Lo immaginavo.

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Avevamo appena finito di cenare.
Avevo dormito tutto il pomeriggio dopo essere passato in stanza da Maxence. Ero ancora un po' incredulo. Adesso non sapevo ufficialmente come comportarmi. Stavo strimpellando qualche nota alla chitarra per distrarmi da quel pensiero fisso. Ero agitato e ansioso e stavo anche sbagliando a suonare. In quel momento avrei voluto essere in camera sua con lui. Sbuffai sonoramente. Poi, sentì bussare alla porta. Scattai subito la testa verso di essa. "Avanti." dissi piano ma giusto tanto forte per far si che mi sentissero comunque, anche perché era sera e c'era abbastanza silenzio.
Non entrò nessuno ma vidi un bigliettino sbucare fuori dalla fessura della porta. Okay, era lui sicuro.
Sentì dei passi felpati allontanarsi e una porta aprirsi e rinchiudersi subito dopo. Mi alzai velocemente scostandomi la chitarra di dosso e mi abbassai per raccogliere il bigliettino ed aprirlo.

Per ora dormono tutti, ci vediamo a mezzanotte al dondolo. Non farmi aspettare.
                                                -M.

Il mio cuore fece una capriola. Mi ero totalmente sciolto dopo quello che aveva scritto. Avevo notato poi che avesse una scrittura molto geometrale, simmetrica e ordinata. Anche in quello sembrava migliore di me, che a differenza sua scrivevo in un modo molto più disordinato.
Ero sicuro di riuscire a sentire il suo profumo anche in quel pezzo di carta, infatti lo portai al naso e lo aspirai a pieni polmoni. Si, era ufficiale, ero proprio cotto.
Poi però mi ricordai di ciò che aveva scritto e controlla subito l'orario. Erano appena le 10.00 PM.
In che modo avrei potuto spendere quelle due ore? Una doccia? Mh, no, l'avevo fatta prima di cena, non ne avevo voglia di farne un'altra. Leggere? No, ero troppo ansioso, non mi sarei concentrato. Di suonare non potevo, stavo sbagliando praticamente tutto. Guardare la TV al piano di sotto? Si, forse era l'unica cosa che mi avrebbe distratto un po' e avrebbe fatto passare un po' anche il tempo, o almeno lo speravo.
Scesi giù velocemente andando ad occupare il posto nel divano e mi misi comodo. C'era ancora mia nonna sveglia, seduta nella sua solita poltrona rossa.
"Piccino ancora sveglio?" mi chiede mentre sorseggiava probabilmente la sua solita camomilla quando non riusciva a dormire. "Ho dormito tutto il pomeriggio" risposi semplicemente.
"E come mai adesso non sei con.." al posto di dire il suo nome alzò le sopracciglia due volte e mi fece ridere.
"Te l'ho detto, non succede nulla." mentì, anche se era totalmente inutile. Lei già aveva sicuramente capito tutto. "Certo, va bene." si arrese fintamente, ridendo. "Nonna, posso farti una domanda?" le chiesi di colpo, mi venne una curiosità innata. Lei annuì in modo ovvio. "Come vi siete conosciuti tu e il nonno?" continuai.
Lei fece un sorriso nostalgico e posò la tazza che reggeva in mano sul tavolino di fianco alla poltrona.
"Ci conoscemmo alla festa di matrimonio di mio fratello. Erano cari amici. All'epoca ci si sposava veramente giovani, infatti mio fratello aveva appena 19 anni, mentre tuo nonno ne aveva 23, ed io 17.
Mi corteggiò per tutta la serata." ridacchiò ricordando i vecchi tempi e io la guardavo come si guarda un'opera d'arte, perché certe cose vanno contemplate, ed io i suoi racconti li conteplavo sempre, lei aveva sempre qualcosa di intelligente da dire, mia nonna era unica nel suo genere e non mi annoiava mai, neanche quando raccontava cose accadute 40 anni prima.
"Ah ma io non lo lasciai conquistarmi così facilmente, doveva dimostrarmi il suo amore, e se era vero avrebbe aspettato." aggiunse e io cominciai a riflettere. Forse stavo sbagliando a concedermi al volere di Maxence così facilmente? Non dico che la situazione sia uguale, lui non mi ama, e neanche io. Ne sarebbe valsa la pena mettere a repentaglio la mia reputazione? Avrebbero potuto scoprirlo i miei amici, i miei genitori, e non dico di avere paura di ciò, ma io sono sempre stato solo con ragazze, lui era il primo ragazzo in tutta la mia vita che mi piaceva e che mi attraeva come forse non mi era mai neanche successo con una ragazza.
Dovevo rallentare?
Mia nonna continuò col racconto finché non vidi che stava morendo di sonno così l'accompagnai in camera sua. Tornai in soggiorno e guardai l'orologio appeso al muro.
Segnava le 12.15 AM.
Era già mezzanotte passata. Corsi fuori in giardino dirigendomi verso il dondolo. Era già lì. Bello come il sole, nonostante fosse notte inoltrata. Si girò a guardarmi e mi fece un mezzo sorriso.
"Scusa, stavo-" stavo cercando di spiegare il perché del mio ritardo ma lui mi bloccò.
"Non fa nulla, davvero." disse mettendo la sua mano sopra la mia come per tranquillizzarmi, solo che poi la lasciò poggiata anche dopo.
"In tua presenza non so che dire." mi lasciai sfuggire e lo vidi ridacchiare.
"Addirittura." disse poi.
Cominciò a spingere col piede il dondolo.
"Se fai così però io mi addormento." ridacchiai e mi poggiai con le braccia contro l'estremità del sedile e poi poggiai la testa sopra. Lui mi imitò. "Ne varrebbe comunque la pena." rispose e io un po' mi sciolsi.
"Visto che mi hai fatto venire fin qui, parlami di te." dissi io invece, facendo un po' lo stronzo in effetti. Sembrò irrigidirsi, quindi gli feci un sorriso di incoraggiamento.
"Di me?" chiese con un tono un po' più distaccato. Non capì il perché di questo suo improvviso cambiamento.
"Non ho molto da dire, diciamo però che quel poco è tanto." disse mettendomi in confusione. Dove voleva arrivare? Perché quel giro di parole? In fondo era una domanda semplice.
"Lo immaginavo." la buttai così, io, per suscitargli della curiosità e farlo rilassare un attimo.
Infatti mi guardò con aria interrogativa. "Che cosa?" chiese.
"Sei pragmatico, ti si legge negli occhi." lo guardai attentamente.
Fece un sorrisetto, forse adesso si sentiva più a suo agio nel vedere che stavo "al gioco".
"Sarei io quello pragmatico? Per darti quel bacio a quel campeggio mi hai fatto alzare tardissimo e poi fatto stare sotto la pioggia." rise.
"Ma se sei stato tu a portarmi fuori dalla tenda!" lo incolpai ridendo e gli puntai il dito contro.
"Si ma l'ho fatto per te, pensavi ti avrei baciato in una squallida tenda?" chiese come se fosse la cosa più ovvia. "In effetti." mi arresi.
Mi voltai a guardare la luna e le stelle.
"Da piccolo credevo che le stelle fossero delle vie." continuai.
"Delle vie?" chiese guardandomi.
"Si, delle vie, delle decisioni. Per esempio, la vedi quella stella?" ne indicai una molto vicino alla luna. "Quella sarà domani la mia decisione di mangiare pane tostato a colazione invece che biscotti con il cioccolato." Non sapevo nemmeno io perché gli stavo dicendo quelle cose. "Perché, hai qualcosa contro il cioccolato?" chiese ironicamente. "No, ma prima o poi dobbiamo fare delle scelte, e devi comunque considerare il fatto che prendendo una decisione, in altri milioni di universi paralleli ne avrai presa un'altra magari." dissi fermamente convinto di quella tesi.
"Come fai a dire questo? In altri mondi paralleli sei comunque tu, e quindi non faresti la stessa scelta?" mi chiese, e non aveva tutti i torti, ma "Se tu fossi in un altro un universo parallelo, e quindi con una diversa consapevolezza nel fare una scelta, e sai di poterla fare diversa, non azzarderesti a farne una totalmente l'opposto di quella già presa in un altro universo parallelo?" gli risposi e mi voltai a guardarlo.
Lui sembrò rifletterci.
"Devo ammetterlo, tutto questo mi fa impazzire." sospirò e si voltò a guardarmi.
"Hai un uragano dentro quella testa." mi disse guardandomi dritto negli occhi.
"Anche negli occhi." aggiunse.
Mi mordicchiai il labbro.
"Che cosa?" domandai non capendo a cosa si stesse riferendo.
"Un uragano. In questi occhi hai un uragano." confermò e il modo serio in cui lo disse mi fece tremare leggermente.
