[Nuova versione revisionata!]
Molti penseranno che essere figlia di un dio greco sia fantastico.
Be', quei molti si sbagliano di grosso, perchè fa schifo, specialmente se per generarti è stato infranto un antico patto e non avresti nemmeno dovuto es...
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Con qualche spicciolo prelevato dallo zaino di Ares prendemmo un autobus diretto a West Hollywood. Percy mostrò all'autista la bolla di accompagnamento con l'indirizzo degli Inferi che aveva preso all'emporio di zia Em, ma lui non aveva mai sentito parlare degli Studi di Registrazione R.I.P.
«Mi ricordi qualcuno che ho visto in tv» gli disse «sei un attore, per caso?»
«Io, ehm-»
«Siamo delle controfigure» mentii io con un'invidiabile faccia da poker.
Lo ringraziammo e scendemmo subito alla prima fermata.
Vagammo a piedi per chilometri, alla ricerca dei R.I.P. Nessuno sembrava sapere dove fossero. Nell'elenco del telefono non comparivano. Per due volte fummo costretti ad infilarci in un vicolo per evitare un'auto della polizia. Poi, davanti alla vetrina di un negozio di elettrodomestici, per poco Percy non svenne.
Una tv accesa stava mandando in onda un'intervista: un tizio dall'aria trasandata che sembrava un tricheco senza zanne, con due o tre capelli in tutto sul cranio mezzo spelacchiato, stava parlando con Barbara Walters. «Che ti prende?» chiesi a Percy.
«E' il mio patrigno» ringhiò lui «e quella è casa mia»
Il patrigno in questione era nel bel mezzo di una partita a poker, e seduta accanto a lui c'era una biondina che gli faceva coraggio con dei colpetti sulla mano. Sulla sua guancia luccicava una lacrima finta. Stava dicendo: «... onestamente, signora Walters, se non fosse per il sostegno di Miss Sugar, la mia terapeuta per il superamento del dolore, sarei uno straccio. Il mio figliastro si è preso quanto di più caro avessi al mondo. Mia moglie... la mia Camaro... mi dispiace, non ci riesco...».
Alzai gli occhi al cielo. Dei, ma quale cretino si sarebbe mai bevuto una scena del genere? Era chiaro che stava facendo finta!
«Ecco, America!». Barbara Walters si voltò verso la telecamera. A giudicare dalla sua espressione addolorata, faceva proprio parte di quei cretini. «Un uomo distrutto. Un adolescente seriamente disturbato. Lasciate che vi mostri, di nuovo, l'ultima foto nota di questo giovane ricercato, scattata a Denver una settimana fa». Sullo schermo comparve una foto sfocata di me, Percy, Annabeth e Grover fuori dal ristorante in Colorado, mentre parlavamo con Ares. «Chi sono gli altri ragazzi nella foto? Chi è l'uomo con loro? E chi è Percy Jackson: un delinquente, un terrorista o la vittima di uno spaventoso, nuovo culto che l'ha sottoposto al lavaggio del cervello? Dopo la pubblicità, parleremo con un rinomato psicologo infantile. Resta con noi, America!»
«Andiamo» lo incitò Grover, trascinandolo via prima che Percy riuscisse a sfondare la vetrina con un pugno.
Si fece buio e vari personaggi dall'aria poco raccomandabile cominciarono a uscire in strada. Superammo balordi, barboni e venditori di ogni genere che ci squadrarono con aria scaltra, come per valutare se valesse la pena rapinarci.