•Capitolo 22•

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«Basta, Noah!» pensai sperando che potesse sentirmi, che potesse darmi ascolto e fermarsi.

Le nocche delle mie mani bruciavano, mentre continuavano a scagliarsi inesorabili contro il viso sanguinante di William. Lui tentava di allontanarmi, ma io, o meglio Noah, eravamo inarrestabili. Respiravo a fatica, i capelli incollati alle guance per lo sforzo e il cure che mi batteva a raffica contro il petto.

Grida, applausi e fischi continuavano a risuonare intorno a noi, mentre io pregavo che Noah si fermasse.

E ad un certo punto lo fece. Mi affrettai a sollevare le mani tremanti, mentre William tossiva sangue.

«Mi dispiace, Dakota», lo sentii sussurrarmi, la voce colpevole. E l'attimo successivo, prima ancora che potessi rimuginare su tutto quanto o prendere del tutto coscienza di quello che era appena accaduto, un paio di mani mi circondarono i fianchi e mi sollevarono da quel punto.

E io, intontita non opposi resistenza, le braccia tese lungo i fianchi. Il filo che mi univa a Noah ricomparve. Lo avvertii con chiarezza, proprio come la sua istantanea presenza al mio fianco. Incontrai il suo sguardo tormentato, poi Noah scomparve esattamente com'era comparso.

«Cazzo» imprecò il fratello di Noah, il quale adesso era di fronte a me. Sembrava non credere ai suoi occhi mentre mi analizzava da capo a piedi, come per accertarsi che stessi bene. O forse che non fossi un alieno. Mi prese le mani sotto il mio sguardo perso e me le controlló, mentre le persone cominciavano a calmarsi e qualche ragazzo correva a soccorrere William. «Non so come tu abbia fatto, ma il tuo modo di colpirlo...Diamine, mi ha ricordato così tanto...» E si interruppe, distogliendo gli occhi addolorati dai miei.

Scostai le mani dalle sue e abbassai lo sguardo. Come immaginavo le mie nocche erano sbucciate e c'era del sangue sparso ovunque. Mi voltai e quando scorsi il ragazzo della biblioteca che si trovava in mezzo ad una Emery sconvolta e una Violet infuriata, mi chiesi cosa mi fossi persa.

«Sta arrivando il preside» mormorò qualcuno.

«Oh, no» mormorai ricordandomi che ci trovavamo in una scuola e non in strada.

Jake mi stava ancora fissando, poi sospirò e si mise in ginocchio.

«Cosa fai?» domandai confusa.

Ma lui non mi rispose. Cominciò a colpire la ghiaia, prima piano, poi con sempre più forza fino a sbucciarsi le nocche, gli occhi fissi in quel punto.

«Ehi!» sbottai allarmata, abbassandomi per mettermi al suo fianco. Gli afferrai la spalla con forza. «Cosa fai?»

Ma lui mi ignorò e continuò a colpire e ferirsi, quindi mi affrettai ad afferrargli le mani per farlo smettere, facendo attenzione a non toccarlo nei punti delicati. Era forse impazzito?

«Così dovrebbe bastare» mormorò secco, le labbra serrate in un evidente tentativo di celare il dolore. Senza neanche guardarmi si mise in piedi, le mie mani ancora strette nelle sue.

«Cosa..?»

«Cosa diavolo sta succedendo qui?» Un uomo tarchiato, vestito in giacca e cravatta si fece largo tra il gruppetto di studenti che ancora ci circondavano e non appena si accorse dello stato di William, che a malapena riusciva a reggersi in piedi, parve sbiancare visibilmente.

Poi, puntò i suoi occhi sconcertati su di me, infine sul fratello di Noah, sul quale si soffermarono per lunghi istanti. «Un'altra rissa, Winchester?» Si portò le mani al nodo della cravatta per allargarla, come se fosse sul punto di sentirsi male. Quando vide la mia espressione e le condizioni delle mie mani si accigliò. Ma la sua espressione scioccata non durò a lungo.

The Bad boy's SoulWhere stories live. Discover now