•Capitolo 12•

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Buona lettura! 📖♥️

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Il giorno successivo il dolore non era scomparso. Provavo ancora la stessa fitta al petto quando pensavo a Noah o quando il suo viso si intrufolava senza che lo volessi tra i miei pensieri. E lo avevo provato il giorno successivo e poi quello dopo ancora. Era un dolore sordo, che mi premeva il petto con insistenza, come se una qualche presenza continuasse a volermi ricordare tutto quello che era accaduto, serrandomi il cuore. Avevo cercato di distrarmi in tutti i modi. Avevo accompagnato papà a fare la spesa, a fare dei giri al centro commerciale, e adesso ci trovavamo al cinema insieme a vedere il film dell'agente 007. Piaceva ad entrambi e, inoltre, mi era sembrato il modo migliore per distrarmi. Papà, giusto questa mattina, mi aveva riconsegnato il cellulare. Me ne aveva privato per tre giorni interi ed era stata una vera e propria tortura, ma poi avevo compreso che l'aveva fatto soltanto per mettermi alla prova. E lasciarmi senza il cellulare non lo faceva sentire tranquillo, per questo adesso giaceva sereno all'interno della mia tasca. Ma non ero riuscita a fare altro per quanto riguardava i miei preziosi libri o i mesi di punizione. Purtroppo.

Presi un paio di pop corn con aria distratta, non prestando affatto attenzione all'ultima scena del film, rintanandomi nei miei pensieri deprimenti. Le persone attorno a me scomparvero, proprio come il mio vacillante buon umore, quando per un momento scorsi dei capelli castano chiaro che somigliavano moltissimo a quelli di Noah a tre file di distanza. Il cuore mi risalì in gola e i battiti cardiaci partirono irrefrenabili, nonostante la consapevolezza dolorosa di quello che aveva fatto e che non potesse essere lì, visto che lo avevo chiuso fuori dalla mia vita, come se gli avessi sbattuto la porta in faccia e l'avessi anche chiusa a chiave. Proprio in quel momento mi tornò in mente il suo volto bellissimo che si avvicinava lentamente al mio, i suoi occhi grigio-azzurri che mi guardavano come nessuno mi aveva mai guardata prima d'ora e mi si mozzò il respiro. Un gran groppo in gola mi fece venire voglia di piangere o in alternativa di sbattere la testa contro il sedile che avevo di fronte.
Noah aveva finto per tutto questo tempo? Certo, lo avevo sentito con le mie orecchie. Eppure, negli ultimi giorni, mi ero ritrovata a chiedermi se quella proposta non gli fosse stata fatta prima di conoscermi. Ma che importanza aveva? Pensavo davvero di potermi illudere che ci tenesse veramente a me e farmi prendere in giro da lui un'altra volta? Assolutamente no.

«Dakota, ci sei?»

Battei le palpebre, sbigottita, quando papà mi appoggiò una mano sulla spalla.

«Cosa? Sì.» Lo fissai con aria confusa mentre cercavo di scacciare i pensieri rivolti a Noah.

«Ho detto che il film è finito, che possiamo andare.» Aveva la fronte aggrottata, mentre io annuivo esitante.

Mi alzai e abbassando lo sguardo per caso mi accorsi che non avevo finito i pop corn. «Questi li prendo» annunciai afferrando il bordo del cartone cilindrico e portandomelo al petto sotto lo sguardo divertito di papà.

Non mi sfuggirono le occhiate che alcune donne gli rifilarono mentre ci dirigevamo verso l'uscita. Papà era un bell'uomo. Si teneva in forma e andava in palestra, si vestiva bene e il suo aspetto fisico attirava continuamente l'attenzione. E se il detto "altezza è mezza bellezza" fosse stato corretto, lui aveva anche quella. Stasera aveva indossato una giacca casual sopra una maglietta blu che gli risaltava gli occhi e un paio di jeans che lo facevano apparire piuttosto giovanile. Sapevo che aveva rotto da poco con quella donna, ma sapevo anche che non ne soffriva. Volevo che conoscesse qualcuno, che ci uscisse e incontrasse l'amore della sua vita.

«Papà», lo chiamai, una volta fuori dalla sala. Lo presi a braccetto, strattonandolo un po' per attirare la sua attenzione e lui abbassò gli occhi chiari su di me. Io fui costretta a piegare il collo perché era troppo alto, proprio come Drew.

The Bad boy's SoulWhere stories live. Discover now