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e a t ; ; v k o o k

ㅡ✨ㅡ

novembre, 1989
busan, corea del sud

finalmente, erano arrivati nella città-natale di jungkook, i quali genitori lo aspettavano a braccia aperte, alla porta di casa.

«jungkookie, hai mai detto ai tuoi parenti di essere attratto anche dai ragazzi?» chiese taehyung, mano nella mano con il corvino.

«sí. non l'hanno presa bene, ma penso che sia stato solo perchè non ho mai avuto un vero ragazzo, penso tu sia il primo. ㅡ accarezzò l'indice del grigio, adagiando le braccia ai suoi fianchi, ㅡ ma non voglio che questo ti demoralizzi; sei già triste di tuo, per motivi che non capisco, non voglio che siano proprio i miei genitori ad essere la causa della tua tristezza, oggi. hai capito?»

«kook, noi due non stiamo insieme, ricordi?» disse taehyung, con la sua voce profonda, portando alla realtà il corvino.

gli schioccò un bacio sulla guancia, facendolo sussultare dal dolore, e quando se ne accorse, gli tirò su la mascherina nera, raggomitolata sul collo, che ora gli copriva il viso dal setto nasale  al mento.

taehyung pensava che jungkook fosse un uomo molto affascinante, con doti straordinarie, l'uomo che lui, in prima persona, aveva sognato tra le braccia di morfeo; ma non si riteneva pronto per una relazione con lui, dal momento che jungkook, molto probabilmente, sarebbe morto prima di lui.
e taehyung non aveva proprio bisogno di affezionarsi cosí tanto ad una persona, e doverla lasciare andare via prematuramente.
quello che non sapeva, era che il suo cuore apparteneva all'altro, ormai già da tanto tempo.

quella frase arrivò al petto di jungkook come una fitta, come se stesse per morire veramente da un momento all'altro; certe volte taehyung sapeva essere una vipera vera e propria, ed era il lato che più odiava del grigio.

entrarono nella lussuosa villetta dei signori jeon, il braccio sinistro di jungkook percorreva i fianchi di taehyung mentre entravano nella dimora, dove la vita dei suoi genitori sarebbe cambiata per sempre.

«mamma, papà... questo è kim taehyung.»

[...]

jungkook non aveva presentato taehyung come il suo fidanzato, bensí aveva detto loro che fosse uno suo amico intimo, conosciuto durante il periodo a gwangju; e, sí, con 'amico intimo', jungkook intendeva 'amico stretto con cui si va a letto'.

i genitori avevano chiesto più e più volte a loro figlio di togliersi la mascherina bianca, che gli copriva gran parte del viso, ma continuava ad insistere, dicendo che soffriva di raffreddore.

e ora, sedevano tutti e quattro attorno al tavolo in legno, i più anziani che masticavano con appetito la loro cena, guardando di sottecchi gli altri due.

jungkook non voleva mangiare: non si sarebbe tolto la mascherina neppure per infilare le posate tra le sue labbra; inoltre,  continuava a fissare disgustato la bistecca impregnata di sangue animale nel suo piatto di ceramica bianca.
quando taehyung se ne accorse, non esitò nel raggiungere la sua mano e stringerla da sotto il tavolo. altri enormi sensi di colpa invasero il cuore di taehyung.

«voi due non ce la raccontate giusta.» affermò il signor jeon, facendo cadere le sue posate d'acciaio contro la stoviglia.

«uh?»

«caro, cosa intendi?»

«non capisco perchè tu non voglia farti vedere in viso per bene, e perchè tu ㅡ indicò taehyung, accanto a suo figlio ㅡ non stia mangiando. a che gioco state giocando?»

«papà, non stiamo giocando a nessuno tipo di gioco... abbiamo entrambi già mangiato in autogrill.» spiegò, tranquillo, il corvino.

«non ti ho insegnato a mentire, jungkook!» il padre si alzó di scatto, tirando un pugno contro il legno del tavolo.

«non sto mentendo, di fatti!» imitò il padre, guardandolo dritto negli occhi, le sopracciglia incurvate verso l'alto.

uno schiaffo colpí la guancia di jungkook, facendolo tremare dal dolore; ora anche la signora jeon e taehyung erano scattati in piedi.

«jungkook, non ti ho insegnato a vivere cosí, non ti credere chissà che uomo, quando non hai nemmeno trent'anni e sei frocio! non sei nessuno, non ti voglio reputare mio figlio.» sputò, schietto.

«tesoro, non ti sembra di-»

«tu, zitta. non ti ho insegnato tutto questo, non ti ho insegnato ad amare una persona del tuo stesso sesso, non è natur-»

non fece in tempo a finire la frase, che del sangue sgorgava dalla gola del padre come la fontana di trevi, macchiando di rosso scuro la tovaglia immacolata che copriva il tavolo da pranzo.

il coltello tra le mani di jungkook era stretto in una presa, quell'atto aveva lasciato taehyung e sua madre con la bocca aperta.

«j-jungkook.» sussurrò la donna, a metà tra lo svenire dal disgusto e dalla sorpresa. corse subito da suo figlio, cercando di raggiungerlo, e tentò di abbracciarlo.

gli accarezzò le guance, lentamente, come a tranquillizzare suo figlio e se stessa.

«c-cosa hai fatt-» una scossa le pervase la sua spina vertebrale, costringendola ad aggrapparsi con le dita tra i fili della mascherina, spostandola quel tanto per far scorgere il buco che vi era sulla gota, ancora sporca di sangue.

la ferita lasció ancora più scioccata la donna, che indietreggiò. non sapendo cosa fare; colse, però, il figlio in un abbraccio disperato.

«hai già visto troppo, mamma.»

altro sangue, proveniente dal collo della signora jeon, venne spruzzato verso l'esterno, sporcando ancora di più la tovaglia bianca, e la camicia del medesimo colore di jungkook.

il suo corpo cadde a peso morto, distendendosi contro le piastrelle fredde della cucina.

«sapeva già troppo.»

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eat;Tempat cerita menjadi hidup. Temukan sekarang