Fine.

398 28 22
                                    

Attesi alla stazione che arrivasse mia madre a prendermi. Mi guardai attorno, ancora con le lacrime secche sulle guance. Maxence se ne era andato da appena trenta minuti ed era già come se nella mia vita non ci fosse mai stato, come se fosse già andato via da me da anni. La stazione era piena di gente che si rincontrava, chi si abbracciava, chi si baciava felice. Io guardavo e mi sentivo esattamente vuoto. Non avevo nessuno da abbracciare, nessuno da baciare, nessuno da rincontrare. Non stavo provando più alcuna emozione, tranne l'odio, per quelle perone che al mio contrario, erano felici e sorridevano.
"Axel!" sentì una voce alle mie spalle che mi chiamava, era mia madre che stava correndo per venire nella mia stessa direzione.
"Mamma.." dissi con la voce incrinata, buttandomi a capofitto nelle sue braccia.
"Axel.. tesoro.." mi sussurrò e mi accarezzò la schiena lentamente.
"Andiamo a casa, vieni." disse ancora e ci dirigemmo in macchina.
Il tragitto per tornare a casa fu anche peggio. In quella macchina mi sentivo soffocare. Avevo voglia di scendere e mettermi ad urlare da qualche parte nella campagna, così che nessuno mi avesse sentito, né visto, in quelle condizioni.
Ci fermammo in piazza poco prima di arrivare a casa per una sosta dal tabaccaio. Era domenica pomeriggio, e di solito io e i miei migliori amici andavamo sempre in piazza, non avendo molto da fare, ed anche oggi li ritrovai li.
Mi notarono e vennero nella mia direzione.
"Amico sei scomparso!" esclamò Clément, il primo ad avermi notato.
"Una telefonata bastava" aggiunse André.
"Capisco che eri con il tuo-" stava dicendo Charles, ma quando mi voltai a guardarli si zittirono tutti. Probabilmente notarono che avevo ancora gli occhi lucidi e rossi, perché li sentivo bruciare da morire.
Scesi dalla macchina e li guardai uno ad uno. Abbassavano lo sguardo avendo capito la situazione.
"M-mi dispiace" dissi colpevole. Avevano ragione, ero scomparso per non so quante settimane e non potevo che prendermi le mie colpe.
Si scambiarono un'occhiata e li vidi avvicinarsi e abbracciarmi in gruppo.
Li strinsi forte. Mi sentivo così tanto vulnerabile come non lo ero mai stato in vita mia.
"Quando te la sentirai, ci racconterai perché non ti sei fatto sentire, d'accordo?" disse poi comprensivo Charles evitando di toccare tasti nolenti. Apprezzai molto il suo gesto.
"Ve lo prometto." risposi e tornai in macchina vedendo mia madre uscire dal tabacchino.

Tornato a casa evitai tutto e tutti e mi fiondai in camera mia.
Sospirai pesantemente appena aperta la porta, e restai a fissare la stanza appoggiato allo stipite.
In poco tempo, dentro quella camera si erano accumulati un sacco di ricordi. Mi sentivo soffocare nonostante quella camera fosse la più spaziosa del piano. Non mi uscivano neanche più le lacrime. Ero totalmente prosciugato dentro. Decisi di saltare la cena e mi levai di dosso quei vestiti che avevano ancora il suo profumo addosso. Mi stesi nel letto, voltandomi verso la finestra, e sottostante si trovava la mia chitarra. Non la mettevo mai lì. Notai una cosa strana in mezzo alle corde, un pezzo di carta. Mi alzai e andai a vedere. Ero sicuro che quella fosse opera di Maxence. Più me ne rendevo conto, più il peso nel petto accresceva.

"Ho nascosto una cosa dentro il tuo armadio, che per comodità chiameremo campeggio 1982, così nessuno oltre te guarderà questa cassetta."

E rieccola, quella calligrafia inconfondibile. Mi precipitai verso l'armadio e lo smistai da cima a fondo, trovando una videocassetta con su scritto "campeggio 1982". La inserì subito nel videoregistratore e la prima cosa a spuntare sullo schermo fu proprio la sua faccia, con in mano la mia chitarra. 

"Spero non ti dispiaccia che io stia usando la tua chitarra senza il tuo permesso ma non potevo dirtelo, avresti capito tutto. Bhe, non sono Brian May e nemmenon Freddie Mercury, ma visto che è la tua canzone preferita, voglio lasciarti così. Non so se guarderai mai questa cassetta ma eccomi, a rendermi ridicolo davanti gli occhi più belli che io abbia mai visto." 

Dapprima il suo tono era scherzoso, poi si fece serio di colpo, quello bastò per destabilizzarmi ulteriormente. Cominciò a strimpellare le prime note di Love of my life. Avrei preferito morire che continuare a vedere quella videocassetta ma era come se il mio istinto mi stesse dicendo di continuare a vedere, o forse ero solo io che non riuscivo a staccargli gli occhi di dosso. La sua voce era la cosa più bella che io avessi mai sentito. Il modo in cui accarezzava le corde, di come ogni tanto si lasciava andare ad un sorriso malinconico guardando dritto verso l'obiettivo. 
"Controlla dentro la chitarra, e realizza il tuo sogno. Addio choupi, sappi che mi rimarrai per sempre dentro le ossa." concluse e Axel stoppò la registrazione, non potendone più di sentire quel dolore al centro del petto, nel sentire la voce del maggiore. Fino a quel momento non avevo mosso un muscolo e non avevo aperto bocca neanche per respirare. Singhiozzai rumorosamente e cominciai a tremare. Afferrai quella chitarra e ruppi le corde per poter cercare all'interno qualsiasi cosa gli avesse messo Maxence, e trovai una lettera. La aprì e all'interno trovai un biglietto di un concerto dei Queen, per il 3 settembre a Seattle. Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso. Le lacrime ripresero ad accumularsi e in poco tempo vidi tutto attorno a me nuovamente sfogato. 

Parfois. || Maxel ||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora