Capitolo XXI - Punizione

2.3K 121 82
                                    

«Eren, grazie! È bellissimo!», lo abbracciò di slancio la professoressa Hanji, stringendo tra le mani lo splendido regalo per il nascituro, guadagnandosi un'occhiataccia da Levi.
«In realtà è da parte di entrambi», specificò il ragazzo, vista la reazione del fidanzato, sul punto di sbottare dalla rabbia.
«Avremmo anche potuto dartelo prima, il giorno dopo la competizione del moccioso... ma sai, avevi sempre l'agenda piena a quanto pare. Troppo impegnata per riceverci, dovevamo prima prendere appuntamento con la segretaria, giusto Zoe?», si lamentò Levi, con tono acido, guadagnandosi una gomitata dal castano, che lo scrutò - severo - come per rimproverarlo. Il corvino sbuffò, distogliendo lo sguardo da quello di Eren; quasi gli sembrava di sentirlo: "Amore mio... se non hai niente di carino da dire, allora tieni ben chiusa quella fogna di bocca che ti ritrovi".
L'insegnante di matematica ignorò la frecciatina del suo collega, troppo presa a guardare i suoi ospiti con un sorriso stampato in volto; si ricordò di tutte le disavventure passate in loro compagnia: le risate e i momenti di sconforto di Levi, le chiacchierate per i corridoi e le soddisfazioni avute da Eren.
«Ma guardati, Eren: sei abbronzatissimo! Stai da Dio!», si complimentò la castana, «Levi, tu invece sei sempre bianco come un cadavere», lo sminuì velocemente, tornando a prestare la sua completa attenzione all'ex alunno, mettendolo in imbarazzo.
Fu solo nel momento in cui lo Jaeger iniziò ad elencare tutti i posti in cui aveva passato l'ultimo mese d'estate, che si rese davvero conto di quanta cura ed attenzione aveva posto Levi nella scelta di ogni luogo. Aveva mantenuto tutte le sue promesse: lo aveva portato al mare, in piscina, all'acquario, alle giostre, perfino ad un parco a tema a tempo limitato. La sua carnagione olivastra, dovuta all'abbronzatura, di cui Levi aveva baciato ogni centimetro durante le notti passate insieme, era stata resa possibile solo grazie al tempo speso con lui, alle risate, ai sorrisi che si erano rivolti, alle passeggiate in riva al mare concluse con sessioni d'amore sfrenato nella sabbia, nella cabina della ruota panoramica una volta fermatasi nel punto più alto, nell'acqua gelida del mare di notte, nelle bollenti acque termali della sala privata in cui avevano sguazzato fino a pochi giorni prima.
Levi aveva fatto di tutto per rendere ogni giorno indimenticabile, tentando di colmare - in una sola estate - una vita di infelicità.
Allo stesso modo, però, anche Eren, mosso dalla testardaggine nel non volersi rimangiare la parola data, aveva fatto del suo meglio: era infatti da circa tre settimane, vale a dire da quando avevano aperto e letto le lettere, che non aveva nemmeno osato sfiorare - o pensare - di fumare una sigaretta.
I due si avvicinarono quasi in contemporanea, mossi da una forza più grande di loro, attratti l'uno dall'altro come da una calamita. Le loro spalle arrivarono a sfiorarsi e le loro mani si raggiunsero, stringendosi teneramente.
«Alla fine gliel'hai detto?», chiese improvvisamente la castana, osservando le loro dita intrecciate, rivolgendosi al suo protetto, «Che eri l'anonimo, intendo».
Per un momento, il tempo sembrò fermarsi: i due fidanzati la fissarono, boccheggiando, trattenendo l'istinto di tempestarla di domande.
«Lo sapevi?!», sbottò alla fine l'Ackerman, mentre il più piccolo rimase in silenzio, troppo preso a riflettere su ogni possibile errore commesso, che l'aveva inevitabilmente portato ad essere smascherato.
Eren e Levi, seduti sul divano del salotto di Zoe, avevano chiacchierato con la castana del più e del meno, sorseggiando tè e mangiando biscotti fatti in casa; la professoressa Hanji aveva festeggiato per la vittoria dello Jaeger alla competizione violinistica, lo aveva abbracciato di slancio una volta visto il bavaglino ricamato che aveva ricevuto in regalo; in poche parole, si era comportata come una persona "normale" per circa un'ora di fila. Poi, purtroppo, il mostro che tanto aveva cercato di nascondere dentro di sé era nuovamente sbucato fuori, oramai sfuggito al suo controllo.
«Ma certo che lo sapevo! L'ho capito quando mi hai fatto leggere la conversazione con l'anonimo, e ne ho avuto la conferma parlandone, il giorno dopo, con Eren stesso», spiegò, ridendo sguaiatamente, «Ovviamente non ne avevo la certezza, ma adesso ce l'ho!», ridacchiò ancora, sistemandosi in modo teatrale gli occhiali sul naso.
Ad Eren si illuminarono gli occhi: posò lo sguardo sul fidanzato, che tra le braccia cullava il pargolo di Zoe, e si marchiò a fuoco quell'immagine nel cuore. Lo fece non solo perché diventare padre era un dolcissimo onore a cui aveva sempre anelato, ma anche perché era certo che, con la sua prossima frase, avrebbe distrutto la tranquillità di quell'atmosfera, facendo infuriare Levi. Prese un respiro profondo, riempiendosi d'ossigeno e coraggio i polmoni; sfilò con delicatezza il telefono dalla tasca dei bermuda, che in quel giorno d'agosto aveva indossato per ovviare al tremendo caldo estivo, e lo sbloccò, in religioso silenzio.
