava, il modo in cui cancellava in modo permanente il sangue sul suo petto e sulle sue gambe, senza morire, amplificando il suo amore ogni volta...
il modo in cui cancellava se stesso solo per far capire al suo hyung che era suo, e di nessun altro, che era lí solo per lui.

«taehyung, perchè stai piangendo?» le parole di jungkook vennero scandite dritte fino al cuore del nominato.

perchè?
come faceva a non rendersi conto che lui stesso fosse il primo ad essere malato?
jimin glielo aveva spiegato chiaro e tondo: jungkook era malato, soffriva di sindrome di stoccolma, anche se taehyung non era nessun tipo di sequestratore, o molestatore.
jungkook prendeva i suoi atti disgustosi come simbolo d'amore.

«stavo solo pensando a noi due, tutto qui.» mentí.

un'altra lacrima scese dagli occhi color cioccolato di taehyung.
il corvino la pulí con il pollice, prendendo le guance rosa del suo amato tra le mani.

si avvicinò con il viso alle labbra del grigio, facendo combaciare le loro bocche.

taehyung approfondí quel bacio cosí casto, premendo di più con le labbra sulle gemelle. voleva godersi tutto quanto.
voleva cancellare, far dimenticare a jungkook le immagini del suo sangue che colava dal suo corpo.

«sai cosa vogliono dire questi anelli, vero?» chiese il corvino.

taehyung, che era troppo occupato a stringere jungkook, non rispose.

«vuol dire che mi piaci e che, per te, ci saró sempre e comunque.»

«ti prego non dire cosí. baciami, ma non dire che ti piaccio, o che mi ami.»

«non ricambi?»

jungkook si allontanò di qualche centimentro.

«no, ricambio eccome, è che... ㅡ il rumore del vento gli fece cambiare idea, non voleva più parlare. ㅡ ricambio e basta.»

intanto, l'altro aveva capito tutto.

prese taehyung per i fianchi, di nuovo, dando un pacchetta al sedere per fargli capire che voleva prenderlo in braccio, come si faceva con i bambini.

i loro petti aderirono l'uno contro l'altro, si abbracciavano, non lasciarono che le loro lingue ballassero ancora, taehyung si limitò a poggiare il mento sulla spalla di jungkook, e sfiorargli le scapole con le dita.
le mani del più piccolo, invece, tenevano i glutei del grigio per trasportarlo al meglio dall'altro lato dell'appartamento, dove la loro camera prendeva luogo.

si stesero sul materasso, tra le lenzuola fresche, i loro corpi erano stesi uno di fianco all'altro, le loro mani si erano intrecciate in una stretta salda, come le loro anime.

dopo essersi tolto i pantaloni e la maglietta bianca, jungkook si addormentò, lasciando a taehyung il modo di osservarlo meglio: sulla clavicola c'era ancora il segno del morso, non più evidente di quello lasciato la mattina stessa sul fianco.

quelli sul suo petto, non erano 'segni di amore' o di 'appartenenza', quelli che si lasciano due amanti durante un rapporto.
erano, ancora una volta, i morsi di taehyung, ben più profondi o violacei di alcune semplici marchiature.

note;
la leggereste una namkook ?

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