L'arrivo.

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Saranno state circa le 8 di sera quando cominciai a sentire da lontano il rumore della ghiaia spostarsi ad un peso molto più grande di lei.
Dalla finestra in soggiorno, dove io comodamente alloggiavo leggendo, stando appollaiato nella poltrona rossa di nonna, entrarono delle luci di un'auto mobile.
Sbuaffai già sapendo di cosa e di chi si trattasse.
Al solo istante mio padre si presentò in soggiorno dandosi un'occhiata allo specchio, nell'attesa che gli ospiti bussassero alla porta.
Mio padre è sempre stato così, non usciva di casa senza prima essersi guardato allo specchio, anche quando qualcuno bussava alla porta. Diceva sempre che noi stessi siamo il nostro stesso biglietto da visita per le persone che ci conoscono. Forse ho preso anch'io quel vizio da lui, era ormai inevitabile per me.

Non appena finì di guardarsi allo specchio si voltò verso di me e mi lanciò uno sguardo confuso.
"Perché sei ancora lì? È da tutto il pomeriggio che leggi, non vorrai farti trovare in quelle condizioni dai nostri ospiti?" disse indicando il modo disordinato e poco composto che avevo assunto io su quella poltrona.
Roteai gli occhi e sbuffai.
"Non sapevo avessi invitato la regina d'Inghilterra a stare da noi quest'estate." borbottai e riposi il libro che leggevo pocanzi nel tavolino di finaco alla poltrona e dopodiché mi alzai dal divano sgranchiendomi le ginocchia. Nonostante non avessi detto quella frase a voce chissà quanto alta mio padre la sentì lo stesso e mi lanciò un'altra occhiata, stavolta di rimprovero.
D'improvviso il campanello suonò e non appena aperta la porta un vociare s'innalzò dal nulla rompendo quel silenzio che fino a poco prima invadeva l'aura di pace che mi ero costruito attentamente.
Un odore di terra bagnata si insinuò prepotentemente nelle mie narici strappandomi un sorriso involontario. Non c'era altra cosa al mondo, apparte la musica e i libri, che io più amavo della pioggia, era da sempre la mia migliore amica.
Vidi sbucare all'improvviso una chioma di un biondo più scuro del mio che tentava di divincolarsi da quei saluti davvero imbarazzanti per quanto calorosi. Non vidi altro, teneva lo sguardo rivolto dalla parte opposta rispetto alla mia visuale e guardava il maestoso dipinto che avevamo posizionato all'ingresso.
Quella fu una mia pensata, sapevo che sarebbe stata un'ottima mossa metterlo lì. Rappresentava una tragedia greca.

Tornando al tizio, beh, non mi aveva neanache notato, o forse si, ma sicuramente non sarebbe venuto da me a farmi i saluti. E di certo, io non avrei fatto il primo passo.
Così, girai i tacchi e andai in cucina dalla mia amata nonna.
Mia nonna era il gioiello più prezioso che possedessi, era da sempre stata il mio punto fisso fin da piccolo. Lei era la madre di mio padre, ma nel modo in cui stravedeva per me (cosa totalmente reciproca) faceva pensare che fosse più mia madre, anche perché ho passato più tempo con lei che con i miei genitori, essendo mia madre un architetto e mio padre un giudice di corte.

Mi avvicinai da dietro e le stampai un sonoro bacio sulla guancia. Mi sorrise e si girò col mestolo sporco di salsa. "Assaggi vero?" mi chiese pur sapendo la risposta.
"Come potrei perdermi questo onore?" riposi e leccai il mestolo.
La lasciai continuare a cucinare mentre io feci finta di entrare nella stanza dell'ingresso, dove prima c'era quel ragazzo, perché adesso sembra essere scomparso.
"Oh Axel vieni qui, saluta Claire e Felix e portali nelle loro stanze".
Annuì e poco dopo vidi sbucare da dietro i due colleghi di lavoro di mio padre quello stesso ragazzo di prima che chiaramente era il loro figlio.
Ci squadrammo dalla testa fino ai piedi e, vi giuro, non ho mai visto occhi più belli di quelli. Mi colpirono come un fulmine a ciel sereno, mi sentì per un momento paralizzato e cercai aiuto nello sguardo di mio padre, che con un insolito movimento della testa collegato ad uno sguardo che non ammetteva repliche, mi fece capire che avrei dovuto salutarlo io per primo.
Perciò lo feci.
"Axel, piacere."
"Piacere mio, Maxence." e ci stringemmo le mani.
"Seguitemi, vi porto alle vostre rispettive stanze."
E detto ciò mi girai, dirigendomi verso le scale che mi avrebbero portato al piano di sopra, dove appunto, si trovavano le stanze degli ospiti.

Parfois. || Maxel ||Where stories live. Discover now