Capitolo XX - Lettere di un Concerto

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L'aria bollente, l'afa appiccicosa, il sole che picchiava duramente sul capo del giovane, mentre correva senza sosta per le vie di WallMaria: Eren sapeva che quello era solo l'inizio della stagione estiva vera e propria. Fino a quel momento non se n'era accorto, troppo preso a studiare; ma, uscendo ogni mattina per fare jogging, non gli ci volle molto per prenderne consapevolezza.
Una volta che il caldo lo fece sentire completamente privo di forze, decise di tornare indietro, fermandosi di fronte a casa sua per riprendere fiato, pronto a rientrare e farsi una doccia rinfrescante.
Erano passate due settimane dalla fine degli esami, e la vita aveva ripreso a scorrere tranquillamente, quasi come fosse stato un mese come tanti altri.
«Bentornato, amore».
Ma qualcosa di diverso c'era: Levi, finalmente in ferie, lo aspettava disteso sul divano, intento a leggere un libro. Sollevò lo sguardo verso il castano, sorridendo, mentre allungava la mano verso il telecomando del condizionatore per spegnerlo.
«Ti fa male tutta quest'aria condizionata!», lo rimproverò Eren, avvicinandosi per baciarlo, per poi dirigersi verso il bagno.
Il maggiore non rispose; probabilmente era troppo pigro per seguirlo nell'altra stanza e continuare la conversazione, così il ragazzo lasciò perdere, accendendo la musica dal suo telefono per poi spogliarsi ed entrare velocemente nel box doccia.
L'acqua fresca, talmente limpida da fargli venir voglia di berla, sembrò restituirgli le energie. Trattenne quell'istinto, insaponandosi poi i capelli, mentre canticchiava  sottovoce il testo delle canzoni della sua playlist. Si perse ad osservare il colore pastello del balsamo, rivedendo delle sfumature simili all'arcobaleno in esso, per poi applicarlo e lasciarlo in posa qualche minuto, giusto il tempo di passare al bagnoschiuma.
Finita la scuola, con Armin e Jean al suo fianco, una relazione sana e felice con Levi e la musica nella sua vita, Eren si sentiva invincibile, capace di affrontare senza paura qualsiasi cosa. Ripensò a quanto avesse sofferto, ma anche a come il dolore lo avesse fatto crescere; era diventato la conseguenza delle sue scelte e, per quanto si fosse odiato, finalmente era capace di sorridersi, guardarsi con rispetto.
Una volta finito si avvolse un asciugamano intorno alla vita, continuando a cantare, mentre si pettinava i capelli bagnati.
«Amore, stavo pensando...»
A quelle parole il ragazzo saltò in aria, lanciando il pettine nel lavandino; non aveva sentito Levi entrare, talmente era preso dal suo ridicolo concerto privato, e la cosa fece ridere entrambi.
«Ma ti sembra il modo? Vedi che uno di questi giorni ci lascio le penne!», si lamentò il castano, raccogliendo l'asciugamano dal pavimento, rimasto completamente nudo.
«Guarda, non so se tu stia cercando di sedurmi o meno, ma prima di questo c'è una cosa che volevo chiederti», rispose Levi, avvicinandosi per toccare il sedere al fidanzato, baciandogli la spalla umida, «Ricordi quando sei venuto a casa mia il giorno del mio compleanno? Bene. Mentre parlavo con il te anonimo, mi ha incuriosito molto la tua giacca, per cui una volta che ti ho mandato a letto mi sono avvicinato per dare un'occhiata, e indovina un po'? Ho trovato ben cinque lettere indirizzate ad un certo Levi. Ora, so di essere l'unico con questo nome che conosci, quindi gentilmente: dammele».
Eren rimase in silenzio. Aveva completamente rimosso il pensiero di quelle lettere che scriveva ogni anno a Natale, e probabilmente avrebbe continuato ad ignorarle fino alla fine dell'anno. Avendo posato la giacca in un angolo sepolto dell'armadio, il castano sapeva di non non avergliele nascoste volutamente; eppure, nonostante fossero sue di diritto, sentì proprio di non volergliele dare.
«Quindi ti ho trovato in piedi, al centro della stanza, con una faccia da idiota perché stavo per beccarti a rovistare tra le mie cose?», chiese a quel punto il ragazzo, ridendo, sperando di sviare il discorso.
E sapeva anche il perché non volesse: quelle lettere dovevano essere un regalo di compleanno, un modo per confessargli i suoi sentimenti, raccontargli il suo amore; ma alla fine non sembravano né lettere d'auguri né d'amore. Erano diventate semplicemente sfoghi di un ragazzo tormentato, stanco di vivere, che si trascinava ogni giorno a scuola grazie alla scintilla di speranza rimasta, calpestata, dentro di sé.
«Tu eri il mio stalker ed io curiosavo tra la tua roba, direi che... no, nemmeno così siamo pari. Dai, asciugati, non vedo l'ora di leggerle!»

Se solo tu mi amassi || Ereri 〜 Riren #Wattys2019Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora