Capitolo 67 - Bisogna morire a una vita per entrare in un'altra -

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Tolone, 13 giugno

Il viaggio a bordo della Prosélyte fu relativamente tranquillo, il tempo e il clima erano favorevoli, nonostante l'atmosfera malinconica e cupa che alleggiava sopra di essa. I Buonaparte avevano trascorso quei giorni cercando di immaginare i paesaggi che avrebbero trovato. Napoleone, che aveva percorso quei luoghi molte volte, glieli avevi descritti in maniera dettagliata e precisa. Era un modo, dunque, per cercare di familiarizzare con il nuovo Paese in cui avrebbero vissuto da ora in avanti.

Man mano che si avvicinavano al porto della città di Tolone, di cui si scorgeva in lontananza, quasi sfumata, una fortezza, ciascun membro dei Buonaparte sentiva l'agitazione crescere, talmente intensa da mozzare il fiato. Il cuore di ognuno prese a battere velocemente, accelerato principalmente dalla paura per l'ignoto, per quel mondo così diverso e dall'ansia per un avvenire incerto.

Giuseppe e Napoleone erano i più preoccupati, entrambi erano coscienti delle grosse responsabilità che avevano nei confronti di ogni componente della famiglia, dalla madre al più piccolo dei fratelli, Girolamo. Il maggiore spostò leggermente le iridi chiare verso il fratello minore, che stava puntando gli occhi al porto, e trattenne il senso di smarrimento che provava, non voleva essere un peso per lui, pur sapendo che non avrebbe più avuto il ruolo che gli spettava.

La piccola e solida imbarcazione si fermò, era riuscita a trovare spazio tra le grandi fregate militari francesi che erano all'ancora, pronte a far imbarcare i marinai e proteggere le acque dalle incursioni nemiche. Le giovani sorelle, fino a quel momento strette alla madre, si erano sporte per guardare l'immensità di quel porto - È enorme! - gridò la più civettuola Paolina, curiosa e impressionabile.

- Tutto in Francia è più grande - precisò Elisa,   abituata più delle altre al mondo francese e rivoluzionario.

- Anche la confusione, a giudicare dal vociare insopportabile che proviene dalla terraferma - precisò Carolina, già infastidita da tutto quel via vai e dal chiasso che le rimbombava nella testa.

- Dovremmo farci l'abitudine - le zittì immediatamente la madre. Gli uomini che avevano gestito il peschereccio scesero agilmente dall'imbarcazione, subito dopo averla legata, e aiutarono i passeggeri a fare altrettanto, stando attenti a non rovinare i vestiti e le scarpe. E soprattutto a non farle disperdere tra la folla che animava quell'importante città di mare e di commerci.

- Vi ringraziamo - dissero le quattro donne, porgendo loro un profondo inchino. Napoleone, Giuseppe e Girolamo, in braccio al maggiore, scesero anch'essi, affiancandosi a loro. Presero le valigie e le sacche nelle quali vi era quel poco che erano riusciti a recuperare in Corsica e cominciarono ad incamminarsi, facendosi strada tra pescatori, militari e civili di ogni tipo.

- Dove andiamo? - chiese Letizia a Napoleone, che stava lottando contro se stesso per non imprecare ogni due secondi, a causa degli spintoni che riceveva involontariamente, per via della sua figura sottile, dalla gente accalcata sulla riva.

- Un momento madre - fece il ragazzo cercando, tra le tasche, l'indirizzo che si era fatto dare a Calvi. Sapeva che ai rifugiati politici, scappati da luoghi ostili alla Rivoluzione, venivano offerte delle modeste abitazioni in cui alloggiare momentaneamente, a spese dello stato. Nel caso ce ne fosse stato il bisogno avevano i risparmi della madre da parte, oltre al magro stipendio di Napoleone, in modo da pagare le eventuali spese - Dobbiamo andare da questa parte - imperò infine dopo aver chiesto l'ubicazione.

Si avviarono mestamente lungo la via indicata, riuscendo a trovare l'abitazione, era abbastanza capiente da contenerli tutti. Finalmente l'asfissiante peregrinare terminò e non appena piombarono nel salotto si fiondarono sulle poltrone, stanchissimi - Ce l'abbiamo fatta - esordì Giuseppe, accasciato su una di esse, scomposto. 

L'Uomo Fatale [In revisione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora