•Capitolo 5•

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Mi chiusi la porta alle spalle e ci appoggiai la schiena contro, il respiro affannato e gli occhi sgranati come se avessi visto una fata.

Ero corsa su per le scale come se fossi inseguita da un serial killer e tutto questo perché avevo fretta di parlare con Noah. E ovviamente non potevo farlo davanti a papà.

«Quindi tu riesci a toccarmi.» Noah aveva appena oltrepassato il muro, appoggiandosi con una spalla al mio fianco, un sorriso sbilenco stampato sul viso. Gli luccicavano gli occhi come gemme preziose. Come due zaffiri.

Mi voltai a guardarlo, ancora a corto di fiato. Non riuscivo a credere che potessi vederlo e toccarlo. Doveva per forza significare qualcosa. Sicuramente che i miei poteri erano tornati o che di certo stavano tornando quasi del tutto.

«Credo...Io credo proprio di sì.» Il mio fu un lieve sussurro, a malapena percettibile. Aggrottai la fronte, chiedendomi se e quando sarebbero tornate anche le visioni e i sogni. Inoltre, non sapevo se esserne entusiasta o spaventata. Sapevo perfettamente che le mie capacità mi avrebbero portata a conoscere più del dovuto momenti che non ancora accaduti. E che, in questo caso, avrei fatto di tutto pur di rendermi utile in base a quello che avrei visto. Solo che mi trovavo nel mondo reale adesso, non più rinchiusa in una clinica.

«Posso?» Alzò una mano, esitando. Compresi che intendeva se potesse toccarmi.

Per qualche ragione, la sola idea mi mandò in tilt il cervello e il cuore in fibrillazione. Trovai molto carino il fatto che mi stesse chiedendo il permesso. Non tutti lo avrebbero fatto.

Lentamente, annuii.

Noah, allora, allungò la mano e quando io mi voltai totalmente nella sua direzione, in modo da essergli di fronte, posò la mano sul mio viso. Notai il suo pomo d'Adamo sollevarsi e abbassarsi, le sopracciglia aggrottate.

Io trattenni il fiato, come un palloncino gonfio. E poi, lo sentii. Avvertii con chiarezza il peso della sua mano, il calore della sua pelle. Proprio come avvertii la scossa che mi trapassò da parte a parte come un fulmine che faceva partire la corrente. Rabbrividii. Ne fui sorpresa e non lo nascosi. Chissà perché me la sarei aspettata fredda come la pelle di un uomo senza vita.

Avevo visto qualche fantasma e qualcuno mi ero anche ritrovata a toccarlo per sbaglio, ma io non mi ero mai lasciata sfiorare da uno di loro prima d'ora. Al momento non c'era alcuna differenza tra lui e un qualsiasi ragazzo che avrei potuto incontrare per strada.

A parte, forse, il tumulto di emozioni che stavo provando e che non avrei nemmeno potuto spiegare.

«Io ti sento.» Le sue labbra morbide si distesero in un sorriso carico di aspettativa. Alzò anche l'altra mano, stavolta senza alcuna esitazione, posandomela sull'altro lato della mia guancia. Proprio come prima, ne avvertii il calore. Un calore tipico di una persona viva.

Le mie mani fremevano per il desiderio di imitarlo. Non ero mai stata una ragazza amante del contatto fisico, quindi chissà come mai mi ritrovai a fare quello che stavo facendo. Oh, al diavolo. Lo sapevo benissimo, invece. Senza soffermarmi a riflettere gli posai una mano contro il petto. Oltre il tessuto della maglietta che indossava avvertii un petto duro quanto la pietra, indice di molto allenamento. Mi si strinse lo stomaco. Ma ancora oltre, avvertii il battito del suo cuore rintoccare come un orologio dalle lancette impazzite. Mi accigliai.

Com'è possibile che io riesca a sentirgli il cuore? Anche il mio batte così velocemente?

«Anch'io.» Per qualche ragione la mia voce uscì soffocata. «Forte e chiaro.»

Noah scosse la testa, come se non riuscisse a crederci. E quel movimento portò alcune ciocche dei suoi capelli in avanti, sulla fronte. La tentazione di allungare una mano fu notevole, ma questa volta mi trattenni. Sarebbe stato troppo strano. Persino per me, la regina delle stranezze.

The Bad boy's SoulWhere stories live. Discover now