«Non sono forse stato geniale?!», disse a quel punto Eren, entusiasta, alzandosi per andare a sedersi accanto alla sua insegnante preferita, «Ora deve spiegarmi tutto! Dove ho sbagliato? Come l'ha capito?»
Levi osservava la scena, impossibilitato dal reagire data l'innocente creatura che stringeva fra le braccia, obbligato a fare da spettatore dinnanzi a quello show a dir poco ridicolo.
«Ah, quindi gliel'hai fatto scoprire all'esame?! Io non ho notato proprio nulla... l'hai fregato proprio per bene, sono così orgogliosa di te! Che ne dici di rileggere la chat dall'inizio? Dai, dai, dai!», si esaltò anche Zoe, ignorando volutamente lo sguardo omicida del suo migliore amico.
«Perché non mi hai detto niente, quattrocchi?», sibilò a denti stretti il corvino, tentando di nascondere il suo nervosismo. Levi sapeva di non essere davvero arrabbiato con la sua collega occhialuta, ma la consapevolezza di essere stato tenuto all'oscuro da lei su qualcosa di talmente importante, qualcosa su cui era stato cieco per fin troppo tempo, lo infastidì enormemente.
«Su, su, non si arrabbi, Vostra Bassezza Reale! Non ne ero mica sicura, non volevo darti false speranze! E poi alla fine è andato tutto per il meglio, no?», rispose innocentemente la professoressa, omettendo dal suo discorso la vera motivazione che l'aveva spinta a tacere; eppure, convinta del fatto che Levi avrebbe capito, sorrise, tornando a prestare attenzione al suo ex alunno.
«Eren, come diavolo facevi a sapere sempre dove si trovava? Ah, no, aspetta: te lo raccontavo io!»
E l'Ackerman aveva davvero capito: Zoe, per quanto fosse capace di tirar fuori la parte peggiore di lui, riuscendo ad infastidirlo ogni volta che apriva bocca, era pur sempre la sua migliore amica. L'unica che, nonostante la sua freddezza e scontrosità, era riuscita a vedere oltre, scorgendo il suo vero aspetto dietro la maschera.
Non gli aveva detto niente per permettergli di lottare, penare, trovare da sé la sua felicità: il ragazzo che, con il sorriso più tenero del mondo, lo stava sfottendo proprio davanti ai suoi occhi.
Per quanto lo amasse, non potesse fare a meno di lui e non l'avrebbe cambiato con nessun altro al mondo, Levi non riuscì proprio a nascondere lo strano tic nervoso al sopracciglio che caratterizzava la sua crescente furia.
«A capodanno ero così ubriaco che ho iniziato a scrivergli di tutto... menomale che non mi sono lasciato sfuggire niente, o probabilmente mi sarei sotterrato vivo prima dell'epifania!»
«Oh, e questo messaggio?», si bloccò la castana, ghignando, iniziando a leggere ad alta voce mentre Eren tentava di sfilarle il telefono dalle mani, «"Lo sai... il solo fatto di stare con te, professor Levi, mi eccita da morire... stare vicini, guardarci, mi fa impazzire... è schifoso, vero? Ma io ti amo fino a questo punto, non posso farci niente", potrebbe uscirmi il sangue dal naso, lo sapete, vero?!», trillò Zoe, completamente persa nei meandri delle loro conversazioni private. O almeno, che avrebbero dovuto esserlo.
Lo Jaeger implorò con lo sguardo il fidanzato di intervenire, ma il maggiore, al contrario, si voltò dall'altra parte, tornando ad accudire il neonato, parlandogli sottovoce per non destarlo dal sonno. Sorrise, accarezzandogli il capo, seguendo i movimenti di quelle manine paffute che si stringevano e rilassavano di continuo, come nel tentare di afferrare qualcosa di invisibile ai suoi occhi. Stava forse sognando?
«Che piani hai adesso? Ti iscriverai all'università?»
Eren sorrise a quella domanda; finalmente, avrebbe potuto realizzare il futuro che aveva sognato, per cui tanto aveva combattuto e sofferto.
Ciò che avevano pianificato insieme stava lentamente diventando realtà: lui e Levi - che, in quel momento, aveva delicatamente passato il bambino ad Hanji - avrebbero continuato ad alternare le loro case, almeno fino a quando non avrebbero potuto comprarne una tutta loro. Eren si sarebbe iscritto all'università, senza mai smettere di suonare, per diventare un professore di letteratura, un maestro di musica. E, con un po' di fortuna, il marito di Levi.
Mentre raccontava i suoi progetti, con un sorriso da ebete stampato in volto, il ragazzo non riuscì a trattenere qualche lacrima, che gli sfuggì al lato del viso, percorrendolo, tracciando il percorso per quelle che vennero subito dopo. Si scusò un'infinità di volte, imbarazzato, arrossendo maggiormente quando Levi gli fece notare che gli colava il naso, alzandosi per andare a prendere l'intera scatola di fazzoletti.
«Sai, Eren... quando, la notte di Natale, Levi mi ha detto che eri a casa sua, non riuscivo a crederci. Alla festa a sorpresa che ho organizzato per lui, il giorno dopo, l'ho riempito di domande! Deve avermi odiata!», ridacchiò Zoe una volta che il collega si fu allontanato abbastanza, cullando il figlio che aveva iniziato a piangere, affamato, «Sono così felice che tu sia arrivato nella sua vita. Non l'ho mai visto così sereno... grazie».

Se solo tu mi amassi || Ereri 〜 Riren #Wattys2019Where stories live. Discover now