Ivre d'amour.

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Mi svegliai infastidito dal vociare proveniente dalla cucina, così, mi alzai svogliatamente dal letto e ancora sonnecchiante mi diressi in cucina, dove un Maxence imbarazzato guardava un punto indefinito della stanza.
"Bonjour." esordì e ovviamente, come ogni giorno, mi buttai a capofitto su mia nonna e la riempì di baci.
"Maxou dopo richiama la zia Susanne che ti manda gli auguri e i tuoi cugini, che ti hanno spedito un pacco a casa."
"Auguri?" dissi stranito e confuso.
"Maxence! Non gliel'hai detto? È il suo compleanno!" disse sua madre tutta entusiasta.
"Bell'amico." lo stuzzicai con un sorriso malizioso e lui mi fulminò con lo sguardo mascherando il tutto con una buona dose di falsità sotto forma di sorriso. "E come festeggerai?" chiesi sedendomi a tavola e cominciando a versare del caffè nella mia solita tazzina. "Andrò a Parigi per due giorni." disse e mi guardò negli occhi. "Ohw.." quasi sussurrai e poggiai la caffettiera senza far trasparire la mia improvvisa delusione. Non me lo aspettavo, non mi aveva detto nulla e per di più se ne sarebbe andato a Parigi per due giorni con i suoi amici. A me non aveva pensato completamente. "Guarda che sei invitato pure tu." ridacchiò e addentò un biscotto. "Ohw.." ripetei sta volta ma con stupore. "Claire vieni con me a nuotare?" esordì mia madre finendo il suo caffè e accendendosi una sigaretta. "Certamente, ah ehm, Maxence il treno è alle tre del pomeriggio, controlla se hai preso tutto. Bisous cherì." disse sua madre e uscì insieme alla mia in giardino. "Pensavo non mi avessi invitato sul serio." sospirai e lui rise. "E non sai ancora tutto." disse a bassa voce, avvicinandosi a me. "Non c'è nessun amico." sussurrò ancor più piano e mi guardò dritto negli occhi. A quelle parole drizzai le orecchie e feci un mezzo sorrisino da ebete. "C-che, davvero?" dissi accertandomi che non stesse ancora dicendo bugie. Annuì sorridendo e si alzò per venire ad alzare anche me. "Vai a preparare la valigia o ti lascio qua." rise e mi lasciò un furtivo bacio a stampo trascinandomi verso le scale tra le mie risate spezzate soltanto dal suono di altri baci rubati.

Le tre del pomeriggio arrivarono in fretta. Non ero ancora del tutto cosciente di ciò che stavamo per fare e mi sentivo in una situazione così surreale ma ero anche tanto felice. Aveva rinunciato a fare festa insieme ai suoi amici soltanto per stare con me. Salutammo i nostri genitori e finalmente salimmo sul treno. "Sono felice." dissi sta volta ad alta voce. Mi guardò e sorrise. "Anche io, tanto." e annuì con la testa. "Mi dispiace molto però che tu abbia dovuto rinunciare a fare festa e a stare con i tuoi amici soltanto per me." aggiunsi. Lui scosse la testa abbastanza confuso. "Non ho dovuto rinunciare a nulla Axel, è stata una mia decisione voler stare solo con te e sono felice della mia scelta." disse e prese la mia mano facendo attenzione che nessuno ci vedesse quindi le nascondendo sotto la sua giacca di pelle. "Buon compleanno Max." dissi sinceramente contento. "Grazie choupi." ridacchiò e gli diedi una gomitata non sopportando quel nomignolo. "Quante ore ci aspettano?" chiesi già stanco di stare seduto su quegli scomodi sedili. "Credo tre ore piene, dovrai soffrire ancora un po'." rispose avendo capito il mio disagio. Sbuffai sonoramente e sprofondai la testa su quello che avrebbe dovuto essere lo schienale e seguito a ruota da Maxence, mi godei il panorama francese nelle prime ore pomeridiane.

A svegliarmi fu il vociare di bambini che giocavano nel corridoio del vagone. Alzai la testa e mi accorsi di aver dormito tutto il tempo sulla spalla di Maxence. Stava ancora dormendo e ancora una volta rimasi incantato. Le labbra lievemente schiuse e la pelle del viso luminosa per via del sole ancora cocente che attraversa la finestra posta dinanzi a noi. Le ciglia folte poggianti sulla cima delle guance e i capelli morbidi che gli ricadono sulla fronte priva di imperfezioni. Non credo ancora che fosse possibile il fatto che un angelo come lui avesse scelto me, che in confronto potrei essere il gobbo di Notre Dame, ma lui non mi ha mai fatto sentire tale. Passati tre minuti esatti finalmente il treno si fermò, così lo svegliai e scendemmo.

"Dobbiamo cercare un taxi che ci porti in hotel per lasciare le valigie." disse Maxence spingendo appunto la sua valigia sul marciapiede.
All'improvviso un pensiero si impossessò della mia mente e feci un sorriso sghembo, guardando davanti a me, ma ciò non passò inosservato a lui.
"Cosa?" infatti chiese.
"Nulla." risposi mantenendo quell'espressione.
Alchè, lui inarcò un sopracciglio e schioccò la lingua nel palato.
"Per ora la passi liscia." esordì riducendo poi gli occhi a due fessure e continuandomi a guardare con aria sospetta.
Alzai le mani come a dire 'fa pure.'

Parfois. || Maxel ||Where stories live. Discover now