two;

364 36 32
                                    

e a t ; ; v k o o k

ㅡ✨ㅡ

luglio,1989
gwangju, corea del sud.

a gwangju, d'estate, non faceva particolarmente caldo: c'era chi si lamentava, sempre e comunque, di quei trenta-trentuno gradi che, beh sì, facevano venire le goccioline di sudore alla fronte, ma se si sapeva come ripararsi da quel "nauseante" calore, erano sopportabili.

non era mai morto nessuno di caldo, a gwangju.

ma, jungkook, che stava impiegando ormai un'ora e mezza per tornare a casa, si sentiva morire: le ascelle erano contornate da un alone di sudore, goccioline salate grondavano giù dalla sua fronte, bagnando i ciuffi di capelli che ricadevano su di essa.

camminava affaticato, lungo la via di casa; si sentiva stremato dal sole che sembrava cuocere la sua pelle come pollo arrosto, e non vedeva l'ora di stravaccarsi sul suo divano, accendere il ventilatore a soffitto, e mangiare quante più robe fredde possibile.

e così fece.

buttò la valigetta di lavoro in un angolo remoto del suo monolocale, abbassò le tapparelle, in modo che nessuna fonte di calore riuscisse ad entrarvi, e, subito dopo, entrò nel box doccia, dove una sciacquata fredda lo aspettava.

si cambiò, mise dei semplici bermuda, che gli arrivavano poco sopra le ginocchia, e scelse una canotta bianca.

era estate, e jeon jungkook non aveva voglia di fare niente.

fu circa due ore dopo, verso le sette, che il citofono del suo silenzioso e buio monolocale cominciò a suonare.

insistentemente.

all'inizio, aveva deciso di ignorarlo, fingendosi morto, o, ipotesi più probabile, fuori di casa.
non riusciva proprio a trovare la forza per alzare quel suo bel culetto che si ritrovava appena sotto la schiena, e dirigersi verso la porta per scoprire, almeno, chi esigesse entrare a quell'ora in casa sua.

«amico, sappiamo che sei in casa!» la voce profonda del suo collega arrivó fino al secondo piano, quello dove l'appartamento del corvino era appoggiato.
namjoon era lí.

«appunto, koo, non far finta di dormire...» arrivò anche la voce quasi stridula di seokjin, un po' più debole rispetto a quella del primo.

con uno sbuffo, jungkook decise di scollare le chiappe pesanti dal suo divano, si affacciò al suo balcone, e si limitò ad aspettare che i suoi due hyungs spiccicassero parola.

«quindi? vi muovete a salire o no?» la frase di jungkook rimbombó per tutto il cortile del condominio, attirando la vecchietta sua vicina di casa, intenta a sbattere la scopa contro la grata del balconcino molto floreale. 

la signora era cosí infastidita dalle urla dei tre giovani che, per dispetto, fece finire della polvere nella bocca di seokjin.

*

«e quindi volete che io mi metta in tiro, questa sera, per dirigerci al basque e conoscere i vostri insulsi amichetti?»

«aish, koo ㅡlo interruppe subito seokjinㅡ si tratta del mio fidanzato, yoongi. so che ci conosciamo solo da un mese scarso, ma in ufficio hai fatto una buona impressione a tutti, specialmente a me e a namu. cosí abbiamo deciso di farti conoscere yoongi, che lavora al basque.»

jungkook si prese qualche attimo, per valutare se uscire con i suoi colleghi ne fosse davvero valsa la pena.
in fondo, era caduto in quello stato di trance solo per via del caldo;
"stasera farà molto più fresco" si disse, accettando quindi l'invito.

il fatto era questo: jungkook abitava a gwangju da poco meno di un mese; era riuscito a trovarsi un lavoro in un ufficio, e qui gli si erano presentati namjoon e seokjin, era davvero felice di averli incontrati.

sebbene, come aveva detto il secondo, si conoscessero da relativamente poco tempo, jungkook sentiva, dentro di sè, che forse, forse sarebbe potuto crescere un legame, e che con quei due stangoni ne avrebbe passate di belle, in ufficio.

quindi, sí, perchè no?
uscire con i suoi due nuovi amici e fare conoscenza con il cameriere del basque.
cosa sarebbe mai potuto succedere?

eat;Tahanan ng mga kuwento. Tumuklas ngayon