"L'uragano sono io. Sono speciale." scherzai, e a volte il mio modo esuberante di fare non era molto gradito e forse anche in quell'occasione avevo sbagliato a farne leva. Ma la sua risata mi distrasse. Tirai un sospiro di sollievo.
"È vero, sei speciale. Non stai un attimo fermo, ti vedo sai?" chiese retoricamente. Abbassai lo sguardo colpevole e ridacchiai.
"Com'è Parigi?" chiesi di punto in bianco, cambiando argomento. Non andavo a Parigi da quanto avevo 14 anni.
"Non ci vai spesso?" mi chiese estremamente curioso e si accese una sigaretta. Negai col capo e mi imbambolai a fissarlo mentre fumava un'insulsa sigaretta. Avrei tanto voluto prendere il posto di quella sigaretta, pensai.
"Devo ammettere che Parigi è proprio unica." disse ancora e mise una mano sopra il mio ginocchio, giocando a fare cerchi immaginari.
"Ha un suo incredibile perché, se tu non fossi francese, la prima città che vorresti visitare non sarebbe Parigi?" mi chiese retoricamente guardandomi negli occhi.
"Si" dissi semplicemente.
"Se vuoi un giorno di questi ci andiamo insieme." e io non me l'aspettavo proprio questa proposta.
Io e lui, da soli, in una città che a stento conoscevo pur essendo francese. La cosa mi elettrizzava parecchio.
"Perché no" mi avvicinai un po' di più.
"Mi ricordi parigi." sputò tutto d'un fiato. Sentì una strana sensazione a livello di pancia, credo proprio fossero quelle cazzo di farlalle di cui tutti parlano.
Spostai lo sguardo dritto nei suoi occhi e vedere che anche lui mi stava guardando e giuro che non sapevo che cosa dire.
"Perché?" dissi solamente.
"Parigi è affascinante. Parigi è bella. Parigi è un traffico continuo, ma ci sono quei momenti che diventa la città paradiso. Silenziosa, intima, discreta, prima un uragano e poi l'arcobaleno. Le luci la sera che riflettono nelle pozzanghere sparse sui marciapiede. La torre Eiffele, grande e maestosa. Sei tu Axel, sei semplicemente tu." Trattenni il fiato per tutto il tempo di quel discorso. La voglia di saltargli addosso e baciarlo era così tanta, ma c'era qualcosa che mi stava frenando. Poggiali la testa nella sua spalla e rubai la sigaretta dalle mani. Decisi di non dire più nulla, era tutto troppo bello, non c'era bisogno d'altro.
Cominciai a sbadigliare dopo un bel po' che avevo spento la sigaretta, nel frattempo avevamo parlato senza mai smettere, era incredibile come avessi imparato in così poco tempo ad amare la sua voce. Era così piacevole ascoltarlo, che l'avrei fatto anche se avesse parlato di molluschi. Credetemi.
"Io credo che tu stia morendo di sonno" disse accarezzandomi una guancia. Sbiascicai qualcosa ad occhi semi aperti strisciando la guancia sulla sua spalla. In realtà ero solo tanto rilassato, non era sonno.
"Ma ho dormito questo pomeriggio." quindi precisai.
"Si ma sono una cosa tipo le 3 di notte." mi informò ed io sbarrai gli occhi.
"Abbiamo parlato così tanto?" chiesi infatti alquanto scioccato.
"Per me è come se avessimo parlato 10 minuti." disse lui.
Sospirai. Mi avrebbe letteralmente fatto impazzire.
Ci alzammo dal dondolo e ognuno proseguì per la propria camera.
Anche se, appena entrato in camera sentì come se mancasse qualcosa. Mi sudavano le mani, e mi venne improvvisamente ansia per quello che stavo per fare. Non ho più resistito, già mi mancava. Mi precipitai davanti la porta del bagno ed esitai solo due secondi prima di spalancarla. Ma, non appena aprì la mia, vidi sbucare lui dalla sua. Ci guardammo per dei secondi che parvero secoli, fin quando non decise di fare lui il primo passo avvicinandosi a me ed io quasi meccanicamente lo assecondai. Mi ritrovai le sue mani attorno ai miei fianchi e le sue labbra premute contro le mie. Indietreggiò fino ad entrare completamente in camera mia e chiuse la porta del bagno, ormai alle sue spalle, fregandosene se qualcuno ci avesse sentiti. Era la cosa che meno ci importava in quel momento.

Parfois. || Maxel ||Where stories live. Discover now